Piangendo Sulla Luce Versata. George Saoulidis
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PIANGENDO SULLA LUCE VERSATA
Di George Saoulidis
Tradotto da Giulia Bussacchini
Copyright © 2019 George Saoulidis
All rights reserved.
Pubblicato da Tektime
Capitolo Zero
La signora in blu era immobile, e guardava verso l’angolo della stanza. L’aria attorno a lei era indisturbata, le particelle di polvere danzavano, ed alcuni raggi di sole illuminavano brevemente la loro traiettoria vorticosa.
Il corpo che aveva causato tale agitazione di polvere si trovava ancora nel bel mezzo dello spesso tappeto. Un uomo alto e pesante, non causa ai muscolosi, ma piuttosto agli spaghetti e formaggio feta, era faccia in giù, le sue membra immobili, e la sua bava veniva assorbita istantaneamente dal tappeto. I suoi piccoli occhiali erano schiacciati sotto il cranio, la montatura era storta, ma le lenti erano rimaste intatte.
La signora in blu alzò lo sguardo sulla lavagna.
Il movimento delle sue ciglia non fu abbastanza per disturbare la polvere che cadeva.
Sulla lavagna erano stati scarabocchiati simboli matematici, metà dei quali apparentemente scritti, cancellati e riscritti un miliardo di volte. L’angolo sinistro era asciutto, graffiato e logoro. Un inizio che aveva tormentato l’omone per anni. La lavagna torreggiava nella stanza, come un totem, un costante promemoria per l’uomo pesante di continuare a lavorare, continuare a riflettere sul significato dei simboli.
Non molto altro era degno di nota nella stanza. Era come se qualcuno avesse ereditato la casa della madre, piena di bric-à-brac - filati di lino da lavoro ed altri oggetti artigianali caratteristici di una casa greca - e poi avesse rimosso meticolosamente tutto quanto, lasciando macchie scolorite sulla vernice della mobilia. Mobili vecchi, fatti a mano, con chiavistelli scricchiolanti e piedi irregolari, resi saldi da una pagina di giornale piegata e ben posizionata, pressati dal peso degli anni, quasi come a farli ritornare alla polpa di legno da cui erano venuti. Qualcuno cresciuto in una casa simile potrebbe identificare facilmente la maggior parte degli oggetti mancanti solamente dalle ombre lasciate.
Lì, una cornice spessa. Là, appeso al chiodo ora orfano, si trovava un piatto decorato, che le persone sembrano amare appendere ai muri. Lì, un centrino bianco all’uncinetto copriva quella perfetta forma triangolare, quasi come una stampa.
Ogni elemento era mancante.
La donna in blu si diresse verso la lavagna, i suoi passi disturbarono i moti della polvere, facendola vorticare attorno a lei. Raccolse il pennarello dal pavimento, strappò con attenzione una pagina da un blocco note e ricopiò i simboli matematici dalla lavagna. Li ricontrollò, assicurandosi di aver trascritto tutto, e poi con il tessuto strappato che trovò accanto a lei ripulì la lavagna. Svolse l’operazione con forza, facendo in modo di cancellare tutto per bene. La parte in alto a sinistra dei simboli oppose resistenza, ma poi cedette.
Ripose il panno e piegò il foglio. Senza fatica.
Poi infilò la pagina piegata all’interno del suo vestito blu, proprio accanto al suo cuore. Senza fatica.
E poi trascinò il pesante uomo per la gamba fino in fondo al corridoio. Senza fatica.