Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 2. Ali Bey

Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 2 - Ali Bey


Скачать книгу
segnò 38° 8′.

      Alla metà di decembre gli alberi non erano ancora spogliati affatto di foglie.

      Il 18 decembre osservai una cigogna che volava sopra i miei giardini senza che le mie tre cigogne facessero verun movimento. Siccome non trovavasi allora ne' contorni di Marocco alcun uccello di tale specie non saprei dire da qual parte venisse questa, tanto più che non era di passaggio, giacchè dopo aver volteggiato tre o quatro volte sopra Semelalia partì dirigendosi al N. E. Forse che alcune cigogne si rimangono tutto l'inverno nascoste in paese. Questo giorno era turbato, e la mattina vi fu un uragano che forse fu quello che fece sortire la cigogna dal suo ritiro.

      Il 19 decembre incominciarono le pioggie; e prima che terminasse il mese gli alberi non avevano più foglie.

      Dopo mezzogiorno del 31 decembre il sole aveva una corona mal terminata, che mostrava tutti i colori dell'iride assai vivaci sopra una superficie di due gradi della sua circonferenza. Il fondo, per così esprimermi, era d'un bianco che piegava al grigio come una corona lunare sopra uno spazio di duecento, ed il rimanente appariva confuso.

      Le pioggie continuarono, e la seminagione si fece alla fine di decembre. Non si udì il tuono che la notte del 30 decembre, ed il primo fu veramente spaventoso. I venti furono quasi costantemente d'Ovest.

      Il minor calore fu da 7° sopra zero di Réaumur il 18 decembre alle cinque ore della mattina; e pure in quel giorno, e nell'ora medesima il freddo era sensibilissimo.

      Il primo gennajo alle dieci ore e mezzo del mattino il termometro esposto al sole segnava 29° 5′.

      Avevo ne' miei giardini quattro gazzelle perfettamente addomesticate. Allorchè vedonsi affatto libere i loro giuochi sono veramente dilettevoli, facendo salti e capriole sorprendenti. I miei giardinieri le perseguitavano perchè mangiavano, e guastavano le piante, ma io le proteggevo perchè i giardini erano abbastanza grandi per non lasciar sentire i guasti che facevano. Addomesticate come le cigogne non mi privavano mai della loro compagnia in tempo del pranzo e della cena; di modo che aveva in loro e nelle cigogne le sette mie migliori amiche.

      Desiderando che la morte non rattristasse il sacro recinto della mia semelalia, proibij, severamente ogni sorta di caccia. Volevo con ciò offrire agli uccelli nel mio podere un sicuro asilo; ove il variato canto di tante diverse specie faceva della mia Semelalia un paradiso terrestre. Allorchè passeggiavo fuori dei giardini; ma però sempre entro il recinto generale, varie bande di pernici mi stavano dintorno, ed i conigli passavano spesso, per così dire, tra le gambe. Io cercavo d'allettare, ed addomesticare questi animali, che corrispondevano alle mie cure assai più di alcuni uomini che chiamansi civilizzati. Gli uccelli non temevano di venire a prendere le miche di pane che gli gettavo, ed entravano senza timore nelle mie camere, e la notte io avevo le tende del mio letto coronate di uccelli liberi nel paese della schiavitù.

      Non ottenni però mai di render familiare un triste chakal ch'erami stato recato. Gli avevo fatta fabbricare una casuccia; terminata la quale, per lasciargli maggiore libertà, gli feci levare la catena, e lo lasciai padrone del suo nuovo alloggio: ma egli seppe aprirsi un passaggio sotto il muro, e fuggì con tanta destrezza (giacchè non oserei dire altrimenti) quanta ne avrebbe appena saputo impiegare un essere ragionevole. Vero è che il mio chakal era incoraggiato dalle grida de' suoi compagni, che venivano la notte in truppe intorno a Semelalia: e perchè i molti cani d'ogni specie ch'io tenevo al di dentro rispondevano abbajando in varj tuoni, venivo ad avere due bande di musica notturna, spesse volte sostenuta dai contrabassi dei ragli dei giumenti, mentre i galli, ed i polli di Guinea faceano le parti di soprano. Tale cacofonia lungi dal sembrarmi disaggradevole mi riusciva aggradevole: niente vi era d'artefatto.

      Pareva che la fama dell'immunità della mia villa si fosse estesa fino ai deserti poichè io vidi numerosissime truppe di gazzelle venire a diporto, e giuocare a centinaja intorno alle mura di Semelalia. Forse m'illuderò, ma parvemi talvolta, ch'esse bramassero la licenza d'entrarvi.

      Feci un assai interessante collezione di piante, d'insetti, e di fossili di Semelalia. Fra gl'insetti trovasi l'aranea galleopodes magnifica per la sua grandezza: la prima volta ch'io la vidi mi spaventò da dovero, tanto più ch'ella passò sul mio petto mentre stavo seduto sul soffà. Tra i fossili bellissima è la raccolta dei porfidi e dei ciottoli rotolati giù dall'Atlante.

      Avendo dato avviso di un eclissi della luna, che doveva vedersi la notte del 15 gennajo del 1805 molti pascià ed altri ragguardevoli personaggi vennero a casa mia per osservarlo: ma sgraziatamente il tempo fu tutta notte affatto coperto, e cadde tant'acqua accompagnata da violenti colpi di vento, che ci fu tolto di fare veruna osservazione.

      Il Sultano non rimane mai lungamente nello stesso luogo: pochi giorni dopo l'eclissi si ebbe notizia dell'imminente suo arrivo a Marocco, notizia assai gradita al popolo, e specialmente a me, che desideravo di prendere da lui congedo per fare il pellegrinaggio della Mecca.

      Il Sultano giunse a Marocco nel giorno indicato, ed io andai ad incontrarlo a molta distanza. Stava in una lettiga portata da due muli. Appena vedutomi, si fermò, e discorse meco alquanto, testificandomi la sincerità del suo affetto. Muley Abdsulem, che lo seguiva mi trattò come fossi stato suo fratello. Durante la loro lontananza la nostra corrispondenza non era stata interrotta; e quando la malattia non permettevami di scrivere, supplivano le persone che venivano spedite da Fez con ordine di vedermi, e di riferir loro lo stato di mia salute. Ora che vedevanmi rimesso in salute, e capace di sostenere il disagio della cavalcatura, non sapevano saziarsi di attestarmi la piena loro soddisfazione. Soggiornando essi a Marocco fummo costantemente nella più intima confidenza.

      Pochi giorni dopo fui stranamente sorpreso dall'avviso, che il Sultano mi regalava due donne. Nella ferma risoluzione di non prenderne alcuna finchè non avessi terminato il mio pellegrinaggio alla casa di Dio, rifiutai di ricevere il dono; ma le donne erano già sortite dall'harem del Sultano, e non potevano più rientrarvi: il buono Muley Abdsulem, si compiacque di accoglierle in sua casa. Egli temeva di parlare del mio rifiuto col Sultano, e con me. Tutta la corte teneva gli occhi sopra di noi, desiderando di conoscere il fine di questo grande affare: ognuno sussurrava all'orecchio del suo vicino, ma niuno ardiva spiegarsi intorno a quest'oggetto apertamente: io andavo continuamente a corte, come se nulla fosse accaduto.

      Intanto Muley Abdsulem non potendo durarla in così imbarrazzante situazione, mi aprì finalmente il suo cuore: io gli risposi che all'indomani mi recherei al suo appartamento per rispondere a quanto vorrà dirmi.

      Quando andai a ritrovarlo stava aspettandomi insieme al primo fakih del Sultano, uomo rispettabile per ogni riguardo. L'attacco incominciò, ed io fui costretto di rispondere a tutti gli argomenti de' miei avversarj. La disputa durò alcune ore. Muley Abdsulem che non voleva disgustare nè il Sultano nè l'amico, era agitatissimo, ed i suoi occhi per sempre chiusi alla luce, s'inumidivano di lagrime. Più commosso dal pericolo in cui per amor mio erasi posto questo buon principe, che dai mali che potevano rovesciarsi sopra di me; io mi alzai, e presagli la mano gli dissi: «Infine Muley Abdsulem io conosco quanto voi mi amate, voi che leggete nel fondo del cuore dell'amico i più segreti pensieri, indicatemi quale condotta io debba tenere; ditemi ciò che volete ch'io faccia, ed io lo farò, ma pensateci bene.» Egli prese la mia mano, che accostò al suo cuore, e dopo alcuni istanti di silenzio, mi disse con voce mal ferma. «Che si conducano le donne a casa vostra. – Io vi acconsento, gli risposi, ma sappiate Muley Abdsulem, che io non le vedrò; che non tarderà ad arrivare il giorno in cui partirò per la Mecca che in allora, se le donne vogliono rimanere potranno farlo, perchè io non le avrò vedute, e se vogliono seguirmi, accorderò loro protezione.»

      Sollevato dal peso che l'opprimeva, Muley Abdsulem non potè più contenersi. Passando dall'estrema tristezza alla più viva gioja, mi saltò al collo abbracciandomi con tenerezza fraterna. Il suo volto brillò di gioja, e fu bagnato dalle lagrime di tenerezza. Fu convenuto che la sera dello stesso giorno le donne sarebbero condotte a casa mia: chiesi che la cosa si facesse senza romore e senza alcuna ceremonia; e passai subito al mio alloggio. Il Sultano mi aveva regalato una bianca chiamata Mohhàna, e la nera Tigmu.

      Ordinai che venisse allestito un appartamento separato nella mia casa di campagna, e lo feci ammobigliare decentemente; vi feci riporre abbondanti provvisioni di zuccaro, di caffè, di te, ec., ed inoltre un forziere con entro molte stoffe,


Скачать книгу