Sotto La Luna Del Satiro. Rebekah Lewis
bluff. Aveva visto la sua attrezzatura abbandonata fra i cespugli mentre la inseguiva. «Mi piacerebbe vederlo provarci. Tuttavia, se davvero c’è un fidanzato tra questi boschi, sicuramente starà facendo un pisolino. Vedi, la canzone che stavo suonando prima tende a rendere gli uomini un po’ sonnolenti, quando le loro ragazze decidono di seguirla. D’altronde, nemmeno un marito o un padre scontroso potrebbero salvarti ora. Arriverei persino a combatterli per te.»
«Ti prego, non farmi del male. Sono una brava persona. Me ne andrò e non dirò a nessuno che ti ho visto. Non denuncerò né te né niente di tutto questo. Non lo racconterò nemmeno al mio ragazzo, ma… per favore…» Sbatté furiosamente le palpebre.
La determinazione di Ariston vacillò e il senso di colpa gli lacerò il petto. Se lo strofinò. Le aveva dato l’impressione di essere un pervertito, troppo aggressivo e strano. Aveva gli zoccoli, per l’amor degli dèi! Forse avrebbe fatto meglio a lasciarla andare. Lasciare che continuasse a vivere la sua vita nella beata ignoranza della propria vera natura. Tuttavia, aveva lasciato andare Dafne e si era maledetto per secoli, sebbene nel suo cuore sapesse che era stata la cosa giusta fare.
Che il Fato sia maledetto per ciò che sto per fare. Voleva essere di nuovo umano. Gli si era presentata una seconda occasione, finalmente e la ragazza non sapeva nulla. Ariston avrebbe sconvolto il suo mondo e non solo sessualmente. Certo, avrebbe avuto solo una settimana per convincerla ad accettarlo.
«Non ti farò del male.» Ariston ammorbidì il suo tono. «Ma non posso lasciarti andare fino a dopo l’eclissi. Ho bisogno del tuo aiuto per una cosa importante. Poi potrai andartene… se lo vorrai.»
La ninfa si guardò intorno in cerca di una via di fuga. «E se non volessi aiutarti?»
«Lo farai. Forse non vuoi adesso, ma crollerai di fronte ai miei metodi di persuasione.»
«Ne dubito.»
Ariston le rivolse un ampio sorriso. «Mi divertirò a dimostrarti che ti sbagli.»
Moretta spalancò la bocca, ma non replicò. Evidentemente, riteneva che scappare fosse l’opzione migliore, perché tentò la fuga. Di nuovo. Peccato che non possa lasciarti scappare. Ariston rise, inseguendola. Prima o poi la ninfa si sarebbe stancata, ma non lui.
L’aveva quasi raggiunta, aveva quasi circondato la sua esile vita con le braccia, quando Moretta scivolò su una pozzanghera di fango, sfuggendo alla sua presa. Un sonoro plop riecheggiò tra i tic tac della pioggia e il rumore di un tuono che risuonava in lontananza. La ragazza non si rialzò.
Ariston corse verso di lei, tutto il divertimento svanito. Quando le sollevò la testa per controllare i danni, vide la radice nodosa e sporgente responsabile del suo stato di incoscienza. La pioggia si fermò, veloce come era iniziata. È decisamente lei a causare questi cambiamenti climatici.
Dato che non sembrava aver subito altre lesioni a parte il colpo in testa, Ariston prese Moretta tra le braccia. Qualcosa in lei lo stimolava e non solo sul piano sessuale. Abbassò lo sguardo su di lei, non riuscendo quasi a credere che esistesse davvero, mentre il contatto con il suo corpo caldo gli accendeva nelle vene scintille di consapevolezza.
La ninfa era incantevole. Ed era anche coraggiosa, perspicace e intelligente. Ariston non avrebbe potuto chiedere di meglio in una donna. Fuggire da lui era stata una scelta saggia. Fortunatamente per lei, non avrebbe potuto assecondare le sue intenzioni decisamente poco caste. Per ora. Ciò gli avrebbe concesso del tempo per accattivarsela.
“Non arrenderti mai, Ariston. Troverai la tua ninfa, un giorno. Non oggi, ma un giorno. L’ho vista ed è molto bella. Proteggila.” Le parole pronunciate da Dafne tanto tempo prima gli risuonarono nella testa.
Era Moretta la ninfa che aveva predetto? Ariston le premette una mano contro la guancia e deglutì. Zeus misericordioso, poteva davvero convincerla a restare insieme a lui? Poteva guadagnarsi la sua fiducia, il suo desiderio?
Da che cosa avrebbe dovuto difenderla, oltre che da se stesso?
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