Passione E Bugie. Dawn Brower

Passione E Bugie - Dawn Brower


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faccia a faccia con Miguel Santiago. Tutto il lavoro che aveva fatto fino a quel momento puntava a questo incontro. Desiderò ardentemente trovare il coraggio di fuggire e lasciare l’incarico. Smetterla con tutte quelle bugie, che la facevano sentire una crumira nei confronti dell’uomo che amava! Se non ci fossero stati tutti quei misteri, sarebbero stati felici, lei e Eric.

      "Miguel!" chiamò Eric.

      "Ah, sei qui!” si voltò un uomo nei pressi. Aveva la pelle abbronzata, i capelli scuri e gli occhi color cioccolato. Era quasi ... carino. "Chi è questo angelo al tuo fianco?"

      "Ti presento Victoria Martel.” disse Eric.

      "Per favore, chiamami Vivian.” disse lei. Odiava le bugie, ma non c’era scelta.

      Miguel le prese cavallerescamente la mano e la sfiorò con le labbra: “Estasiato.” sussurrò.

      Vivian dovette ricorrere a tutto il suo auto-controllo per non tirare via la mano con disgusto: quel vile assassino aveva osato toccarla! S’incollò un sorriso tirato sulla faccia. Sperò che apparisse come una smorfia di timidezza, ma temette che l’uomo avesse una vista radar. “Finalmente conosco l’uomo con cui lavora il mio Eric!” esclamò.

      "Spero che vi divertirete. Servitevi liberamente di tutto: abbiamo cibo e champagne in abbondanza.” rispose cortesemente l’uomo. Fece un cenno col capo a un cameriere con un vassoio di cocktail. “Prego, servitevi pure. Ci vediamo più tardi.” E li lasciò.

      “C’è parecchia gente! - esclamò Vivian, rivolgendosi a Eric - Li conosci tutti?”

      "No, ma vedo laggiù un tizio con cui vorrei scambiare quattro chiacchiere. Ti dispiace?”

      "Affatto.” rispose lei, conciliante. Afferrò a volo una coppa di champagne dal vassoio del cameriere - Mi annoierò, ma vai pure.”

      Vivian aveva dei sospetti, ma se li tenne per sé. Si accomodò su un divanetto e, sorseggiando il suo champagne, tenne fissa l’attenzione su Eric. Lui parlottò per qualche istante con il tizio, poi insieme si diressero fuori. Vivian imprecò mentalmente e mise giù lo champagne. Doveva seguirlo e capire cosa stava combinando.

      S’infilò nella porta in cui si era dileguato Eric e si trovò completamente al buio. Ci volle qualche secondo perché i suoi occhi si abituassero all’oscurità, e capì che si trovava in un lungo corridoio. Lo percorse tutto, lasciandosi guidare da qualche raggio di luce che sembrava provenire dall’esterno, finché non arrivò ad una porta. L’aprì e si trovò in giardino. Da lontano scorse Eric impegnato in una vivace discussione con l’uomo. Non riusciva a vedere bene la faccia del tizio. Era Miguel?

      Si avvicinò di soppiatto, sperando di cogliere qualche frammento della conversazione, ma non riusciva a distinguere bene ciò che si stavano dicendo. Poi un enorme boato le devastò i timpani e vide Eric sbalzato all’indietro. Capì di essere ferita, ma si trascinò verso Eric, gemendo e nel panico completo. Inciampò in qualcosa e cadde con la faccia in avanti. Colpì il suolo con violenza e una fitta di dolore le arrivò alla testa. Non riusciva a connettere: cos’era successo? Qualcuno le aveva sparato? Si era trattato di una bomba? Eric era morto, ferito? Non lo vedeva da nessuna parte. Una lacrima le rotolò sulla guancia. Alla fine cedette al dolore e perse conoscenza.

      CAPITOLO UNO

       Due anni e mezzo dopo…

      Eric fissò il suo amico privo di sensi, Wes Novak, e aggrottò la fronte. Era arrivato troppo tardi. Miguel aveva Vivian, e probabilmente la sua gemella Vittoria. Aveva sbagliato. Il suo piano era fallito molto tempo prima e sarebbe dovuto uscire dalla clandestinità. Vivian era più importante di ogni altra cosa, per lui. Aveva simulato la sua morte per salvarla. Aveva pensato che se fosse morto lei sarebbe stata al sicuro. Aveva sempre saputo chi era lei: Vivian Miene, l'amore della sua vita. Lo sapeva anche quando aveva finto di essere Vivian Martel. All'inizio lo aveva attratto di lei che lavorasse sotto copertura, poi quando aveva capito quanto l’amava era rimasto terrorizzato. Avrebbe dovuto dirle la verità. Eric avrebbe dovuto portarla con lui, quando aveva inscenato la sua morte. Quanti errori ... Ma adesso basta coi rimpianti. Doveva salvarla, e per farlo avrebbe avuto bisogno dell'aiuto di Wes. Prese una tazza da un tavolo, la riempì d'acqua e gliela rovesciò addosso. L'acqua piovve come una fontana sulla faccia di Wes, che si riprese sputando e imprecando: “Che diavolo…"

      "Alzati e risorgi, principessa!” lo canzonò Eric, inginocchiandosi davanti a lui.

      Wes si asciugò l'acqua che gli gocciolava dagli occhi e cercò di mettere a fuoco la vista. Rimase paralizzato, quando scorse Eric. Si strofinò gli occhi, mormorando: “Devo avere le traveggole…”

      "No, sono davvero io.” lo rassicurò Eric.

      "Non capisco, come è possibile?"

      "È una storia lunga e ora non ho tempo di spiegartela” Eric si alzò e gli tese la mano. " Alzati, abbiamo un mucchio di cose da fare.”

      Wes rimase immobile. Non era ancora completamente in sé ed Eric si sentiva parecchio stizzito. Non voleva che Wes scoprisse che era vivo. Era una mossa azzardata, ma Eric l’aveva fatta per salvare il suo amico. Tuttavia, adesso lo aveva messo doppiamente in pericolo: chiunque avesse capito che lui non era morto rischiava la vita, e ad Eric non piaceva che qualcuno pagasse per i suoi errori.

      "Tori ..." Wes si guardò freneticamente intorno, a mano a mano che riprendeva conoscenza. E’ chiaro che i suoi primi pensieri sarebbero andati alla donna che amava.

      Non riusciva a guardare Wes negli occhi. Dio, che casino! " L’ha presa Miguel. Lei e la mia Vivian. Dobbiamo tirarle fuori di lì.” Maledizione! Troppi errori! “Miguel l’ha scambiata per Vivian. Ormai deve aver capito che ha rapito due gemellee” Era da allora che le cose si erano complicate, dopo l’abbaglio di Miguel.

      Wes balzò in piedi. "E come faremo?"

      "Ho un piano, ma ho bisogno che tu mi dia una mano perché da solo non posso farcela.” Ormai Miguel doveva anche aver saputo che lui non era morto. Era per questo che aveva rapito quelle donne, per stanarlo. Bene, se era questo che voleva quel bastardo, lo avrebbe accontentato! Questa volta l’avrebbe pagata una volta per tutte!

      Eric andò in confusione. Era convinto che Wes l'avrebbe aiutato, ma ora temeva che potesse dirgli di no. Avrebbe dovuto metterlo in conto. " So dove le ha portate. Andiamo. Strada facendo ti spiegherò cosa ho in mente di fare.”

      "Se non ti dispiace vorrei saperlo prima. Non mi va di rischiare la vita senza sapere a cosa vado incontro.”

      Eric gemette. Non voleva sprecare il poco tempo che gli rimaneva. Ma perché diavolo Wes non si fidava e basta? Era questione di buon senso! "Ti ripeto che non c’è tempo per scendere nei particolari!” sibilò.

      "Beh, trovalo.” s’impuntò Wes.

      "Wes, per favore, ti supplico: vieni con me e basta!”

      "Ok, ma non mi piace. Ti consiglio di spiegarmi tutto mentre andiamo.”

      Eric annuì. “Te lo prometto.”

      Wes lo seguì fuori e salì sul lato passeggero di una Ford Escape nera. Eric accese il motore e guidò velocemente l’auto fuori del parcheggio. I due uomini rimasero in silenzio per qualche minuto, poi Wes esclamò: “Ok, allora?”

      A quanto pare Wes non era disposto ad andare avanti alla cieca.

      "Che vuoi sapere?" mugugnò Eric, continuando a guidare.

      "Perché non mi hai detto che ti eri salvato?”

      "Non avevo intenzione di tornare. L’ho fatto solo quando Miguel mi ha messo alle strette.” Aveva i suoi informatori, come Miguel aveva i propri. Non appena qualcuno gli aveva riferito del rapimento, era dovuto uscire allo scoperto. E ora la vita di Vivian era in pericolo…

      "Dove sei stato tutto questo tempo?"

      Eric sospirò. "Ho lavorato per la CIA. Non sono rimasto negli Stati Uniti. Non posso dirti altro,


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