Conquista Di Mezzanotte. Arial Burnz

Conquista Di Mezzanotte - Arial Burnz


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di lui, ma la debolezza dominava il suo corpo. “No”, cercò di dire attraverso il groppo che aveva in gola, soffocando le lacrime che le pungevano gli occhi. “Non potete lasciarmi a tutto questo. Per favore... finite il vostro lavoro.”

      Lui le mise un dito sotto il mento. “Andrà tutto bene.” Le posò il palmo sulla fronte e la mente di Davina divenne nebbia. Poi tutto diventò nero.

      * * * * *

       Il cielo sopra di lei era cosparso di stelle e la luna era ormai alta. Davina si sedette, con la testa che girava, e toccò il bernoccolo che pulsava dietro il cranio.

      “Grazie a Dio!” esclamò una profonda voce maschile. Una figura indistinta si inginocchiò davanti a lei e Davina si sforzò di schiarirsi la vista, per cercare di identificarla. “Cosa pensate?”

      Lei aggrottò le sopracciglia confusa e con un gran caos nella testa. “Cosa...?

      “Mi scuso. Forse sono stato troppo zelante nel cercare di salvarvi da voi stessa.” Quando Davina provò ad alzarsi, le mani calde dell'uomo sulle sue spalle la spinsero di nuovo giù. “Credo che abbiate bisogno di rimanere seduta ancora per un momento. Sapete dove vi trovate?”

      Davina perlustrò la zona con lo sguardo, mentre il mondo iniziava ad apparire. Era seduta al centro della radura nella foresta, che frequentava quando era in cerca di solitudine. Heather si trovava un po' distante e stava mangiando le foglie di un cespuglio. Perché era lì? Guardandosi le mani tremanti, cercò di trovare una risposta. Lasciò vagare lo sguardo e riconobbe il suo pugnale nelle mani dell'estraneo. Osservò quello straniero, quegli occhi verde smeraldo colmi di preoccupazione sotto la luce argentata della luna. Le sembrava così familiare. Le si bloccò il fiato in gola: assomigliava così tanto all'amante zingaro dei suoi sogni, eppure non era come lui.

      “State ricordando,” disse lui annuendo. “E' stata una fortuna che io sia arrivato, signora. Dio solo sa cosa vi abbia spinta a volervi togliere la vita, ma per il bene della vostra anima, spero che non proverete a ripetere quel gesto orribile.”

      “Per favore, signore.” Davina gli posò una mano implorante sul braccio. “Cos'è successo?”

      “Oh, pensavo che lo ricordaste.” L'uomo si schiarì la gola. “Stavate per togliervi la vita, quindi vi ho fermato. Nel farlo, avete sbattuto la testa. Spero che potrete perdonarmi.” Alzò gli occhi al cielo e mormorò: “Avrei potuto portare a termine questa faccenda io stesso, per colpa della mia goffaggine.”

      “Non vorrei darvi cattive notizie, signore, ma vorrei che l'aveste portata a termine.”

      “Sciocchezze!” Lui inalò a fondo e sembrò riprendere il controllo, dopo quello sfogo. “Perché credete che io sia qui, signorina?”

      “Non sono sicura di capire cosa intendete, signore.”

      “Tanto vale dire tutto subito, anche se le mie parole potranno sembrare folli.” Le prese entrambe le mani nelle sue e la fissò dritto negli occhi. “Non stavo girovagando per caso in questi boschi, stanotte. Lo dico dopo avervi salvato la vita, ma all'inizio ho dubitato della mia salute mentale. Stavo attraversando la vostra piccola e umile cittadina più in basso, quando questi boschi mi hanno chiamato. E' arrivato un messaggio nella mia mente mentre cercavo, senza sapere cosa stessi cercando. Il messaggio diceva: 'Devi dirle che lui tornerà, che la salverà. Devi dirle di non rinunciare alla speranza e di aggrapparsi a quell'immagine della forza.'”

      Davina sobbalzò.

      “Sapete cosa significa?”

      Lei annuì.

      “Bene, perché io non lo so.” Sollevò l'angolo della sua bella bocca, quando lei non offrì spiegazioni. “Ma non importa. Sono contento di non essere pazzo, dopotutto.”

      “Lo sono anch'io, signore,” rispose lei in soggezione. Una nuova speranza sbocciò nel petto di Davina. “Ringrazio il Signore perché Lo stavate ascoltando, stanotte. Grazie per avermi fermata.” Represse l'istinto di abbracciare quell'estraneo oscuro, che era diventato il suo salvatore e messaggero, sotto forma dell'uomo che amava, e invece gli baciò le nocche in segno di gratitudine.

      “Beh, questa è la ricompensa più grande che io abbia mai ricevuto e che mi sarei mai aspettato.” La aiutò ad alzarsi in piedi, senza lasciarle la mano fino a quando lei non dimostrò di tenersi salda sui piedi e non gli assicurò di essere in grado di cavalcare. Davina montò in sella ad Heather e lui le porse il pugnale, offrendole la parte del manico. Quando lei allungò la mano a prenderlo, l'uomo lo tirò indietro. “Ve lo restituisco con molte esitazioni, cara signora. Mi promettete di non rivolgere mai più la lama verso il vostro cuore?”

      “Sì, signore, lo prometto.” Lui le restituì il pugnale e Davina lo infilò nello stivale. “Il messaggio che mi avete consegnato mi ha dato una ragione per vivere.”

      “E' un grande sollievo.” Lui le diede una pacca sul ginocchio. “Penso che riuscirete a tornare indietro da sola.”

      Lei annuì e il suo viso avvampò dalla vergogna. “Sì, sono sicura che la mia famiglia non abbia capito le mie intenzioni, quando me ne sono andata in quello stato. Essere costretta a spiegare come mi avete salvata da me stessa, metterebbe entrambi in una posizione imbarazzante.”

      “Lo farebbe di certo. Anche se mi piacerebbe molto riaccompagnarvi, ho altre questioni urgenti. Ho aspettato qualcuno per molto tempo, e credo che non aspetterò più. Mi avete dato anche voi un segno, mia cara signora. Comunque, sono sicuro che ci rivedremo.” Retrocedette di qualche passo e la salutò con la mano, prima di voltarsi e andarsene. “Buonanotte, bella signora!”

      “Oh, signore! Qual è il nome del mio salvatore, così potrò includerlo nelle mie preghiere?”

      “Angus!” le gridò senza perdere il passo.

      Capitolo 3

      Stewart Glen, Scozia—Tardo Autunno 1514—15 Mesi Dopo

      “Lasciatemi sola! Non toccatemi” Davina lottava contro le mani che la trattenevano.

      “Davina. Davina.”

      La dolcezza di quella voce la bloccò e lei scappò via, incerta di dove si trovasse.

      “Sono io, Davina, tua madre!” Lilias accese una candela di sego e si arrampicò sul letto accanto alla figlia. Riuscì a calmarla, avvolgendola tra le sue braccia confortanti e dondolando avanti e indietro. “Va tutto bene. E' morto. Ricordi? E' ormai da molto tempo nella tomba, amore.”

      “Sì, madre.” Davina sospirò e lasciò che sua madre le asciugasse la fronte sudata. “Cailin?”

      “Cailin sta bene,” la rassicurò sua madre. “Myrna si sta occupando di lei. Riposa tranquilla, Davina.” Lilias sospirò e continuò a cullare sua figlia. “Sono passate molte settimane, dall'ultima volta che un incubo ti ha turbata.”

      Davina annuì. Suo marito Ian era morto da un anno, ma gli incubi la perseguitavano ancora; tuttavia, negli ultimi tempi sembravano farsi più rari e ciò le dava un po' di speranza.

      Erano successe così tante cose dalla notte in cui aveva cercato di togliersi la vita. Il tempo passava così velocemente che sembrava essere svanito; eppure, visto che lei continuava ad aspettare con impazienza il ritorno di Broderick, come le aveva promesso Angus, l'oscuro straniero, il tempo sembrava allungarsi in eterno. Anche se Ian era riuscito ad ottenere l'appoggio della sua famiglia, una lunga conversazione con loro aveva alleviato la tensione, quindi avevano concesso a Davina il vantaggio di osservare Ian più da vicino. I lividi che lui le aveva procurato afferrandola dietro le scuderie avevano aiutato la sua causa. Tuttavia, anche se lei aveva avuto il coraggio di mostrare loro le cicatrici che portava sul corpo per le botte passate, sciogliere il matrimonio non era più un'opzione. Davina aveva detto di essere incinta e, anche se la sua condizione dava alla famiglia un'ulteriore ragione per tenere Ian lontano da lei durante il periodo di osservazione, ciò aveva reso più solido il matrimonio.

      Per fortuna, quella prova aveva tradito la vera natura di Ian,


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