Il Ricordo Di Te. Sara Ingardia

Il Ricordo Di Te - Sara Ingardia


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      Improvvisamente, versi fragorosi e striduli provenirono ai timpani della donna deconcentrando la sua mente da un ricordo angoscioso.

      Era sopravvissuta allo spietato potere dell'oceano che inghiotte ogni cosa che si posa sul suo ventre, saziandosi senza commiserazione o pietà alcuna. La morte l'aveva chiamata a sé nelle gelide acque del Golfo del Messico, un vortice prese possesso del suo corpo spingendolo negli abissi e impedendo la sua risalita in superficie.

      Precipitò in un oblio tra la vita e la morte, spinta in un tunnel dove la luce diventava sempre più intensa e attirava la sua anima in una dimensione di beatitudine.

      L’anima di Vivienne sembrava ansiosa di staccarsi definitivamente da quel corpo martoriato per ricongiungersi a Dio e trovare la pace eterna lasciandosi alle spalle una vita terrena fatta di insoddisfazione.

      Cosa l’aspettava? Non era certa di ciò che avrebbe trovato. Forse il Dio saggio e benevolo l’avrebbe accolta nel suo Giardino oppure sarebbe rimasta in attesa in compagnia di altre anime nel Sheol 1impazienti di conoscere la loro sorte. Inferno o paradiso? Cosa le sarebbe toccato? Nella sua vita commise uno dei peccati la cui gravità era tale da spingerla alla dannazione eterna come Dante narrava nella “Divina Commedia” ma solo il Creatore aveva il potere di giudicare e se avesse dovuto affrontare delle prove di purificazione per poter accedere al riposo eterno nell’Eden avrebbe accolto tale condanna.

      In quegli attimi di oblio pensò che la legge della morte segna il mistero che l’avrebbe accompagnata verso l’ignoto come un’onda travolgente spinta in un nuovo contesto della quale non ebbe mai tracce visibili, se non quelle descritte nella Bibbia, alla quale saldamente cercava di aggrapparsi nella speranza di trovare una continuità dopo il suo cammino avvenuto sulla Terra, ritrovando chi aveva amato e godendo del suo sentimento eternamente. Nutriva fiducia nell’attesa di ricongiungersi a Nathan anche se talvolta il pensiero religioso entrava in conflitto con la razionalità.

      Inaspettatamente venne respinta di nuovo nella realtà, lottando per la sua sopravvivenza tra le acque tormentate.

      Una spinta verso il basso la riportò a galla, respirando a fatica tra le onde agitate, fece un paio di bracciate, ma la stanchezza prese il sopravvento. Quando le forze stavano per cedere, da lontano vide una tavola di legno galleggiare alla deriva. Quello fu un segno del destino, non poteva trattarsi d’altro.

      Con le poche energie che le rimanevano a disposizione, cominciò a nuotare, senza fermarsi, determinata a raggiungere quell’ultimo tentativo di salvataggio. Forse non sarebbe stato sufficiente, non era nemmeno sicura che quel legno potesse sorreggerla ma doveva provarci.

      Si avvicinò sempre più, fino a toccare il bramato legno. Era abbastanza spesso e sembrava poter reggere, ma l'insicurezza gravò sulla sua ragione per cui decise di adagiarvi solo le braccia nella speranza che una linea di terra ferma o una nave potesse accogliere una donna distrutta.

      1 nell’ebraismo antico fa riferimento al regno delle tenebre.

      Navigò alla deriva per giorni lasciandosi trasportare dalle correnti oceaniche, che cullavano il suo corpo quasi esanime, scottato dal bruciante sole che infliggeva i suoi raggi di fuoco sulla cute.

      Uno stormo di gabbiani volteggiavano sopra la sua testa in una baraonda di stridulo vociare.

      L’abbandono delle forze prevalse sulla realtà catapultandola in uno stato di incoscienza ed oscurità.

      Sforzandosi di non cedere nell’oblio di una dimensione ultraterrena che prepotentemente si stava impadronendo del suo essere.

      Il corpo stremato della donna giaceva sulla spiaggia, abbandonato nella solitudine di un mattino limpido di settembre. Le onde sfioravano la battigia colorando il manto sabbioso di un marrone intenso, cancellando ogni traccia presente sulla riva.

      Riversa supina sentì il calore del sole bruciargli la pelle raggrinzita dall'acqua, non aveva più sensibilità, riusciva a percepire solo il battito delle sue ciglia. Il suo fisico non reagiva a nessuno stimolo, la sua mente voleva ribellarsi allo stato di immobilità ma il suo corpo non recepiva il comando.

      Sentì l'impulso dominante di urlare, ma la stanchezza che cingeva l'intero corpo impediva al fiato di venir fuori, come intrappolata in una stanza eretta da pareti insonorizzate dove la voce non fuoriesce e si arresta al suo interno; ebbe la sola forza di piangere, guardando i minuscoli granelli di sabbia si rese conto che era viva, sofferente e sfinita, ma il destino o la volontà Divina le aveva concesso una seconda possibilità.

       Prima Parte

      “Inaspettatamente”

       22 gennaio-1981 -2nd Avenue Downtown- New York

      Guardò l'orologio. Erano le 09.00, “Accidenti!” mormorò tra sé e sé. Aveva quindici minuti di ritardo e il traffico stava aumentando attimo dopo attimo.

      Era in coda a “Le petite café " un frequentatissima Caffetteria dove servivano dell'ottimo caffè accompagnato da deliziosi dolci. Ma quella mattina era di fretta e avrebbe ordinato solo una tazzina di caffè italiano dall’aroma deciso. In attesa del suo ordine, il telefono cominciò a vibrare in borsa per qualche istante, dall'altro capo del telefono c’era Christopher, il marito, che innervosito lasciò un messaggio in segreteria:

      “Vivienne, sto andando in aeroporto a recuperare mia madre. La riunione di questa mattina è stata rimandata alle 11.00”.

      Il chiasso nel locale si mescolava alla musica di Bob Dylan che veniva trasmessa alla radio. Era quasi arrivato il suo turno, quando una signora di fronte a lei cominciò a prendere un numero smisurato di ordini che la fece spazientire ancora di più. Picchiettava le dita esili sulla 24 ore che aveva tra le mani cercando di stemperare il nervosismo che cresceva al solo udire la voce roca della donna, incurante della coda che stava creando.

      “ Mi scusi Signora vado di fretta, le dispiacerebbe cedermi il posto?” chiese cortesemente mostrandole un sorriso.

      La donna la osservò da capo a piedi e notò i preziosi anelli che portava al dito sinistro.

      “ Oh.. mia cara credo che una donna come lei possa attendere qualche minuto in più”

      “ Cosa sta insinuando?”

      “ Deduco dal suo stile elegante, dall'impeccabile modo di porsi e dai suoi gioielli costosi che se solo volesse potrebbe comprarsi l'intera caffetteria” maleducatamente le voltò le spalle infischiandosene della sua gentile richiesta.

      Vivienne si infuriò a tal punto che non riuscì a trattenne le critiche e riversò un velenoso commento.

      “ Già potrei farlo e potrei anche limitare il numero di ordinazioni che lei sta sfacciatamente richiedendo senza un briciolo di cortesia”

      “Sta dimostrando di essere lei la maleducata. Inveire così contro una povera vecchia. Ora credo che possa tornare in fila e aspettare il suo turno. Potrei chiederle di farmi le sue scuse ma visto che è così in ritardo, non le farò perdere altro tempo prezioso”.

      Vivienne si sentì profondamente in imbarazzo sapendo che molte persone avevano ascoltato la sua discussione con la vecchia signora. Nonostante il suo tenore di vita non si sentiva una privilegiata ma una donna perspicace che era stata in grado di costruirsi la sua vita cavandosela da sola e senza dover chiedere aiuto a nessuno. Sposò Christopher Cox all’età di ventisette anni, dopo tre anni di

      fidanzamento. Si erano conosciuti in un locale di Manhattan dove una serie di sguardi aveva fatto nascere una simpatia reciproca ma questo di certo non bastava per una relazione. Vivienne manteneva una distante cortesia e a Christopher questo suo atteggiamento intrigava molto.

      Galeotto fu un libro di poesie di Walt Whitman che entrambi adocchiarono su una bancarella durante un Festival della letteratura americana che li portò ad una serie di lunghe uscite terminate tutte in una piacevole passeggiata per Central Park dove le carezze si alternavano ai dolci baci.

      Amava Christopher ma


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