Quartetto. Alfredo Oriani

Quartetto - Alfredo Oriani


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la fronte; o i mostri, che addentavano meravigliati la carena della tua nave, tentavano rattenerla nel suo viaggio fatale. Ma quando la terra del mistero, lacerando i veli di un mattino, sfolgorò ai tuoi occhi di profeta, il tuo cuore, che aveva resistito a tutti i colpi della fortuna, fu percosso mortalmente, e, guardando la cima più alta di una scogliera, l'additasti ai tuoi compagni di eroismo: là. E là ignoto così alla patria, che avevi abbandonato, come all'altra che hai scoperto, senza poesia e senza storia, tu sei il più grande fra i grandi, se la grandezza di un imperatore si misura a quella del suo impero, e la statura di un cadavere a quella della sua fossa. Non hai tu l'America per regno, e l'America per sepolcro? Io non ho nulla, un violino ed una corda; la ricchezza di ogni impiccato, un legno ed un laccio. Il vento della notte si è quetato: sentite come il silenzio pesa nell'ombra, e come l'aria si è fatta densa. Avete mai pianto, signora? Avete mai fatto piangere? La ferita che sanguina e il dolore che lagrima, non essendo mortali, sono quasi sempre curati; ma la scienza non ha rimedi per le ferite incruente, nè la pietà consolazioni per i dolori muti. Non vi sono ospedali per i malati dell'anima, non vi sono ricoveri per gli invalidi del pensiero. Voi siete bella e ricca, nobile e giovane. Nata nell'accampamento dei conquistatori, sotto una tenda di seta, siete sempre passata per il mondo nei carri della vittoria. Le livree dei vostri servitori sono più splendide del mio abito di rapsodo; i cavalli della vostra calesse avrebbero potuto servire per la biga di Cesare. Quando, sola o a braccio di qualche principe, vi chinate a cogliere un fiore del vostro giardino, non avete mai pensato che centomila povere donne errano pei campi cercando un filo di gramigna, o frugano coll'unghia la terra per scovarvi una patata. Buona come tutti quelli, che ignorano, siete naturalmente insensibile come tutti quelli, che non hanno sofferto. Il vostro appartamento è ammobigliato come la più doviziosa fantasia di poeta: il vostro cuore è gremito di una folla sfarzosa come un teatro. Qualche volta vi sono entrato, ma come uno straniero, al quale la volgarità dell'abito non attirava nemmeno l'attenzione; e ne sono uscito poco dopo come uno straniero che non aveva amici fra quella folla. Sempre che v'incontro, mi pare che voi passeggiate per il mondo, ed io vi viaggio col violino sul dorso, facendomene il giorno un istrumento per vivere, la notte un guanciale per dormire. Nato fra gli schiavi, mi toccò l'ufficio anche più miserabile di divertire i padroni con la musica, come le schiave mie sorelle con la loro bellezza. Esse mi ammirano e mi disprezzano, io non li disprezzo e non li ammiro. Fra lo scoppio degli applausi non sento mai una voce che mi parli, nelle sospensioni più anelanti del silenzio non veggo nessun volto, che mi comprenda; i fantasmi delle mie musiche traversano invisibili le sale, e si perdono al di fuori, nella notte, come una processione di defunti. Quanti ne avete contato, signora, questa sera? Forse uno, forse meglio nessuno. Un solitario non è forse un incompreso, altrimenti perchè sarebbe solitario? Nullameno il mio braccio non fu mai più potente, nè la mia anima più commossa. Avevo ancora una speranza nel cuore, povera ammalata, alla quale non aveva giovato il sole di nessun clima e la brezza di nessun mare, e che è morta di freddo, come muoiono tutti gli ammalati. Avete sentito l'ultimo rantolo della sua voce, l'ultimo sguardo dei suoi occhi? Essa è morta in questo gabinetto, mentre voi non l'ascoltavate nemmeno morire! Ascoltatemi dunque — Addio, ultimo vapore del mare disseccato, ultimo rumore della terra deserta. Figlia della fede, che illumina, e della carità, che riscalda, tu sei morta nelle tenebre, come la fede che è una luce, e nell'acqua, come la carità che è un fuoco. Che avresti tu fatto nella solitudine del mio pensiero, che avresti tu detto nel silenzio del mio cuore? Addio dunque, figlia primogenita dell'ideale, sorella cadetta del dolore. Il cielo è nero, il tempo è freddo. Dove vuoi tu che ti seppellisca? Nel deserto, il Simoum verrebbe a scoprirti, dopo che le sabbie avrebbero corrosa la tua bellezza di morta: nel mare, sei troppo leggiera, e galleggeresti eternamente alle pioggie ed al sole. Poichè non ami più il canto degli uccelli e il profumo dei fiori, l'oasis non ti è sepolcro conveniente: e giacchè sei morta per tutti, il mausoleo dell'arte coi suoi cadaveri di marmo non potrebbe ricordarti a nessuno. Nullameno mi bisogna pur seppellirti. Se il cielo non può ricevere il tuo spirito, perchè tu eri una virtù della terra, e la terra non può ricevere il tuo corpo di vapore e di luce, ti depongo sotto questo baobab antico, e ti abbandono. Dormi adunque in pace, tu, che vegliavi anche nelle mie notti; riposa dunque nel sonno, tu, che non eri mai stanca. Addio per sempre. Addio, speranza, che salisti per tutte le sfere della vita; addio, granito, che diventasti terra; terra, che diventasti fiore; fiore, che diventasti colomba; colomba, che diventasti donna: addio, donna, che fosti rassegnazione; addio, uomo, che fosti costanza; addio, amore, che fosti generazione; addio, generazione, che volevi essere immortalità; addio, speranza, che sei vissuta e sei morta, sei morta e non risorgerai. Senza lagrime, perchè le lagrime sono dei fanciulli, e tu sola in me sapevi piangere: senza lamenti, perchè i lamenti non erano che l'espressione della tua impazienza, e adesso sei paziente, perchè sei morta, ti depongo qui nell'abbandono. Addio, passato, che dilegui; futuro, che dissipi; presente, che ti risolvi. Addio, speranza; addio, mamma della mia morte; addio, figlia della mia vita. — Adesso il mio strumento non ha più che una corda, e la mia vita un giorno; però se si romperanno ad un tempo, la corda farà forse più rumore della vita. Tutto è finito, vi ho detto tutto; e voi non potete aver compreso. Forse se sapeste che la mia vita è sospesa a questa corda, e che io stesso col coraggio del giustiziato, il quale accelera il proprio supplizio, l'ho tentata con tutti gli sforzi; se poteste sentire come cede, e cosa dicono i suoi stridori, e cosa tace il mio silenzio: se in quest'ultimo minuto, coll'audacia di chi ha davanti a se stesso l'eternità, solo, nell'ombra che è già la morte, e nel silenzio che è già l'oblio, vi urlassi la mia indicibile parola, rompendo nel suo singulto la corda:

      Ah!

      E la corda si ruppe con uno schiocco violento. Egli alzò la testa, che teneva piegata sulla tastiera, e lasciandosi cadere l'arco con un gesto trasognato, andò lentamente ad abbattersi sopra una poltrona.

      La notte era buia, il gabinetto era nero.

      Allora la signora, levandosi adagio, venne ad appoggiarsi come una visione alla spalliera della poltrona. Una pallidissima aureola bionda parve tremarle sulla testa. Poi si chinò sopra di lui colla lentezza di un'ombra, s'intese un soffio, e l'aureola si spense.

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