Tracce di Omicidio . Блейк Пирс

Tracce di Omicidio  - Блейк Пирс


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partner, dovessero costantemente ricordarglielo. Quando rispose, non riuscì a non usare un tono sarcastico.

      “Oh, davvero, Ray, è la prima regola? Aspetta che me la scrivo perché è la prima volta che la sento. Hai altre perle di saggezza da condividere, oh grande saggio? Magari che il sole è caldo? O che il cavolo riccio sa di stagnola?”

      “Sto solo dicendo…”

      “Credimi, Ray, lo so. E lui è attualmente il sospettato numero uno. Ma lei potrebbe anche essersene andata da sola. Penso che per l’adempimento professionale della legge sarebbe utile seguire altre piste, non credi?”

      “Sì. In quel modo avrai una scusa convincente quando lo arresterai.”

      “È bello vederti usare le tue scrupolose capacità investigative, invece di saltare a conclusioni infondate,” disse Keri ironica, cercando di non sorridere.

      “È così che mi muovo io. Allora, che hai in programma?”

      “Quando me ne andrò di qui andrò dalla migliore amica di Kendra. Vive appena dietro l’angolo. Il marito ha detto che Kendra si è comportata in modo strano dopo che le due erano tornate da una riunione di vecchi compagni di scuola.”

      “Qualcuno controlla il viaggio del dottore a San Diego?”

      “Brody ci sta andando adesso.”

      “Sei con Frank Brody su questo caso?” disse Ray cercando di non ridere. “Adesso capisco perché preferisci trascorrere il tuo tempo con un invalido. Come sta andando?”

      “Perché pensi che non abbia obiettato quando si è offerto di andare a San Diego? Avrebbero potuto tranquillamente proseguire le indagini i colleghi di lì, ma lui ha insistito e ho pensato che la faccenda mi avrebbe tenuto lui e quella sua atrocità di macchina rosso granata lontani per un po’. E poi preferirei trascorrere il tempo in compagnia di un logoro, deboluccio sacco di tristezza costretto a letto come te che con Brody, sempre e comunque.”

      Tutto lo scambio di battute aveva finito col mettere Keri a suo agio, e capì troppo tardi che l’ultimo commento li aveva riportati ai problemi di Ray. Lui se ne restò zitto un momento, poi aprì la bocca per parlare ma Keri lo anticipò.

      “Comunque dovrei andare. Avrei dovuto vedermi con l’amica di Kendra proprio adesso. Torno da te più tardi. Prenditela comoda, okay?”

      Uscì senza aspettare la risposta. Mentre percorreva veloce il corridoio per prendere l’ascensore, continuava a ripetersi una parola nella mente.

      Idiota. Idiota. Idiota.

      CAPITOLO SEI

      Ancora rossa dall’imbarazzo, Keri percorse in auto il breve tragitto fino alla casa di Becky Sampson. Vide il suo viso paonazzo nello specchietto retrovisore e distolse in fretta lo sguardo, cercando di non pensare a qualsiasi cosa che non fosse il modo in cui aveva lasciato le cose con Ray. Le venne in mente che se n’era andata così di corsa da dimenticarsi di dirgli della telefonata anonima su Evie e del giro al deposito abbandonato.

      Il caso, Keri. Tieni l’attenzione sul caso.

      Considerò l’idea di chiamare il detective Kevin Edgerton, l’esperto informatico che stava tracciando l’ultima localizzazione nota dei GPS di Kendra, per vedere se aveva scoperto qualcosa.

      Una parte di lei era infastidita dal fatto che Edgerton, lavorando al caso, fosse distratto dal tentativo di scoprire il codice del laptop di Alan Pachanga. Ancora una volta, la frustrazione la percorse quando si ricordò di come inizialmente avessero pensato di essere riusciti ad accedere a un intero network di rapitori, per poi finire solo con lo sbattere contro un muro dopo l’altro.

      Keri era sicura che il codice di cui aveva bisogno si trovasse tra i documenti di Jackson Cave, l’avvocato di Pachanga. Decise che sarebbe andata a trovare Cave oggi, caso o non caso.

      Mentre prendeva quell’impegno, parcheggiò alla casa di Becky Sampson.

      È il momento di lasciare da parte Cave, per adesso. Kendra Burlingame ha bisogno del mio aiuto. Concentrati.

      Uscì dalla macchina e studiò il vicinato mentre raggiungeva la porta principale del condominio. Becky Sampson viveva in un edificio a tre piani in stile Tudor. L’intera strada, la North Stanley Drive, era fiancheggiata da complessi simili decorati a imitazione dello stile.

      Quella parte di Beverly Hills, appena a sud del Cedars-Sinai e della Burton Way e a ovest di Robertson Boulevard, tecnicamente si trovava all’interno dei confini della città. Ma dato che era circondata dai distretti commerciali e confinava con Los Angeles, l’affitto era molto più basso rispetto ad altre zone. Eppure l’indirizzo di posta diceva Beverly Hills, e quello contava.

      Keri citofonò all’interno di Becky e venne fatta entrare subito. Una volta dentro, divenne chiaro che il codice postale era l’argomento di vendita più importante del posto. Certamente non lo era l’edificio stesso. Mentre percorreva il corridoio in direzione dell’ascensore, Keri osservò la tintura rosa chiaro che si scrostava dai muri e la spessa moquette chiazzata. Tutto puzzava di muffa.

      L’ascensore aveva un odore anche peggiore, come se avesse visto molti incidenti inerenti al vomito nel corso degli anni e non potesse più nasconderne il tanfo. Sobbalzò precariamente fino ad arrivare al terzo piano e le porte si aprirono sferragliando. Keri uscì, decidendo di prendere le scale poi per tornare giù, anche se le costole e la spalla l’avrebbero odiata per quello.

      Bussò alla porta dell’interno 323, tolse la fibbia alla pistola, lasciò che la mano vi si posasse sopra discretamente, e aspettò. Il rumore di piatti che venivano gettati senza tante cerimonie in un lavandino era facile da identificare, così come il tonfo di qualcosa che si trovava sul pavimento e che veniva sbattuto in un armadio.

      Adesso si controlla a uno specchio vicino alla porta. C’è un’ombra sullo spioncino mentre controlla me e dovrebbe aprire la porta fra tre, due…

      Keri sentì una serratura e la porta si aprì per rivelare una donna magra dall’aria terrorizzata. Doveva avere la stessa età di Kendra se erano andate alla riunione scolastica insieme ma sembrava molto più vecchia, più vicina ai cinquanta che ai quaranta. Aveva i capelli castano chiaro, ovviamente tinti, e gli occhi marroni erano iniettati di sangue come un tempo erano quelli di Keri. La parola che le venne immediatamente alla mente per descriverla era nervosa.

      “Becky Sampson?” chiese seguendo il protocollo, anche se la foto sulla patente di guida che le era stata inviata per strada chiaramente era la sua. Tenne la mano destra sul calcio della pistola.

      “Sì. Detective Locke? Entri.”

      Keri entrò, mantenendo una certa distanza tra lei e Becky. Persino le anoressiche con aspirazioni alla Beverly Hills potevano far danni se abbassavi la guardia. Cercò di non arricciare il naso all’aroma ammuffito che permeava l’appartamento.

      “Posso offrirle qualcosa?” chiese Becky.

      “Mi andrebbe un bicchiere d’acqua,” rispose Keri, non tanto perché ne volesse uno ma perché le avrebbe permesso di scrutare meglio l’appartamento mentre la sua ospite era in cucina.

      Con le finestre chiuse e le imposte tirate, il posto era soffocante. Tutto sembrava essere cosparso da uno strato di polvere, dai tavolini da salotto alle librerie al divano. Keri entrò nel soggiorno e capì di essersi sbagliata.

      Una parte del tavolo da caffè era splendente, come se venisse usata costantemente. Sul pavimento, di fronte a quel punto, Keri notò molte briciole di ciò che sembrava essere una polverina bianca. Si inginocchiò, ignorando le urla di dolore alle costole, e guardò sotto al tavolo. Riuscì a vedere una banconota da un dollaro parzialmente arrotolata, coperta da un residuo biancastro. Sentì il rubinetto chiudersi e si alzò in piedi prima che Becky rientrasse nella stanza con due bicchieri d’acqua.

      Chiaramente sorpresa di vedere la sua ospite così lontana dall’ingresso, Becky le diede un’occhiata sospettosa prima di far andare lo


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