La Volpe In Rosso. Dawn Brower
non fosse uno degli ignari spettatori della sua disfatta.
Non aveva alcuna intenzione di chiarire perché si fosse comportata a quel modo. Nessuno poteva capirla tranne, chiaramente, la sua amica del cuore, Pear.
"Sono sicura di non aver mai fatto la vostra conoscenza . – disse – Sono Lady Charlotte Rossington."
Lui annuì, come se in realtà se lo aspettasse, ma non disse nulla. Quel silenzio irritò ancora di più Charlotte. Comunque sia, l’uomo non si era ancora presentato. Con imperdonabile maleducazione.
"Mi sembrate spaesata, milady – disse l’uomo – Dove eravate diretta?"
"Milady – interruppe il cocchiere, avvicinandosi a loro – Non è possibile per me riparare la carrozza in questo posto. La ruota è andata, e tra poco calerà la sera. Sono costretto a usare uno dei cavalli per recarmi in città a cercare un fabbro che possa aiutarci.”
"Ma non siamo vicini a Peacehaven?" chiese lei.
"Sì, abbastanza vicini – intervenne lo sconosciuto – A circa trenta minuti di carrozza."
Charlotte trattenne un gemito. Perché erano ancora così lontani? Aveva un disperato bisogno di buttarsi su un letto e riposare, e non vedeva l’ora di arrivare da zia Serafina! Ardeva dal desiderio di un bagno caldo e di molte ore di sonno, per riprendersi da quel viaggio estenuante. Ma mantenne il controllo.
"Molto bene, fate ciò che dovete.” disse al cocchiere.
IL cocchiere si rivolse all’uomo.
"Mio signore, sareste così gentile da accompagnare Lady Charlotte alla proprietà della sua signora zia? Non posso lasciarla qui da sola. "
"Sarei felice di fare da cavaliere a Lady Rossingron. – rispose lo sconosciuto – Di grazia, ditemi di preciso dove devo accompagnarla."
"Al palazzo di Lady Serafina Bell – intervenne Charlotte – Contea di Sheffield."
L’uomo annuì. “Sì, conosco.”
Ciò significava che l’uomo bazzicava regolarmente Peacehaven. L’ultima volta che Charlotte c’era stata, invece, era ancora una bambina. Allora c’era suo padre con lei, una delle rare volte che andava a trovare la zia. Ricordava che era stata una visita piacevole. Il viaggio però non era stato un inferno come quello che aveva appena passato, perché in quel periodo villeggiavano a Seabrook ed erano abbastanza vicini. Ma da Londra a Peacehaven si trattava di un viaggio massacrante.
"Ottimo! Questo vi renderà le cose più facili. Vi ringrazio per la cortesia."
"È un piacere per me, milady. – rispose l’uomo, porgendole il braccio – Vi prego, accomodatevi nella mia carrozza. Il mio cocchiere si occuperà del vostro bagaglio. "
Charlotte si fece accompagnare alla carrozza. I sedili erano molto più morbidi di quelli su cui aveva viaggiato fino a poco prima. Di sicuro, i suoi genitori si era assicurati di procurarle la carrozza più scomoda che potessero trovare, per punirla meglio. Così, durante il tragitto, avrebbe avuto tempo e modo per pentirsi delle sue intemperanze.
Il cocchiere passò i suoi bagagli nella carrozza e infine il gentiluomo prese posto accanto a Charlotte. Quasi subito la carrozza si mosse.
Viaggiarono in silenzio e Charlotte ne fu molto felice. Lei e l’uomo erano perfetti sconosciuti, e una conversazione tra loro sarebbe stata alquanto sconveniente. Per tutto quel tempo l’uomo non pensò di presentarsi e lei non gli chiese chi fosse. Ma forse sua zia lo conosceva già.
Collin non poteva credere che l'audace signora che aveva visto in calzoni fosse diretta proprio a Peacehaven. Fin dal primo istante aveva avuto il sospetto che si trattasse della figlia dei marchesi di Seabrook, e a quanto pare non si era sbagliato. Era molto più bella di persona, e lui non si era mai sentito così a corto di parole. Comunque, avrebbe dovuto trovare modo di intavolare una piacevole conversazione..
"Quanto tempo vi tratterete a Peacehaven, milady?" Diamine, le parole gli uscivano fuori quasi stentate! Aveva decisamente perso l’abitudine di parlare con una signora: sembrava un orso! Lei sospirò. Non poteva mentire. “I miei genitori mi hanno mandato via per punizione. Dipende da loro, quanto tempo rimarrò qui.”
"Suona come una minaccia." A quanto pare, quella bravata di indossare abiti maschili in pubblico era stato troppo, per i marchesi. “E cosa avete fatto di così riprovevole, di grazia? Siete stata forse pescata a baciare qualche bellimbusto in Covent Gardens? "
Lei ridacchiò. La sua risata era pura e cristallina. A Collin piacque e desiderò vederla di nuovo ridere. “Certo che no, anche se questa cosa del bacio mi stuzzica un po’. Evidentemente, voi siete solito baciare molte donne in Covent Gardens. Forse è per questo che avete pensato subito a una cosa del genere."
Lui ridacchiò. "Non sono così birichino.” esclamò, sorridendo. Ma anche a lui quella cosa stuzzicava un po’. In verità, baciarla era ciò che avrebbe desiderato fare in quel momento. Ma non intendeva rovinarle definitivamente la reputazione, e in ogni caso avrebbe dovuto corteggiarla. Per ora non si conoscevano affatto e non voleva certo essere costretto a un matrimonio riparatore solo perché non era capace di tenere le mani a posto.
"Non sono neanche un santo, però." aggiunse. Non voleva passare ai suoi occhi per un damerino. Collin intendeva affascinarla. Anche se si erano appena conosciuti, desiderava già rivederla. Doveva fare qualcosa per attrarla, altrimenti lei avrebbe fatto la ritrosa e non avrebbe accettato un invito a rivedersi.
"È molto furbo da parte vostra non ammettere di aver fatto mai qualcosa di scandaloso, nella vita.” disse Charlotte.
“Per quanto riguarda voi, invece, forse non vi conviene sbandierare ai quattro venti che siete qui a Peacehaven perché vi trovate al centro di uno scandalo. – la rintuzzò Collin, con sarcasmo – Forse, sarebbe meglio dire che siete qui a tenere compagnia alla vostra vecchia zia. O creare un alone di mistero sulla vostra permanenza in questo luogo.”
“Credo che dire di essere costretta a tenere compagnia a mia zia sia la cosa più saggia. Zia Serafina è avanti negli anni. Non c’è niente di strano se mi hanno mandata qui a farle compagnia per qualche mese.” disse Charlotte. Ma poi aggrottò la fronte. "Credete che qualcuno crederà al fatto che preferisco stare con mia zia, piuttosto che godermi la mia stagione di balli?”
"E voi che ne pensate? – indagò Collin – E’ davvero una tortura per voi rinunciare agli eventi di quest’anno?"
"Assolutamente no! – esclamò Charlotte, con convinzione – Evitarli è ciò che speravo." Arricciò il naso. "Nel migliore dei casi la testa di quelle nobildonne è vuota, nel peggiore è piena di stupidaggini!” Chinò il capo. “Suppongo di apparirvi saccente e presuntuosa.”
"Forse un po' – ammise l’uomo – ma in linea di massima sono d’accordo con voi. Anch’io non amo affatto questi…eventi sociali. Anzi, cerco sempre di evitarli."
E in effetti Collin non riusciva a ricordare quando era stata l’ultima volta che aveva partecipato ad una festa. Sua sorella organizzava spesso balli e cene, ma lui aveva sempre declinato l’invito, adducendo una scusa o l’altra. Alla fine la sorella aveva smesso di invitarlo.
"Quindi comprendo perché preferiate starvene in un posto come questo ad ammuffire.” aggiunse, per stuzzicarla.
"Immagino che sarà proprio quello che farò qui. – disse lei, ignorando l’allusione – Probabilmente Zia Serafina non lascia spesso il suo palazzo."
"Non saprei – disse lui – Sono anni che manco da Peacehaven. Avevo lasciato le mie proprietà nelle mani di un amministratore ma…è dovuto andare in pensione.” Era dichiaratamente una bugia, ma ammettere la verità lo metteva in imbarazzo. Collin non voleva che quella bella signora venisse a conoscenza della sua incapacità nel gestire i propri affari. Avrebbe dovuto occuparsi lui, delle sue proprietà, e non demandare i suoi doveri ad altri.
“Nei prossimi giorni sarò molto indaffarato a rendermi conto di come vanno le cose, nella mia tenuta, e a decidere il da farsi. E’ probabile che mi cercherò un nuovo amministratore.”
Ma forse non era quella