Un Gregario Solo Al Comando!. E. T. Palwin
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Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
1. Una linea tratteggiata.
“Un cuore nuovo per ogni giorno e 1000 favole per questo sogno.
Eri il mio amore, il mio destino, la mia partenza ed ogni arrivo.
Eri l'avanzo ed il bisogno, tutti gli anfratti di mia coscienza.
Non ho più occhi… Nulla da scrivere… Poco da dare e meno da vivere…
Giorni di cuore, senza più fiaba, notte di stelle, senza l'amore di chi m'amava.
Tramonta il sole, fredda la terra, fugge una lacrima... Ma è solo il principio di un'altra guerra!”.
Il piccolo foglio accartocciato cade in strada. È il segnale della riserva accesa. Gli altri lo chiamano Toro Incatenato. È tutto sui pedali. Sbuffa e si dimena... Sembra un toro incatenato ad una improbabile bicicletta. Vorrebbe un soprannome più poetico, ma non conoscono le sue zavorre di carta. Per lui sono liberatorie. Lo lanciano al traguardo, leggero nell'animo!
«Bastardo!» Scagliata con l'insulto una bottiglietta lo sfiora.
Dal mezzo della folla l'ennesimo sputo di quelle settimane... Umiliazione liquida come se piovesse, che dalla guancia gli cola giù per il collo.
Incurante, avanza tra sudore, lacrime e stenti. È stremato e solitario! Ha la coscienza febbricitante, la pelle arsa dal sole e spaccata dal gelo. Un cartello indica i 3 km al traguardo. È la penultima tappa. Quel giro è stato discusso e controverso come pochi. Insulti e accuse dalla gente in strada, sui giornali, in TV e alla radio. Il mondo intero segue questa storia di miseria umana e sportiva. Web e social media se ne cibano con avidità. Illazioni e ricostruzioni fantasiose corrono più dei ciclisti (#rabbiaesdegno).
Sono le 4:03 pm e lì la gravità sembra triplicata. Quel tratto di montagna è isolato: i ripetitori sono difettosi.
«Scoppia!» grida un ragazzino.
Dall'altro lato la novità d'uno sputo alcolico. Forse è vino dolce rimescolato in bocca. Lo centra sul dorso della mano. Si asciuga tra petto e ascella. Vorrebbe nasconderlo alle telecamere. Sono ovunque, impossibile! Ne ha una anche sul casco.
«Bestia!» strilla una vecchia, agitando il bastone.
Sui bordi, due ali di folla s'infiammano. Il suo passaggio è una miccia accesa. Arriva e la gente esplode in insulti e atti concreti! Le transenne ballano una musica fatta d'animi inquieti. È un eco delirante, compulsivo, deformante, di follia collettiva!
Pochi metri e la salita finirà, poi discesa fino all'arrivo. Dalla calca esce un balordo. È di mezza età, panciuto, stempiato, con barba incolta e sudicia. Ha un coltello affilato! Un po' impacciato, corre verso il suo traguardo di follia!
«Stasera non torni ai figli» farfuglia confuso fuori e dentro sé.
Aiutato dalla bassa velocità, lo colpisce una volta soltanto! La lama affonda, devastante... Dal corridore parte un grido sordo di sconcerto e incredulità.
Si guardano... Lo squilibrato ha occhi blu notte, spiritati. Gode del suo gesto, mentre lui prosegue con la lama conficcata nella schiena. Rallenta, ma senza fermarsi. La discesa ne ha pietà... Sbanda senza cadere. Il dolore è così pieno e profondo! Volta la testa. Quel manico è come la banderilla di una corrida. Vede il pazzo: è a terra. Due del servizio d'ordine lo trattengono.
Intorno alla ferita zampillano accenni d'anima in tinta rossa. È un toro nell'arena e quella è la spada finale? È sfinito. Vive un brivido ignoto: è viola; ha sfumature blu elettrico intermittenti; in bocca ha il sapore della ruggine. Lo assale un violento conato di vomito, vuoto di sostanza. Gli manca il fiato... Sbarra gli occhi, ma passa ed è ancora lì a soffrire. Non s'arrende, non l'ha mai fatto! Cerca forze sufficienti per tracciare una linea tratteggiata con il sangue... Vuole oltrepassare il traguardo della sua stessa vita!
2. Sole, Terra, Vita.
Toro Incatenato, al secolo: Marcelo Valmontedo, uruguaiano di 39 anni, è il gregario per antonomasia. Negli ultimi 20 si è tirato dietro 9 diversi capitani, tutti vincitori di almeno un trofeo prestigioso durante la stagione. Di solito, trainato il team leader per buona parte del tracciato, percorre l'ultimo tratto a mo' di passeggiata. È rimasta celebre la volta in cui, vicino alla prima affermazione personale, ha ubbidito agli ordini di squadra e fatto marcia indietro. «Voltati subito, George ha bisogno di te!» hanno comandato. Giusto, poiché oggi George Van Der Master risulta trionfatore del Gran Giro di quell'edizione.
Mai una volta sul podio, tra belle donne e spumante, invisibile parafulmine d'aria, artefice delle fortune e delle glorie altrui, lui è il gregario perfetto dai tanti soprannomi: Vecchio Toro, Ciclista Operaio, solo a citare due, Marcelo Valmontedo da Montevideo, il Toro Uruguaiano!
C'è chi sostiene, basandosi sull'affermazione: «M'è passata la vita davanti!» che, nell'imminenza del trapasso, la mente umana riproponga gli episodi responsabili o solo riassuntivi del come, quando e perché l'idea di una morte sia nata in seno al mondo. In tal senso il suo viaggio non farà eccezione ed anzi, chiunque con un ruolo nella vicenda, si scoprirà a fare altrettanto.
«Max, Giani disse che me andavi cercando» esordisce con il suo caratteristico accento e parlar contaminato, mentre entra in quell'ufficio di tante riunioni. A seconda delle circostanze e degli stati d'animo parla spagnolo (lingua paterna), portoghese (lingua materna) e italiano (lingua del lavoro).
«Vieni, siedi Marcelo» lo accoglie il direttore Procopio che per posa, naso a punta e rossore sulle guance e attorno agli occhi, sembra un grosso fagiano. «Tutto bene? Famiglia, bambini?»
«Sodisfasendo Dios, Diletta fece 8 anni semana passata.» Nel nominarla la voce gli balla. La madre l'aspettava già quando si presero. «O piccolo Alejandro, inveze, con la bola de futbol!»
Il direttore scoppia in una risata roca, gettando il capo dietro di sé. Di solito è indice di sincerità in lui, ma non oggi che ha un macigno da scaricare sul cuore dell'amico Toro.
«Possível, 3 bicicletas nuevas como regalo solo este año!»
Max fa segno di calmarsi. Sa fin troppo bene che quando è nervoso lingua parlata e pensieri coincidono in lui.
«Dopo 3 biciclete nuevas, solo sto ano? Veja e fuja. Ehm, le vede, ma scappa a la pelota!»
Vecchia storia. Il figlio di 6 anni che adora il pallone. Scandalo nella famiglia Valmontedo fondata sul ciclismo! Strano che un uruguaiano possa averlo a cuore più del calcio, ma già chiarito: suo padre, grande passione per quello sport epico, quando lui neppure camminava, lo mise su una bici minuscola con rotelle, manubrio e sedile modificati, affinché non ne cadesse. In pratica un girello per le prime pedalate. Bizzarro, ma coerente. Durante gli allenamenti più duri, Marcelo è solito strillare: «Esta bicicleta me viu nascer e vai me veré morir!» In pratica, in quel misto di spagnolo e portoghese, che la bici lo ha visto nascere e lo vedrà morire.
«Elisabeth?» chiede Max che adesso, con i suoi occhietti da pennuto, lo osserva sospettoso. Difatti gira la voce che quella lo tradisca! «Che mi dici?»
«Ho lassiato Marilisa por ella e te lo sai!» afferma infastidito. Mai accaduto parlando di lei! «Elisabeth sta capriciosa, belisima, ma dificile como ena niña, ehm, bambina de capricio!»
Oggi ogni argomento un campo minato? Il direttore chiude gli occhi restando in silenzio. Sembra un computer al riavvio, fallito il programma perfetto! Pensa a quella graziosa ragazza, Marilisa appunto, coetanea di Marcelo, conosciuta anni prima. Talmente dolce, spontanea, altruista e poi tanto tanto innamorata del suo ciclista... Venuti via insieme dall'Uruguay per condividere i primi anni di una promettente carriera sportiva, ma senza sposarsi e avere dei figli. Errore! Ché il mondo è pieno di