Cian. Charley Brindley
href="#ulink_b829d007-d2ef-5173-8b78-9a931f311b76">Capitolo Trentatré 357
Capitolo Uno
Sentimmo del trambusto più avanti, vicino la fine del molo, dove una luce di sicurezza illuminava un furgone delle consegne rosso, vicino un container di grandi dimensioni. Uno strano animale strisciò attraverso uno stretto passaggio tra il container e il furgone, e corse verso la libertà. Due uomini inseguirono la creatura spaventata.
“Oxana ci farà il culo per questo!” gridò in portoghese uno degli uomini.
“Ox,” gridò correndo il secondo uomo, “appenderà la tua pelle alla parete, non la mia.”
L’animale - una qualche specie di antilope, con lunghe corna ricurve- non era certamente nativo del Sud America. Galoppò attorno al lato anteriore del furgone e sparì dalla vista.
“Dov’è la tua pistola, Silveira?” gridò il primo uomo. “Spara a quell’animale nei piedi prima che scappa!”
Rachel e il suo cane, Hero, erano parecchi metri avanti a noi e apparentemente determinati a non perdersi la scena dell’inseguimento.
“Rachel!”, gridò mia sorella Kaitlin correndo verso la figlia di nove anni.
Raggiunsi Kaitlin proprio quando fermò la bambina, prendendola per lo zaino. Provai a trattenere Hero ma mi sfuggì e corse abbaiando verso i due uomini. Sparì sotto il furgone e dall’altra parte venne un colpo di pistola.
“Zio Saxon!” Rachel piangeva cercando di liberarsi dalla ferma presa della madre. “Hanno sparato al mio cagnolino.”
Hero tornò indietro a gran velocità e saltò in braccia a Rachel. Era incolume ma tremava dalla paura.
“Vado a metter fine a questa assurdità,” dissi. “Non è un posto in cui sparare.” Mia sorella o Rachel potevano esser colpite da un proiettile vagante.
“Saxon.” Kaitlin si guardò intorno al molo vuoto. “Andiamocene da qui.”
Allungai la mano, agitandola avanti e indietro, mentre andavo verso il furgone. “Sono solo in due.”
L'alba era a pochi minuti da quei moli, dove un incrocio di strade nella giungla si estendeva lungo un ampio squarcio di foresta scavata sulle rive del Rio Negro. Diciotto chilometri a valle, l'acqua fangosa del fiume si riversava nel verde intenso del vorticoso Rio delle Amazzoni. Il lontano centro di scambi di Manaus, situato nel profondo cuore del Sud America, si stava appena svegliando in quel mattino d’estate tropicale.
Mi girai di fianco per infilarmi, insieme allo zaino, tra davanti del furgone e una pila di casse. Dal furgone si sentivano dei ringhi ovattati. Il fondo del veicolo era coperto da un telo mimetico, per nascondere gli animali al suo interno.
Poco prima di giare attorno al furgone, sentii un tonfo. I due uomini erano sul bordo del molo, guardando verso l’acqua Uno di loro - Silveira, credo - aveva un revolver.
“Ti avevo detto di sparare a un piede,” disse l'altro uomo. Era calvo, con un anello di capelli marrone topo all’altezza delle orecchie. “Adesso dobbiamo raccontare di non averlo trovato.”
Quando guardò verso il suo compagno, potei vedere i suoi folti baffi neri. Silveira aveva una mascella pesante ombreggiata da una folta crescita di due giorni di baffi arruffati, e i suoi capelli unti pendevano in ciuffi. Era molto più alto dell’uomo calvo, e insieme sembravano una coppia di teppisti.
“Almeno Oxana non saprà quanto sei stupido,” disse Silveira. “Hai fatto scappare quella cosa, ho dovuto fermarla.”
Decisi di trattenere il mio coraggio come aveva fatto Hero, ma prima che potessi andar via un altro ringhio proveniente dall’interno del furgone attirò l'attenzione dei due uomini. Quando Silveira mi vide nascose velocemente la pistola dietro la schiena. Avvicinandosi, i suoi piccoli occhi mi fulminarono da sotto le sopracciglia folte da uomo delle caverne. L’uomo basso esitò, poi lo seguì.
“Bom dia”, dissi in portoghese, cercando di comportarmi in modo smarrito, stupido e completamente ignaro di ciò che era appena successo. “Conosce la strada per Alichapon-tupec?”
L’enorme uomo delle caverne Silveira si fermò, apparentemente stupito di sentire la sua lingua. Il secondo uomo si fermò accanto al suo compagno. Dopo un momento, mi parlò.
“Non è abituato a questo modo di rivolgersi.”
Inglese? Ma prima parlavano in portoghese.
Non volevo fargli sapere che avevo visto o sentito qualcosa.
L’uomo calvo si avvicinò a Silveira e gli sussurrò qualcosa, tenendomi d’occhio. Mentre Silveira annuiva al suo amico, qualcuno chiamò il mio nome.
“Saxon,” disse Kaitlin dall'altra parte del furgone. “Stanno arrivando degli uomini.” Anche lei parlò in portoghese.
L’uomo basso mise velocemente la mano dietro la schiena del suo compagno, dove c'era la pistola. Kaitlin fece il giro del furgone, seguita da Rachel con ancora in braccio Hero. Il cane ringhiò ai due uomini.
“Sono circa una dozzina.” Kaitlin strinse le mani attorno alle cinghie del suo zaino è annuì verso la direzione da cui stavano arrivando. “Uno di loro sembra un poliziotto.” Parlava con me ma guardava Silveira e il suo compagno.
Ovviamente, i due uomini riuscivano a capirla. Si scambiarono uno sguardo, tornarono verso il loro furgone, salirono e chiusero le portiere dietro di loro.
“Andiamo,” mi sussurrò Kaitlin, “dobbiamo andare.”
“Va tutto bene,” dissi. “Il poliziotto si occuperà di loro.”
“Idiota,” sibilò lei andandosene. “Non arriverà nessuno.”
Rachel e io la seguimmo.
* * * * * *
Un’ora dopo uscii dal piccolo cafè, dal nome appropriato Extremidade das Docas, La Fine dei Moli, per cercare una guida. Lasciai mia sorella e mia nipote a finire la loro colazione, e andai ad esplorare i moli traballanti oltre la zona commerciale, portandomi dietro una tazza di caffè caldo.
Arrivai a un molo di legno e sabbia che si estendeva nel fiume. Era deserto, tranne per una persona seduta alla fine. Buttai la tazza vuota in un cestino e camminai lungo il molo Magari avrei chiesto informazioni sulla pesca.
Quando mi fermai accanto alla persona seduta, una giovane ragazza , lei mi diede una rapida occhiata dagli stivali in pelle ai pantaloni color khaki fin su al cappello. I suoi occhi esitarono sul mio vecchio accendino Zippo infilato nella fascia del cappello. Riportò la sua attenzione all'acqua.
Sopra la cintura era nuda, ad eccezione di un amuleto appeso al collo da una striscia di pelle. Mi girai per guardarla meglio.
“È un modem IBM?”
Strinse gli occhi su di me come se avessi detto qualcosa di sbagliato. Aveva una gonna di tessuto damascato, sedeva con un ginocchio alzato e un piede sulle assi del molo. L’altra gamba, rozzamente intagliata da un pezzo di mogano, penzolava nell’acqua fangosa.
Mi ignorò e tirò fuori un topo da una borsa di tela, e lo lanciò ai piranha. Aveva un’espressione fredda, come se non le importasse quale creatura mangiasse l’altra, fintanto che una divorasse l’altra.
Quel modem non era una cosa primitiva che ci si aspetterebbe di trovare nella natura selvaggia, ma un moderno dispositivo creato per comunicazioni rapide, largo un pacco di gomme e sottile come un dito. Su un lato era stampato IBM, seguito da USB, probabilmente veniva da un portatile ed era di recente costruzione. Un filo di pelle passava attraverso un buco in un angolo, e triangoli di soffice pelo animale ne