I Vostri diritti in Germania. Alessandro Bellardita
dell’esistenza di partiti di estrema destra in Germania – di qualsiasi colore o forma essi siano. In questo contesto rientra il fenomeno – oramai affermato – dell’ascesa dell’Afd (Alternative für Deutschland). E se proprio in Germania un partito di estrema destra riesce ad ottenere per la prima volta dal dopoguerra 94 seggi nel parlamento (Bundestag), come accadde nelle elezioni politiche del 2017, bisogna cominciare a chiedersi se la Costituzione tedesca – a differenza della Weimarer Reichsverfassung – è veramente abbastanza forte per resistere a questa radicalizzazione del panorama politico tedesco.
Il Grundgesetz attribuisce alla Corte Costituzionale federale la valutazione sulla incostituzionalità di un partito politico. Il Bundesverfassungsgericht ha, dunque, il monopolio nel divieto di un partito che non rispetta le regole della democrazia. Il sistema democratico tedesco si autodefinisce wehrhafte Demokratie, vale a dire una democrazia in grado di difendersi.
Ebbene, è appena il caso di ricordare che il Parteiverbot, la messa al bando di un partito, fu, prima, nel 1952, applicata nei confronti dell’Srp, il partito neonazista e, dopo, nel 1956, nei confronti del Kpd, il partito comunista, erede della tradizione politico-ideologica di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht. In quella circostanza, i pochi seggi comunisti, il crollo dei consensi, e la completa innocuità, conseguenti anche alla nascita della Rdt nel 1949, non valsero minimamente a inibire la decisione della Corte Costituzionale nei confronti di Die rote Fahne, la bandiera rossa. Infine, il Parteiverbot fu riconfermato come istituto dal Parteiengesetz, la legge generale sui partiti politici del 1967, che, tuttavia, non impedì la costituzione, nel 1968, di un nuovo partito comunista, il Dkp, liberamente consentito dal governo di Bonn.
Nel 2016, tuttavia, il partito di estrema destra Npd non fu messo al bando: fu il secondo gran rifiuto della Corte Costituzionale, che già nel 2003 respinse la richiesta. Fu il Bundesrat, che rappresenta le regioni, ad aver provato a far vietare il partito neo-nazista. Per la camera delle regioni, il partito fondato nel 1964 “intendeva destabilizzare l’ordine democratico”. L’Npd, secondo la Corte, tuttavia, non poteva essere escluso dalla vita politica del paese perché non rappresentava una vera minaccia all’ordine democratico: con queste motivazioni la richiesta del Bundesrat fu respinta all’unanimità33.
E cosa accadrebbe se una vera e propria minaccia giungesse dalle fila dell’Afd? Finora i „pezzi da novanta“ del partito di estrema destra non ci hanno risparmiato uscite, a dir poco, scandalose: Alexander Gauland, esponente di „spicco“ dell’Afd, durante un incontro con l’ala più radicale, il leader della destra tedesca, ha scandito che “abbiamo il diritto di essere orgogliosi su quanto fatto dai soldati tedeschi in due guerre”. In un’altra occasione Gauland stesso aveva suscitato una bufera augurandosi che una ministra regionale all’Integrazione di origine turca venga “liquidata in Anatolia” – nel senso di fatta fuori! Per non parlare del leader antisemita in Turingia, Björn Hoecke, che in passato dichiarò apertamente che “non tutto di Adolf Hitler” sia “da buttar via” e che il monumento berlinese all’Olocausto sia “una vergogna”.
Ma basta tutto questo per vietare l’Afd? La Corte Costituzionale esige una costanza e un incremento della denigrazione della democrazia e delle sue istituzioni, dell’esaltazione dei principi, metodi e simboli propri del partito nazista e della minaccia e l’uso della violenza quale strumento di lotta politica. Osservando la strategia dell’Afd, che adotta i metodi di partiti populisti come il FN in Francia oppure la Lega in Italia, è difficile immaginare una messa al bando del partito blu, in quanto capaci di mobilizzare le masse estreme senza ricorrere alla violenza esplicita. Cosicché ai partiti democratici non resta altro che difendere i valori della democrazia all’interno del parlamento e dell’opinione pubblica.
17 Giovanni Pico della Mirandola, Oratio de hominis dignitate, a cura di Eugenio Garin, Edizioni Studio Tesi, 1994, p. 5.
18 Immanuel Kant, Grundlegung zur Metaphysik der Sitten, Reclam, 1986, p. 22.
19 Francesco Marescalco, Il diritto di avere diritti. Storia, natura e giudizio nel pensiero politico di Hannah Arendt, Aracne, 2020, p. 12.
20 Hannah Arendt, Wir Flüchtlinge. In M. L Knott (Hg.), Hannah Arendt. Zur Zeit, Rotbuch, 1943, p. 7-21.
21 Sentenza del 21.5.2004 – numero d’ordine: 2 StR 35/04.
22 Sentenza del 14.12.2004 – numero d’ordine: 2 BvR 1249/04.
23 La morte di George Perry Floyd, cittadino americano, avvenuta il 25 maggio 2020 a Minneapolis (Minnesota), fece scalpore perché causata da un arresto da parte di alcuni agenti di polizia, uno dei quali Derek Chauvin, che tenne immobilizzato Floyd per molti minuti, gravando il suo ginocchio sul collo. La morte di Floyd causò molte manifestazioni di protesta contro l’abuso di potere da parte della polizia, accusata anche di comportamenti razzisti.
24 How to Do Things with Words. The William James Lectures delivered at Harvard University in 1955, p. 7, Oxford 1975.
25 Vedi su Elisabeth Selbert: Karin Dalka, FRANKFURTER RUNDSCHAU, Sternstunde einer Heldin, 19.10.2014, p. 24–26; Antje Dertinger, Elisabeth Selbert. Eine Kurzbiographie, Hessisches Frauenministerium, 1986.
26 Bellardita/Neureither, Zwischenprüfungsklausur - Öffentliches Recht: Turban statt Helm?, JuS 2005, 1000, 1003.
27 DER SPIEGEL, Seehofer spricht von “Schande für unser Land“, 10.10.2019.
28 Sentenza del 24.9.2003 – numero d’ordine: 2 BvR 1436/02.
29 Jürgen Habermas, Wahrheit und Rechtfertigung. Philosophische Aufsätze, Suhrkamp, 1999, p. 37-41.
30 SÜDDEUTSCHE ZEITUNG, Strafverfahren gegen Böhmermann eingestellt, 4.10.2016.
31 Berlinguer, Discorso sulla cultura, Tre Lune Edizioni, 2014, p. 12.
32 Epist., I, 10, 24.
33 Sentenza della Corte Costituzionale del 17.1.2017 – numero d’ordine: 2 BvB 1/13.
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