Il Cercatore Di Coralli. Mongiovì Giovanni
silenzio accettava l'invito di Kamal.
Contravvenendo alle sue stesse parole, lo stesso pomeriggio inviò Yasir e un gruppo di uomini per restituire all'artigiano tutto ciò che gli era stato sottratto e per quantificare i danni da risarcire. Kamal dichiarava e Yasir annotava, e non poche volte al giovane contabile venne il dubbio che l'altro ingigantisse il maltolto per guadagnarci.
Seduto in casa dell'intagliatore, ad uno sgabello, Yasir appuntava su un foglio di carta per mezzo di un carboncino. Essendo molto scrupoloso, ripeteva ad alta voce quello che diceva Kamal, aspettando la conferma prima di annotare la cosa successiva. Poi, verso metà lavoro, mentre scriveva di una lampada ad olio resa inutilizzabile dal saccheggio dei soldati, la punta del carboncino si ruppe.
«Hajji34 Kamal, ti prego... ho bisogno di un coltello per affilare la punta.» chiese Yasir.
Il più anziano quindi si recò nell'altra stanza e riportò la cosa a qualcuno.
«Faiza ti darà quanto richiedi.» spiegò il padrone di casa, ritornato alla presenza del giovane forestiero.
All'udire il nome di Faiza, Yasir avvertì uno strano peso allo stomaco. L'aveva vista già in mattinata mentre si affaccendava per ripulire la bottega, ma ora avrebbe dovuto interagire con lei. Yasir provò imbarazzo, dal momento che quel giorno più e più volte l'aveva fissata con lo sguardo e lei se n'era pure accorta in un paio di occasioni. Adesso quella stessa donna consapevole di aver attirato il suo interesse avrebbe dovuto avvicinarlo.
Quando Faiza entrò nella stanza non sembrò avere minimamente lo stesso disagio di Yasir; con fare sicuro avanzò fino allo sgabello sul quale lui se ne stava. Tuttavia, invece di vigilare sulle sue azioni, guardò Kamal, come se nel suo sguardo cercasse un suggerimento a qualcosa. Porse perciò il coltello dalla parte della lama e Yasir, perso nell’odore di petali di rosa che le vesti di Faiza emanavano, l'afferrò senza rifletterci.
«Guarda cosa fai, stupida!» la rimproverò Kamal, mentre Yasir premeva sul taglio con l'altra mano.
«Perdonami, Signore... non avrei dovuto distrarmi!»
E Yasir, al settimo cielo per quella ferita inferta dalla ragazza che lo mandava in visibilio, la rassicurò:
«No, non è niente...»
E rivolgendosi a Kamal:
«Non è niente!»
Faiza allora si tolse l'hijab35 scuro e lo arrotolò sulla mano di Yasir. Una montagna di capelli neri e ricci esplose riempiendo lo spazio che la separava dal timido contabile. Yasir si voltò vergognato, trovandosi a tu per tu con quel dettaglio proibito, e rimase per tutto il tempo a guardare la parete. Solo quando Faiza ebbe finito di annodare il suo velo alla mano del giovane, quest'ultimo ebbe il coraggio di tornarsi a girare, certo che lei se ne fosse andata.
«È chiaro che dobbiamo rimandare. Quantificami il danno e ti risarcirò, poiché è evidente che così non potrai lavorare.» commentò Kamal, fissando la mano malconcia dell'altro.
«Hajji Kamal, ti prego di non punire tua figlia. Lei ha fatto più di quanto mi aspettassi.» spiegò il giovane straniero, riferendosi alla medicazione.
La sera Yasir si ritrovò ad annusare il velo che fasciava la sua mano, certo che quello fosse il profumo più gradevole che avesse mai sentito. Inoltre, per la prima volta in vita sua, sentì di dover agire con furbizia e per il proprio tornaconto. Avrebbe utilizzato quella banale stoffa come garanzia per rivederla ancora.
Capitolo 6
Inizio luglio 1148, dintorni di Mahdia
Giordano era sempre più convinto che Kamal fosse il discendente di Benavert ed era certo che quel giorno avrebbe scoperto ogni cosa. Se quel tale non aveva ancora rivendicato l’amicizia delle loro famiglie era forse da attribuirsi ad un'eccessiva prudenza, o al fatto che volesse guadagnarci il più possibile rivelando i particolari un po’ alla volta.
Già un'ora prima dell'alba l'‘amil di Mahdia se ne stava alle porte della città, il groppa al suo cavallo e scortato da un considerevole numero di soldati.
Quando giunsero Kamal e i suoi due figli maschi, il sole si era già staccato dall'orizzonte.
«Avevi detto all'alba!» rimproverò Giordano.
«Non hai sentito l’adhān36 del muezzin37? Facevamo la prima ṣalāt38.»
Dunque il nobile di Sicilia, infastidito ma consapevole di dover cedere, lasciò perdere e invitò i tre a montare a cavallo.
Presero la strada per Susa, quella percorsa qualche giorno prima dall'esercito, ma dopo una decina di miglia, lì dove la costa si protende verso il mare, si fermarono. Una spiaggia sabbiosa separava la strada dalla linea di costa e un isolotto dalla forma allungata si univa alla suddetta spiaggia per mezzo di un guado percorribile a cavallo e, facendo attenzione, pure a piedi. Giordano aveva già capito dove Kamal l'avesse portato, aveva sentito parlare di quel posto centinaia di volte. Non poteva sbagliarsi... il capo sabbioso, l'isolotto, il guado... erano tutte cose che ritornavano familiari nella sua testa.
«Rās Dimas!» esclamò Kamal, presentando il panorama con un movimento della mano.
Giordano, rapito da un luogo per lui così importante, si avvicinò all'acqua in prossimità del guado. Il forte vento che costante perdurava da giorni tirando da mezzogiorno, chiamato chili39 dalla popolazione locale, quel giorno soffiava con particolare intensità. Anche la corrente marina era molto forte.
«Mio Signore, oggi quel passaggio è impraticabile. Ascoltate chi ha maturato abbastanza esperienza da conoscere tutti i segreti del mare.»
A Giordano in quell'istante venne un lampo di genio, per cui rispose:
«Non porto né armatura né cotta di maglia, ma solo gli abiti d'ordinanza dei funzionari del Regno. Dalle mie parti si narra di un uomo, un qā'id che finì in mare durante l'assedio dei cristiani e morì affogato a causa del peso della sua armatura.»
«Un uomo sfortunato!» esclamò Kamal.
«Costui era amico di mio nonno. Si erano perfino tirati le orecchie in segno di amicizia indissolubile.»
«Perché, da che parte stava tuo nonno?»
«Lui sperava in un mondo giusto in cui ognuno avrebbe potuto ottenere la sua fortuna sulla base delle opere e non su quella del Dio predicato.»
«Una società aperta ad ogni tipo di gente quindi...»
«Proprio quello che è il Regno di Ruggero!» esclamò Giordano con orgoglio.
Kamal sorrise e rispose:
«Vuoi farmi credere che perfino uno come me, un artigiano straniero, potrebbe fare fortuna?»
«Giorgio d’Antiochia proviene dal Levante, eppure la sua parola è seconda solo a quella del Re.»
«Ho sentito dire però che a Qusṭanṭīnīa40 lo giudichino un traditore, per via delle sue origini greche.»
«Temeresti lo stesso giudizio a Mahdiyya?»
«I “saraceni di Sicilia” non sono visti con occhio più benevolo... ma poco mi importerebbe di essere giudicato negativamente a causa del mio servizio ad un sovrano cristiano.»
«Padre, dimentichi quanta gente ha dovuto patire sofferenze a causa di quel monarca e del suo predecessore. Quanti fratelli migrarono in queste terre a causa di quell’infame guerra dei cristiani...» intervenne Salman, chiaramente più sanguigno di carattere.
«Non