Sala Operativa . Джек Марс

Sala Operativa  - Джек Марс


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e il bellissimo ambiente, del suo studio. Quando entrarono Kat Lopez era già lì ad aspettarli.

      “Conosce il mio capo dello staff, Kat Lopez?”

      “Non ho avuto il piacere.”

      Si strinsero la mano. Kat gli offrì uno dei suoi rari sorrisi. “Deputato, sono una sua grande fan da quand’ero al college.”

      “E quand’è stato, l’anno scorso?”

      Kat allora fece qualcosa di fuori dal suo ordinario. Arrossì. Fu veloce, lei si riprese quasi subito, ma arrossì. Quell’uomo faceva effetto alla gente.

      Susan offrì a Parowski una sedia. “Ci sediamo?”

      Parowski si sistemò su una delle comode poltrone. Susan si sedette di fronte a lui. Kat rimase in piedi dietro di lei.

      “Mike, ci conosciamo da molto tempo. Quindi non ci girerò intorno. Come sai, sono improvvisamente diventata presidente quando è morto Thomas Hayes. Mi ci è voluto molto per assestarmi. E ho rimandato la scelta del vicepresidente fino a quando la crisi non sembrava finita.”

      “Ho sentito delle voci su quel che è successo ieri,” disse Parowski.

      Susan annuì. “È vero. Crediamo che si tratti di un attentato terroristico. Ma sopravvivremo a questo come siamo sopravvissuti agli altri, e andremo avanti ancor più forti e resistenti di prima. E un modo in cui lo faremo è con un vicepresidente forte.”

      Parowski la fissò.

      Susan annuì. “Tu.”

      Lui alzò lo sguardo su Kat Lopez, poi tornò a guardare Susan. Sorrise. Poi rise.

      “Pensavo che mi avresti chiesto di radunarti dei voti al Campidoglio.”

      “Sì,” disse. “Ti chiederò di farlo. Ma come vicepresidente e presidente del Senato, non come membro del congresso dell’Ohio.”

      Alzò le mani. “Lo so. Pare che ti stia passando la bomba senza preavviso, ed è proprio così. Ma ho sondato il terreno, e ho tenuto riunioni top secret per le ultime sei settimane. Il tuo nome non ha fatto che saltar fuori. Sei quello con massiccia popolarità nel tuo distretto, e ampio fascino per l’intera zona nord degli Stati Uniti, e persino nei distretti della classe operaia conservatrice del sud. E sei il candidato infaticabile che può concorrere duramente con me quando verrà l’ora di ricandidarsi.”

      “Lo farò,” disse.

      “Prenditi il tuo tempo,” disse Susan. “Non voglio metterti fretta.”

      Il suo sorriso si allargò. Adesso sollevò le mani, quasi come implorando i cieli. “Che cosa posso dire? È un sogno divenuto realtà. Mi piace davvero quello che stai facendo. Hai tenuto insieme questo Paese in un momento in cui sarebbe potuto andare in pezzi. Sei stata molto più tenace di chiunque te ne abbia riconosciuto il merito.”

      “Grazie,” disse Susan. Se lui avesse potuto vederla nei primi giorni, a piangere sola in quella stessa stanza quando pensava che il novanta per cento della gente sarebbe morta per l’attentato col virus Ebola, l’avrebbe ancora pensata così?

      Susan annuì tra sé e sé. Probabilmente più che mai.

      Lui la indicò col suo grosso indice. “Ti dirò un’altra cosa. Ho sempre saputo che eri fatta così. Riesco a leggere il meglio delle persone. Ho imparato a farlo quando ero un ragazzino, e l’ho visto in te anni fa, quando sei venuta a Washington DC. Chiedi a chi vuoi. Quando è arrivato il sei giugno ho detto alla gente non vi preoccupate, siamo in buone mani. L’ ho detto a quelli del Campidoglio che erano ancora vivi, l’ho detto nei programmi televisivi, e l’ho detto personalmente ad almeno diecimila persone del mio distretto.”

      Susan annuì. “Lo so.” E lo sapeva davvero. Quella piccola cosa era tornata fuori più volte nelle riunioni. Michael Parowski ti copre le spalle.

      “Devi sapere una cosa di me, però,” disse lui. “Sono grosso. Fisicamente sono grosso, e ho una grossa personalità. Se stai cercando qualcuno che se ne stia nel retro a fare da tappezzeria, probabilmente non sono quello giusto.”

      “Michael, ti abbiamo vagliato sotto ogni punto di vista. Sappiamo tutto di te. Non vogliamo che te ne stia sullo sfondo. Ti vogliamo in testa, a essere te stesso. Vogliamo la tua forza. Stiamo ricostruendo un governo qui e, in un certo senso, stiamo ricostruendo la fiducia delle persone nell’America. È un lavoro duro, e c’è molta roba pesante di cui occuparsi. È per questo che abbiamo scelto te.”

      Lui la guardò in tralice. “Sapete tutto di me, eh?”

      Sorrise. “Be’, quasi tutto. C’è ancora un mistero che mi piacerebbe risolvere.”

      “Okay, abbocco,” disse. “Quale?”

      “Quando tiri da parte le anziane agli eventi, che cosa sussurri?”

      Grugnì. In viso gli apparve uno sguardo strano. Il volto quasi gli si trasformò, decadi di usura caddero. Per pochi secondi parve quasi (ma non del tutto) innocente, come il povero bambino che un giorno doveva essere stato.

      “Dico loro quanto belle sono oggi,” disse. “Poi dico, ‘Non lo dica a nessuno. È il nostro piccolo segreto.’ E sono sincero, con ogni singola parola.”

      Scosse la testa, e Susan pensò che fosse quasi di meraviglia – per le persone, i politici, per l’assoluta magnitudine e audacia di ciò che persone come lui e Susan facevano ogni singolo giorno delle loro vite.

      “Funziona sempre,” disse.

      CAPITOLO SETTE

      11:45

      Atlanta, Georgia

      “Il signor Li sta bene? È da un po’ che non lo vedo qui.”

      L’uomo era piccolo e magro, con una schiena stretta e inarcata all’indietro. Indossava un’uniforme grigia col nome Sal cucito da un lato del petto. Teneva sempre una sigaretta accesa in bocca. Parlava tenendola nella bocca. Sembrava non vedere mai necessità di togliersela finché non l’aveva finita. Poi se ne accendeva un’altra. In una mano teneva un pesante paio di tagliabulloni.

      “Oh, sta bene,” disse Luke.

      Percorrevano un lungo e ampio corridoio di calcestruzzo. Era illuminato da tremolanti luci fluorescenti che scendevano dal soffitto. Mentre camminavano un piccolo ratto sfrecciò davanti a loro, poi si precipitò lungo l’angolo in fondo del muro. Sal non parve pensare che il ratto valesse un commento, perciò Luke tenne la bocca chiusa. Guardò Ed. Ed sorrise e non disse nulla. Alle loro spalle, Swann tossiva.

      Lo spazio di Li si trovava in un ampio e vecchio deposito che era stato suddiviso nel corso degli anni in molti spazi più piccoli. Li affittavano decine di minuscole aziende. C’era una zona di carico in fondo al corridoio, e il corridoio stesso era perfetto per caricare carrelli e trasportare i prodotti dentro e fuori.

      Sal sembrava lavorare come una specie di manager o custode del posto. Inizialmente aveva esitato a cooperare. Ma quando Ed gli aveva mostrato il documento di identificazione dell’FBI, e Swann gli aveva mostrato il suo nuovo badge dell’NSA, Sal era diventato bramoso di compiacerli. Luke non gli aveva mostrato il distintivo. Era il suo vecchio documento dello Special Response Team, e l’SRT non esisteva più.

      “In che genere di guai può trovarsi?” disse Sal.

      Luke si strinse nelle spalle. “Nulla di troppo grosso. Guai con le tasse, guai con il marchio commerciale e violazioni di brevetto. Roba che ci si aspetta da uno che importa dalla Cina. Deve vedere cose così tutto il tempo, ho ragione? Qualche anno fa sono stato a Chongqing. Lì si può entrare nei depositi lungomare per comprare nuovi iPhone per cinquanta pezzi, e orologi Breitling per centocinquanta. Non sono veri, ovvio. Ma guardandoli non si noterebbe la differenza.”

      Sal annuì. “Non crederebbe mai alla roba che vedo entrare e uscire da qui.” Si fermò davanti a una porta


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