Oscurita’ Perversa . Блейк Пирс

Oscurita’ Perversa  - Блейк Пирс


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      Ora si chiese dove fosse April.

      Si fermò ad ascoltare. Non si sentiva alcuna musica provenire dalla camera della ragazza al piano di sopra. Poi, sentì la figlia gridare.

      La voce proveniva dal cortile. Riley trasalì, attraversò in fretta la camera da pranzo e uscì fuori sull’enorme cortile. Quando vide il viso e il torso di April apparire oltre la recinzione in mezzo al giardino, le ci volle un momento per capire che cosa stava accadendo. Poi, si rilassò e rise di se stessa. Il suo panico automatico era stato una sorta di reazione eccessiva. Ma era passato troppo poco tempo, da quando Riley aveva salvato April dalle grinfie di un pazzo, che l’aveva presa di mira per vendicarsi della madre.

      April sparì dalla vista e, poi, riapparve di nuovo gridando gioiosamente. Stava saltando sul trampolino dei vicini. Aveva fatto amicizia con la ragazza che viveva lì, un’adolescente che aveva circa la stessa età di April e frequentava persino il suo stesso liceo.

      “Fai attenzione!” Riley gridò ad April.

      “Tranquilla, mamma!” April rispose affannosamente.

      Riley scoppiò di nuovo a ridere. Era un suono insolito, emerso da sensazioni che aveva quasi dimenticato. Voleva abituarsi di nuovo a ridere.

      Desiderava anche abituarsi alla gioiosa espressione sul volto della figlia. Sembrava soltanto ieri, quando April era stata terribilmente ribelle e imbronciata, persino per essere un’adolescente. Riley non poteva biasimare la figlia ed aveva rinunciato a tanto per ricostruire il rapporto madre-figlia. Stava facendo di tutto pur di cambiare la situazione.

      Il rimanere lontana dal lavoro sul campo le aveva garantito questa possibilità ed era la cosa per lei più importante: non era più costretta a passare lunghe giornate, spesso in località distanti, in modo del tutto imprevedibile. Ora il suo programma era compatibile con quello di April, e la donna temeva che, prima o poi, tutto questo sarebbe in qualche modo cambiato.

      Meglio che me la goda finché posso, pensò.

      Riley rientrò in casa giusto in tempo per sentire il campanello suonare.

      Gridò: “Ci penso io, Gabriela.”

      Aprì la porta e fu sorpresa di trovarsi faccia a faccia con un uomo sorridente, che non aveva mai visto prima.

      “Salve” quello disse, un po’ timidamente. “Sono Blaine Hildreth, della porta accanto. Sua figlia è proprio lì ora con mia figlia, Crystal.” Diede a Riley una scatola e poi aggiunse: “Benvenuta nel quartiere. Le ho portato un piccolo dono per l’inaugurazione della casa.”

      “Oh” Riley esclamò. Fu stupita da quella inconsueta cordialità. Le ci volle un momento per dire: “Prego, entri pure.”

      Accettò goffamente la scatola, e lo invitò a sedersi su una sedia in soggiorno. Riley si accomodò sul divano, tenendo la scatola in grembo. Blaine Hildreth la stava osservando con un’aria d’attesa.

      “E’ un gesto molto gentile da parte sua” disse, aprendo il pacchetto. Conteneva un set di colorate tazze da caffè: due erano decorate con farfalle ed altre due, invece, con dei fiori.

      “Sono adorabili” Riley disse. “Gradirebbe del caffè?”

      “Molto volentieri” Blaine le rispose.

      Riley chiamò Gabriela, che arrivò dalla cucina.

      “Gabriela, ci porteresti del caffè in queste tazze?” lei disse, porgendole due tazze. “Blaine, come vuole il caffè?”

      “Nero andrà bene.”

      Gabriela portò le tazze in cucina.

      “Io sono Riley Paige” si presentò a Blaine. “Grazie di essere passato. E grazie per il regalo.”

      “E’ stato un piacere” Blaine replicò.

      Gabriela ritornò con le due tazze colme di delizioso caffè fumante, poi tornò al lavoro in cucina. In qualche modo, e con suo imbarazzo, Riley si trovò ad osservare il suo vicino. Ora che era single, non riusciva a farne a meno. Sperò che lui non se ne accorgesse.

      Oh, beh, pensò. Forse lui sta facendo lo stesso con me.

      Per prima cosa, la donna osservò che non indossava una fede nuziale. Vedovo o divorziato, immaginò.

      Poi, stimò che avesse circa la sua età, forse leggermente più giovane, meno di quarant’anni.

      Infine, era bello, o almeno ragionevolmente. Era stempiato, il che non andava a suo sfavore. E sembrava essere magro e in forma.

      “Allora, che lavoro fai?” Riley chiese.

      Blaine alzò le spalle. “Possiedo un ristorante. Conosci Blaine’s Grill in centro?”

      Riley fu piacevolmente colpita. Blaine’s Grill era uno dei ristoranti più carini in cui pranzare lì a Fredericksburg. Aveva sentito che era grandioso per la cena, ma non aveva avuto la possibilità di provarlo.

      “Ci sono stata” gli disse.

      “Ecco, è mio” Blaine disse. “E tu?”

      Riley fece un respiro profondo. Non era mai semplice raccontare ad un perfetto estraneo che cosa faceva per vivere. Gli uomini, in particolare, ne risultavano intimiditi qualche volta.

      “Lavoro per l’FBI” rispose. “Sono un’agente sul campo.”

      Gli occhi di Blaine si spalancarono.

      “Davvero?” domandò.

      “Ecco, sono in congedo al momento. Sto insegnando all’accademia.”

      Blaine si allungò verso di lei con crescente interesse.

      “Wow. Sono certo che tu abbia delle grandi storie da raccontare. Mi piacerebbe molto sentirne una.”

      Riley scoppiò a ridere un po’ nervosamente. Si chiese se sarebbe mai stata in grado di raccontare a qualcuno, al di fuori del Bureau, alcune delle cose che aveva visto. Sarebbe stato ancora più difficile parlare di alcune delle cose che aveva fatto.

      “Non penso proprio” replicò in tono leggermente brusco. Vide Blaine irrigidirsi e si rese conto di aver assunto un tono piuttosto sgarbato.

      Blaine chinò il capo e disse: “Mi dispiace. Non intendevo certamente metterti in una situazione scomoda.”

      Chiacchierarono per alcuni istanti ancora, ma Riley sapeva che il suo nuovo vicino si stava dimostrando più riservato. Dopo che Blaine l’ebbe salutata educatamente, Riley chiuse la porta dietro di lui e sospirò. Si rese conto che non si era resa avvicinabile. La donna che stava cominciando una nuova vita era ancora la stessa vecchia Riley.

      Ma si disse che, al momento, importava poco. L’avere una relazione era l’ultima cosa che le serviva al momento. Alla sua vita occorreva essere seriamente riordinata e stava appena cominciando a fare progressi in tale direzione.

      Dopo tutto, però, era stato piacevole trascorrere qualche minuto a chiacchierare con un uomo di bell’aspetto; era un sollievo poter avere finalmente dei vicini, e anche gradevoli.

      *

      Quando Riley e April si sedettero a tavola per la cena, la ragazza non smise di usare il suo cellulare.

      “Smettila di messaggiare, per favore” Riley la riprese. “E’ ora di cena.”

      “Tra un minuto mamma” April rispose, continuando a messaggiare.

      Riley era solo lievemente irritata dall’atteggiamento di April, tipico adolescenziale. La verità era che, alla fine, aveva un vantaggio. April stava andando benissimo a scuola quest’anno e aveva fatto varie amicizie. Per quello che Riley aveva potuto capire, si trattava di un gruppo di amici di gran lunga migliori di quelli che prima la figlia frequentava. Riley immaginava che April ora si stesse scambiando sms con un ragazzo che le interessava. Finora, comunque, April non l’aveva menzionato.

      April smise


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