Angelo D’Oro (Angelo Spezzato #5). L. G. Castillo

Angelo D’Oro (Angelo Spezzato #5) - L. G. Castillo


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>Angelo d’Oro (Angelo Spezzato #5)

ANGELO D’ORO (ANGELO SPEZZATO #5) L.G. CASTILLO Traduzione di MARIA FRANCESCA RINALDI MORAIS

      Copyright © 2020 L.G. Castillo

      Tutti i diritti riservati.

      Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta in alcuna forma o tramite qualsiasi mezzo elettronico o meccanico, compresi i sistemi di archiviazione e recupero delle informazioni, senza il permesso scritto dell'autore, eccetto che per l'uso di brevi citazioni in una recensione del libro.

      1

      L’occhio destro di Leilani tremava nervosamente. Era abbastanza certa che sarebbe esploso da lì a dieci secondi—cinque se Candy non avesse smesso di parlare.

      “Mio padre deve essere daltonico o qualcosa del genere. Una roba così, davvero. Gli avevo detto di volere il rosa metallizzato. Per quale motivo chiedermi che colore volessi per il mio Boxster se poi non è nemmeno capace di scegliere quello giusto? Cioè, davvero, guarda.”

      Candy girò il polso, spargendo goccioline d’acqua nell’aria mentre indicava fuori dalla finestra con una forchetta bagnata in mano.

      “Ti sembra rosa metallizzato? Non ci si avvicina nemmeno.”

      Leilani strinse con forza il coltello da bistecca che stava ripulendo, l’occhio che tremava sempre più rapidamente.

      Avrei dovuto chiedere di occuparmi dei bagni. Qualunque cosa sarebbe stata meglio che ascoltare Candy parlare senza sosta di quella maledetta macchina sportiva.

      “Sei così tranquilla oggi. Non dici niente del mio regalo di compleanno?”

      Se Candy avesse sbattuto ancora una volta quelle ciglia finte che si ritrovava, Leilani era certa che avrebbe . . .

      Questo lavoro ti serve. Questo lavoro ti serve. Pensa a Sammy.

      Stampandosi in faccia il sorriso più dolce possibile, Leilani appoggiò il coltello sul vassoio insieme alle altre posate. Uno dei ragazzi addetti ai tavoli passò e prese velocemente il vassoio dal bancone.

      “È bello” riuscì a squittire mentre guardava l’incubo rosa parcheggiato nel luogo dove una volta si trovava il Sammy’s Taco Shack. “Sai, alcuni di noi non sono così fortunati da ricevere un regalo così bello.”

      “Sì, forse.” Candy si appoggiò al bancone, facendo girare una ciocca di capelli attorno al dito. “Immagino che potrebbe andare peggio. Tipo, potrei non avere una macchina e dover chiedere passaggi come te.”

      Non può averlo detto. Dov’è andato l’aiuto-cameriere?

      “Senza offesa, Leilani. Voglio dire, è fantastico che tu sia così, uh, autosufficiente, specialmente dopo che tua madre e il tuo patrigno sono morti e tutto quanto.”

      Leilani chiuse le mani a pugno, pronta a colpire Candy se non avesse chiuso quella boccaccia. Non poteva credere di essere stata amica di questa ragazza. Candy era una in gamba una volta. Poi un giorno . . . Bam! Erano arrivate le tette. E il cervello era sparito.

      “Nessuna offesa.” Ingoiò la propria rabbia e il proprio orgoglio. Oca giuliva o no, se non fosse stato per Candy e il padre, Leilani non avrebbe avuto questo lavoro. Era stata Candy ad avere l’idea di chiedere al padre di assumere Leilani al ristorante—sebbene pensasse che fosse più per senso di colpa che per amicizia. Solo pochi mesi dopo la morte dei suoi genitori, il Sammy’s Taco Shack era stato demolito ed era stato rimpiazzato da un cartello che annunciava l’apertura dell’Hu Beach Resort and Restaurant.

      “Hey, sai cosa ti dico? Ti lascerò fare un giro con la mia macchina. Ti piacerà. Ma assicurati di fare una doccia prima di entrarci. I sedili sono di un tipo di pelle speciale.”

      Ignorando gli sproloqui di Candy, Leilani si sfregò il petto. Il dolore era ancora lì. Era sempre lì. Dal giorno in cui si era svegliata in ospedale ed aveva visto il viso della zia Anela, un immenso dolore le aveva riempito il petto e vi si era installato.

      Buffo come le cose che una volta odiavi diventassero improvvisamente quelle che agognavi.

      Nei giorni successivi alla morte dei genitori, si era ritrovata seduta da sola al chiosco, bramando di poter tornare al suo vecchio lavoro. Avrebbe voluto vedere la madre uscire dalla cucina e assillarla per i capelli corti e tormentarla perché servisse dei clienti. Avrebbe voluto vedere il patrigno entrare di corsa nel chiosco, e infilarsi di soppiatto dietro alla madre e circondarle la vita, facendola roteare in aria. Avrebbe voluto alzare gli occhi al cielo vedendolo baciare la mamma mentre Sammy gridava: “Eww. Vecchi.”

      I desideri sono sogni che non si realizzano mai.

      Prese con decisione uno straccio e ripulì vigorosamente il bancone già pulito, lottando contro il bruciore agli occhi.

      Era stata stupida a pensare che sarebbe riuscita a mantenere il chiosco dei tacos e a far funzionare l’attività con l’aiuto di zia Anela. Era andata a sbattere contro la realtà quando aveva scoperto che il patrigno aveva aperto una grossa ipoteca sul locale e che c’era un grosso debito da ripagare. La zia Anela viveva con la pensione sociale. Avevano a malapena di che sfamarsi. E poi, quale banca avrebbe prestato dei soldi ad una ragazza di quindici anni?

      Sì, era stato stupido pensarlo. Sperare, sognare. Tutte queste stupidaggini da bambini non la riguardavano più.

      “Oh, mamma.” Candy le si avvicinò bisbigliando: “Parlando di ragazze fortunate. Tu vieni accompagnata a casa ogni sera da Kai.”

      Kai era sulla porta della cucina, vestito con il costume per la danza del fuoco. I suoi massicci bicipiti si palesarono mentre si aggiustava l’haku lei, una corona di fiori.

      Le ciglia di Candy sbattevano ad una tale velocità da rischiare di mandarla in orbita.

      Leilani non poteva biasimare Candy per sbavare dietro a Kai. Moltissime ragazze gli cadevano ai piedi ogni volta che lo vedevano, soprattutto quando portava il suo malo rosso, un pareo che metteva in mostra le sue gambe possenti.

      Era tutto muscoli, e aveva lavorato tanto per questo. Si allenava ogni giorno nel suo cortile, sollevando pesi e facendo flessioni con Sammy nel ruolo di allenatore personale.

      Leilani fece una risatina, ricordando Sammy che gli saliva sulla schiena, e Kai che lo sollevava sopra la testa. Se non fosse stato per Kai che gli aveva chiesto di aiutarlo nei suoi allenamenti, Sammy probabilmente sarebbe stato ancora seduto in salotto a guardare stupidamente la TV.

      “Questo nuovo costume ti sta benissimo. Sapevo che sarebbe stato così. Oh, adoro il tatuaggio!” Candy fece scorrere le unghie dipinte di rosso lungo il tatuaggio tribale sul braccio di Kai.

      Lui fece una smorfia. “Quindi è stata una tua idea? Hai richiesto una taglia micro o cosa?”

      “Non essere stupido. È stata una mia idea, e ho avuto ragione. Sei favoloso.”

      Leilani levò gli occhi al cielo. Se Candy avesse strabuzzato ancora di più gli occhi, le sarebbero usciti dalle orbite.

      Hmm, poteva essere un’idea. Magari avrebbe potuto chiedere a Kai di flettere i muscoli ancora un pochino.

      “È troppo piccolo e stretto. Posso a malapena muovermi in questo affare.” Tirò il malo, spostandolo con difficoltà.

      “Posso aiutarti a sistemare le misure quando vuoi.”

      Santo cielo. Quella pazza stava letteralmente facendo le fusa. Kai aveva quell’aspetto da ragazzaccio, danzatore del fuoco, che attirava Candy ed ogni altra ragazza nel raggio di dieci chilometri. Ma per Leilani lui era solo Chucky.

      “Cosa c’è che non va, Leilani?” chiese Kai, ignorando Candy.

      Mi è venuto un po’ da vomitare.

      “Niente.” Si stampò un sorriso in faccia. Negli ultimi anni era diventata davvero brava con i sorrisi finti.

      “Dai, Candy. Rilassati. Ce la faccio da solo” disse lui, togliendole le mani dal suo malo prima di riportare l’attenzione su Leilani. “A che ora finisce il tuo turno?” le chiese.

      “Bene!” Candy sbuffò mentre usciva dalla cucina. “Lo spettacolo


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