Una Bolla Fuori Dal Tempo. Andrea Calo'

Una Bolla Fuori Dal Tempo - Andrea Calo'


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errore. Per fortuna sua, pensai in quel momento, visto il tipo d’uomo che si era presa». Fece una pausa, durante la quale regnò il silenzio più assoluto. Nessuno di noi due riusciva a proferire parola.

      «Non sei riuscito ad accettare suo figlio come tuo, vero?».

      «E’ così. Forse sono una persona limitata, con estreme e pericolose chiusure mentali. Ma davvero non sono riuscito ad accettare l’idea che quella donna, mia moglie, stesse aspettando un figlio da un altro».

      «Ora il bambino sta con lei?».

      «Quel bambino non è mai nato. Sarah ha abortito in segreto dopo essere stata lasciata da Antonio, e prima di comunicarmi la sua decisione».

      «Quindi ha fatto di tutto per recuperarti John. Fino ad arrivare all’aborto. Per una donna non deve essere una decisione banale da prendere. Se ancora provavi qualche cosa per lei, perché non le hai permesso di rientrare a fare parte della tua vita?». Ci fu un’altra pausa, molto più lunga, prima che John accennasse un no con un movimento del capo e terminasse il suo discorso.

      «Ora capisci perché io non sia un simpatizzante per gli abitanti del “Bel Paese”».

      «Ma non puoi generalizzare. Le persone non sono tutte uguali, indipendentemente dalla loro nazionalità, cultura o fede religiosa». Non mi rispose ma intuii subito che non condivideva il mio pensiero.

      «Scusami per quello che ti ho detto questa mattina».

      «E’ stata una proiezione del tuo pensiero, che rispetto ma non condivido, nulla di più Kate», mi rispose, regalandomi un sorriso.

      Il suo volto era tornato sereno e luminoso. Forse quello sfogo gli aveva fatto bene e ci aveva ulteriormente avvicinati, rendendoci quasi complici. Era giunto il mio turno per parlare quindi, per confidarmi apertamente con quell’uomo del quale cominciavo a fidarmi e che sentivo di conoscere un po’ meglio, attimo dopo attimo, in un crescendo continuo.

      Io ti parlo e spero che tu mi stia ascoltando, ovunque tu sia. Il tuo segreto è anche il mio. Ti stringo fra le mie braccia quando ci sei, ti trattengo nei miei pensieri quando sei lontano. Scegli di trascorrere una vita con me amore mio, raccoglimi nelle tue giornate e rendimi sempre partecipe delle tue gioie così come ti rendo anch’io parte integrante delle mie. Oggi, passeggiando sul lungolago, ho rivisto quei fiori che tu mi portasti in quel dì di pioggia, ridonandomi il sorriso e strappandomi via dal cuore quella tristezza che da qualche tempo lo attanagliava. Ora lo so, dove sono nati e cresciuti. E so anche che tu eri lì ad aspettare che crescessero forti e belli, per poi farmene dono. Io sono solo una povera peccatrice, pecco per un amore che non posso esprimere o condividere con il resto del mondo, quindi lo sono per nulla. Una vera beffa non è così? Pago per una colpa agli occhi di altri non commessa e mai espressa, consumo la mia vita e le mie emozioni un giorno dopo l’altro, sperando sempre in un tuo ritorno da me. La sera mi affaccio alla finestra della mia stanza e abbraccio la luna mentre ad alta voce pronuncio il tuo nome perché anche le mie orecchie oltre al mio cuore lo possano sentire. La sua tenue luce entra dolcemente nella mia stanza così come fai tu quando entri in me, riscaldandomi il cuore e il corpo con la tua presenza. Mi giro nel letto, ma è vuoto e percepisco la tua mancanza. Quando tu vieni da me a farmi visita, mi spoglio di tutto e ritorno a sentirmi una donna vera. Sento tanta fame dentro di me, l’ingordigia di quell’amore che merito ma che tu devi dare a un’altra donna per via di una promessa fatta davanti a nostro Signore. Dimmi, com’è fare l’amore con lei? A cosa pensi quando doni a lei il tuo corpo, pur sapendo che lei vive già nell’abbondanza e non realizza la fortuna che ha nell’averti vicino, mentre io patisco la fame che porta alla lenta morte del mio spirito? Torna amore, sono qui, io ti aspetto e sempre lo farò.

      CAPITOLO 6

      Il viaggio proseguì tra i discorsi che spaziavano su diversi argomenti, spesso interrotti da lunghe pause silenziose e dalle soste alle stazioni di servizio. Ognuno di noi rifletteva in questi momenti, cercando forse di raccogliere i propri pensieri prima che l’altro facesse la sua mossa. Mancava poco al nostro arrivo a Joseph e ancora non gli avevo detto nulla di veramente importante su di me, nulla che fosse realmente degno di nota e che lo aiutasse realmente a capirmi meglio. Dovevo farlo, non potevo attendere ulteriormente. Altrimenti sarebbe stato poi del tutto inutile parlarne, visto che un discorso simile non poteva essere lasciato a metà. Mi buttai nel vuoto, sperando di essere raccolta per tempo dalle sue braccia, prima di cadere a terra.

      «John, ricordi quando ti dicevo che sono venuta fino a qui per incontrare una donna?», gli chiesi con evidente imbarazzo.

      «Si, certo che me lo ricordo. E abbiamo anche convenuto che non sei omosessuale. Quindi la tua visita deve essere legata davvero a qualche cosa di realmente importante. Mi vuoi dire di chi si tratta? Chi è questa donna tanto importante nella tua vita?». Mi guardava, si aspettava la mia risposta. Finalmente ora avrei potuto svuotare tutto quello che avevo gelosamente conservato dentro di me per tanto tempo. Stavo proprio aspettando quel momento.

      «Se ti dicessi che quella donna sono sempre io, mi crederesti?».

      «Ti crederei. Mi staresti dicendo che sei alla ricerca di te stessa, della tua vita, delle tue aspirazioni, del…».

      «No John», lo interruppi prima che potesse completare la sua frase, «Non si tratta di questo. Sto cercando proprio la “me stessa” che ha vissuto qui tanto tempo fa. La “me stessa” della mia vita precedente, John». Lo guardai mentre mi fissava negli occhi, distraendosi pericolosamente dalla guida. Con il dito gli indicai di non distrarsi troppo, ma si vedeva che la mia affermazione doveva averlo scosso non poco.

      «Permettimi di trovare un’area di sosta, per parlare meglio e con più calma. Voglio capire meglio ciò che mi stai dicendo, perdonami». Guidò per qualche chilometro, senza parlare. Forse cominciava a pensare di aver caricato sulla sua auto una pazza. Trovammo un’area di sosta ampia a sufficienza per fermarci in sicurezza. Accostò, per poi spegnere il motore e abbassare il volume della radio. Si respirava un’atmosfera glaciale, ma non era dovuta al freddo.

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