L'Angelo Dalle Ali Nere. Amy Blankenship
aveva affrontato delle cose che lo avevano spaventato a morte... ma niente era peggio del “signore del terrore”... nonno Hogo.
«Non è necessario, tienilo lontano da me per stanotte.» le disse, sperando che il vecchio non si facesse vivo quella sera. Riusciva sempre a sbucare dal nulla quando loro erano a caccia di demoni.
Amni gli sorrise di nuovo, facendogli l’occhiolino per farlo impallidire prima di tornare al gruppo. Strinse le mani e chiuse gli occhi mentre invocava il suo potere della vista. Dietro le sue palpebre il tempo accelerò, il giorno si trasformò in notte, e lui stava volando oltre i grattacieli del centro. Amni si ritrovò improvvisamente nel cuore della città dopo il tramonto, circondato da umani travestiti per Halloween.
Sospingendo la propria vista soprannaturale in tutte le direzioni, inspirò lentamente, cercando cose fuori dal normale... ce n’erano così tante. Ombre distorte si contorcevano intorno a lui, assorbendo le persone da tutte le direzioni prima di sparire dalla vista. Spiriti che non sembravano nient’altro che ragnatele che volavano intorno a lui come se cercassero di attaccarlo, ma non c’era nulla.
Ai confini della propria coscienza, Amni iniziò a sentire qualcosa di sinistro, simile ad artigli di demoni che raschiavano il metallo. Qualcosa gridò e lui fu riportato indietro nel presente. Sentì una mano sulla spalla e incrociò lo sguardo consapevole di Yuuhi. Fu allora che Amni si rese conto di essere caduto a terra, con la sedia rovesciata.
«Nessuno deve uscire da solo, stasera.» disse mentre si allontanava da suo fratello, poi entrambi guardarono la pioggia. La sagoma svanì, lasciando che lo spazio vuoto si bagnasse.
«Stasera uscirete tutti in coppia e porterete con voi i cellulari.» ordinò Kyou, «Kamui vi seguirà da qui, quindi chiamatelo se avete problemi. Chi sarà più vicino alla vostra posizione verrà ad aiutarvi. Yuuhi e Amni rimarranno con lui, così potrà avvertirvi se scopriranno qualcosa.»
Poi guardò Kotaro e aggiunse: «Kotaro, tu e Yohji pattuglierete la piazza per conto della polizia; ovunque mandino Tasuki, Shinbe lo seguirà. Toya e Kyoko si travestiranno per mimetizzarsi e cercheranno di mantenere al sicuro la propria identità in caso di imprevisti. Saranno di pattuglia nell’area dei bambini, alla ricerca della strega». Fece un lieve cenno a Kyoko, sapendo che era quello che voleva.
«Amni, anche tu e Yuuhi farete parte della squadra “di pulizia”. Se qualcosa dovesse sfuggire di mano con troppi testimoni, dovrete essere pronti.». Li guardò per fargli capire che avrebbero dovuto cancellare la memoria di qualsiasi essere vivente, se necessario. «Suki aspetterà sul furgone per chiunque avesse bisogno di armi o di un passaggio.»
Toya incrociò le braccia sul petto, soddisfatto di essere in coppia con Kyoko, anche se ciò significava che avrebbe dovuto travestirsi per la notte dei demoni. Divenne sospettoso quando si rese conto che Kyou non aveva rivelato il proprio ruolo nel piano.
«E tu che farai?» gli chiese con diffidenza.
Kyou restrinse lo sguardo verso la finestra, sapendo che non erano più soli nella stanza. Aveva sentito lo spostamento d’aria creato da un movimento, e il potere che vi si celava era sconcertante.
«La riunione è finita.» disse con tono calmo ma autoritario per non allarmare gli altri.
All’inizio nessuno si mosse, aspettando che lui se ne andasse come faceva normalmente dopo una riunione. Quando fu evidente che non se ne sarebbe andato, uno ad uno si alzarono e lasciarono la stanza. Anche Kyoko fece lo stesso quando Kyou lasciò la presa sulle sue caviglie. In pochi istanti, la stanza si svuotò e Kyou chiuse la porta... bloccandola per non essere interrotto.
Appoggiò la schiena alla porta mentre guardava la stanza vuota.
Scansionò ogni centimetro quadrato con i propri sensi prima di alzare lo sguardo verso la finestra. Fissò intensamente un punto accanto al telaio. Capì che doveva essere la stessa entità che aveva fatto svenire Kyoko poco prima. Ma non riusciva a capire il perché. Non mostrava cattive intenzioni... quasi come se lo stesse semplicemente osservando.
Ma lui non riusciva a scacciare la sensazione di aver già sentito quell’entità. Qualunque cosa fosse, doveva scoprire i suoi segreti e il perché fosse lì. Nel frattempo, pensò quasi di mettersi a fissare il suo nascondiglio finché non si fosse mostrata o se ne fosse andata.
Darious era seduto sull’ampio davanzale, con la schiena poggiata al vetro, e aveva una gamba accavallata sull’altra. Aveva sentito tutto e la cosa gli aveva lasciato una strana sensazione di appartenenza che stava cercando di ignorare. Aveva sempre combattuto da solo contro i demoni e ora aveva finito per trovarsi in una stanza piena di... “umani” non era la parola giusta per alcuni di essi, anche se era ciò che fingevano di essere.
La prova era che quell’uomo sapeva che lui era lì anche se non poteva vederlo. Tuttavia, lo sguardo che gli stava rivolgendo era una sfida. Quel tipo dai capelli argentati non era umano... non era un demone... che accidenti era? Darious si accigliò, finché un’aura potente non attraversò la stanza, diretta verso di lui. Non lo stava minacciando... gli stava solo facendo capire che sapeva esattamente dov’era.
Darious restrinse lo sguardo... aveva sentito gli altri chiamarlo “Kyou”. Dove lo aveva già sentito quel nome? Rimase senza fiato e i suoi occhi neri divennero come pozzi senza fondo. Era impossibile.
Quando era tornato al monastero, trovandolo abbandonato e senza la statua, aveva perquisito i tunnel sotto le macerie e aveva trovato le pergamene perdute che parlavano dei guardiani. Era lì che aveva letto di Kyou e dei suoi fratelli. Gli scritti dei monaci raccontavano dei guardiani che circondavano la loro sacerdotessa e proteggevano il mondo dai demoni.
Aveva pensato che si trattasse di un mito... nient’altro che le speranze degli umani aggiunte alle terribili profezie delle pergamene. Cercò di ricordare che cos’aveva letto ma era tutto sfuggente, non aveva prestato attenzione a quelle “favole”. Aveva lasciato le pergamene dov’erano, per poi tornare anni dopo e trovarne una nuova che si riferiva ai guardiani.
Ricordava che lui era più anziano dei guardiani e che loro avevano abbandonato questo mondo nell’istante in cui il sigillo dell’inferno si era spezzato. Perfino i monaci non avevano capito perché i guardiani lo avessero lasciato solo nel momento più buio.
Adesso erano tornati e fingevano di essere umani... vivendo in mezzo a loro come se ne avessero il diritto, mentre lui era rimasto fuori al freddo, a combattere i demoni come se quello fosse il suo destino? Cosa aveva portato gli umani ad accettare i guardiani, e a guardare lui con aria spaventata? Tutto quello che gli umani gli avevano offerto non era stato altro che la solitudine.
Darious si alzò tutta la sua altezza mentre nascondeva i suoi desideri dietro le massicce pareti in cui li teneva intrappolati. Se avesse permesso a se stesso di provare qualcosa, avrebbe trovato soltanto dolore... aveva imparato quella lezione nel modo più difficile. Non aveva mai avuto bisogno di nessuno e non sarebbe successo adesso... soprattutto se gli altri erano più deboli di lui. Ringhiò silenziosamente verso l’uomo prima di andarsene, frantumando i vetri della finestra.
Kyou rimase in piedi con le mani nelle tasche dei pantaloni, lasciando che il vento gli spettinasse i capelli. Alzò un sopracciglio, chiedendosi che cos’avesse fatto per far arrabbiare l’entità. Non era riuscito a scoprire che cos’era... eppure, la sensazione di familiarità lo perseguitava. Qualcosa gli diceva che quella non sarebbe stata l’ultima volta che le loro strade s’incrociavano.
Voltandosi verso la porta, fece un sorriso consapevole. La aprì di scatto e fece un passo indietro appena in tempo per vedere tutti cadere verso l’interno.
Era usciti dalla stanza ma, non appena lui aveva chiuso la porta a chiave, si erano accalcati premendo le orecchie sul legno lucido. Furono colti di sorpresa quando la porta si aprì bruscamente, e caddero a terra.
«Suppongo che dovrò rieducare le vostre abilità di spionaggio.» disse Kyou prima di uscire dalla stanza, «Suki, chiama gli operai per far riparare la finestra.»
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Toya si aggiustò il colletto della camicia