Piccole anime. Matilde Serao
ma inteso che la maltrattavano. Neppure lassù erano buoni con lei. Ella era lacera, scalza, brutta: i suoi grandi occhi spalancati mettevano paura, la sua testolina arruffata e selvaggia faceva paura. Ora la fame riappariva feroce, mettendole un fuoco nel petto, straziandola. Si trovava presso la Boulangerie française, donde usciva un odore di pane e di pasticcini che la faceva svenire. Offriva i suoi fiori macchinalmente, senza poter più parlare, con un singhiozzo lento che le sollevava il petto. Un soldato passò e comprò un garofano: dette un soldo. La bimba entrò nella panetteria e comprò un panino da un soldo. Le bastava. Voleva andar via. Ricominciava ad aver paura. Quelle carrozze la stordivano, lei che voleva passare dall’altra parte. Prese la rincorsa, abbassando il capo... Nella carrozza una signora gittò un grido e svenne.
Ma sulla via, presso il marciapiede, agonizzava una innocente creatura, con la gambina [pg!031] sfracellata. Agonizzava, giacente fra i garofani che le si erano sparsi d’attorno, stringendone uno sul petto, tenendo il panino nell’altra mano, con la faccia bianca e seria, la bocca socchiusa, coi grandi occhi meravigliati e dolorosi che guardavano il cielo.
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