Sanctuary – Serie ”Legami Di Sangue” – Volume 9. Amy Blankenship

Sanctuary – Serie ”Legami Di Sangue” – Volume 9 - Amy Blankenship


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nell’ultima settimana.

      Rimuovendo le sbarre in silenzio, scivolò lentamente nella stanza prima di girarsi e rimetterle a posto. Sospirò profondamente, sapendo che sarebbe stato al sicuro per un’altra notte. Dirigendosi verso l’area principale, si fece largo tra le innumerevoli file di scaffali che contenevano volumi antichi, finché non arrivò in una sezione che non veniva mai usata.

      In mezzo agli scaffali c’era un vecchio divano, con lo schienale appoggiato ad un muro senza finestre. Intorno c’erano altri scaffali con scatole di libri qua e là. Accanto al divano c’era una lampada ma a Skye non era mai servita... avere la visione notturna era uno dei vantaggi di essere un mezzosangue.

      Si era rifugiato lì molte volte dopo la fuga dalla grotta e, finora, non era mai stato disturbato. Pur non avendo bisogno di riposare tanto spesso, quella notte Skye era esausto. Aveva compiuto un eroico tentativo per lasciare la città ma qualcuno, o qualcosa, aveva eretto una barriera rendendo impossibile la fuga. Lui sapeva che c’era una via d’uscita, doveva solo trovare “la chiave”.

      Avrebbe voluto sfogarsi contro Misery, era lei la causa di tutto, un demone potente con la mentalità di una mocciosa. Era rimasto intrappolato con lei per così tanto tempo che, quando trovò finalmente la libertà, non si rese conto che era una bugia. Non poteva lamentarsi, però... almeno questa seconda prigione era più grande e il paesaggio era migliore.

      Misery aveva tenuto fede al suo piano di liberare i demoni in questo mondo, tuttavia lui ne aveva visti alcuni tentare di fuggire. Erano stati tutti liberati da una prigione per poi finire dritti in un’altra, apparentemente senza alcuna possibilità di fuga. Era quasi come se i due mondi si fossero scontrati creando una bolla.

      Skye si avvicinò al divano per leggere un libro preso a caso. Le persone in biblioteca lo avevano indirettamente aiutato ad imparare a leggere ed era molto più facile di quanto si aspettasse. In pratica aveva toccato le loro menti per acquisire le conoscenze e, adesso, era in grado di leggere anche i libri più grossi in pochi minuti.

      Un sorriso sfiorò le sue labbra perfette quando si rese conto che impiegava più tempo a girare le pagine che a leggere. Se riusciva ad assorbire la conoscenza dalle menti delle persone, perché non provare a fare lo stesso con i libri? Posando il volume sulla scatola, Skye vi poggiò la mano e chiuse gli occhi.

      Dean era seduto su uno scaffale e osservava l’ibrido con curiosità. I suoi lunghi capelli biondi fluttuarono attorno a lui come se stesse volando e Dean alzò un sopracciglio quando un alone color ametista brillò attorno al corpo dell’uomo, facendolo oscillare. Era una visione affascinante.

      Skye inspirò lentamente mentre scivolava nei libri. Un attimo era un pirata in mare aperto e quello dopo era innamorato di una principessa lontana; assaporò le sue labbra e sentì la stoffa dei pantaloni tendersi per il desiderio. Poi fu distratto da un drago nero, che fu ucciso da un mago più potente di lui.

      “Tsk... figuriamoci.” si lamentò Skye, allontanandosi da quella che era, ovviamente, la sezione di narrativa.

      Sospirando, fece per sedersi e si accigliò vedendo altri vestiti e un paio di scarpe da tennis nere. Chi diavolo era a lasciargli quella roba? Lui sapeva che i dipendenti andavano lì ogni tanto ma si assicurava che nessuno di loro lo sorprendesse ad usare il divano o i libri.

      Imprecò tra sé quando si rese conto che, per la stanchezza, non aveva notato un’altra presenza. Si guardò attorno nervosamente ma non notò niente di strano. Si avvicinò e allungò una mano per toccare i vestiti, poi la ritrasse con sospetto.

      Dean aveva deciso di restare nascosto per vedere cos’avrebbe fatto l’ibrido. Era piuttosto iperattivo ma, cavolo, rimanere intrappolato con Misery per secoli avrebbe fatto impazzire anche un santo. Ricordò di non averla sopportata già dopo pochi secondi e, di solito, il suo livello di pazienza era piuttosto alto... o almeno così credeva.

      Guardò la scatola di libri che l’ibrido aveva appena visionato e quasi rise, notando il romanzo del vampiro più famoso del mondo. Ah, l’ironia della vita. Guardò di nuovo l’ibrido quando lo vide allontanarsi dai vestiti.

      “Chi sei?” chiese Skye con i peli drizzati sulla nuca. Conosceva già la sensazione del sentirsi osservato dai caduti.

      “Sono Dean.” sussurrò l’altro, cercando di non spaventarlo. Quando il silenzio cominciò a pesare, Dean si accigliò “Dovresti dirmi il tuo nome, se non vuoi farti chiamare ‘Ehi, tu!’...”.

      “Cosa vuoi?” gli chiese Skye con voce fredda. Si guardò intorno nella stanza ma la voce sembrava provenire da dentro la sua testa, più che da una particolare direzione.

      “Voglio solo parlare.” Dean scrollò le spalle, anche se l’altro uomo non poteva vederlo. Tirò su le gambe e si accovacciò, vedendo l’istinto della fuga brillare nei suoi occhi.

      Skye digrignò i denti, non si fidava di quella voce senza un volto. “È davvero quello che vuoi?”

      “A meno che tu non voglia altro...” La voce di Dean era sensuale e il suo sguardo scrutò il corpo dell’ibrido senza vergogna.

      Quanto tempo era che quel ragazzo non sentiva il tocco di un’altra persona?! Era quasi un purosangue e i caduti non stabilivano alcun legame senza un contatto... era il loro modo di essere. Ecco perché aveva impedito a Kriss di toccare troppo Tabatha e il vederli abbracciati nel letto lo irritava. All’improvviso si chiese se Kriss sarebbe stato geloso, al posto suo.

      “Perché dovrei crederti?”. Skye ringhiò, quello non era un gioco.

      “Non sei obbligato.” dichiarò Dean, realizzando che, se voleva proteggere il piccolo ribelle, avrebbe dovuto andarci piano. “Ma che alternativa hai? O ti uccido prima che ti unisci ai demoni per solitudine, oppure...” sorrise maliziosamente, ansioso di combattere.

      La paura di Skye schizzò fino al tetto e lui corse tra gli scaffali della libreria, poi sentì delle braccia possenti stringerlo da dietro. La forza della presa gli tose il fiato, sollevandolo da terra, e lui si dimenò senza preoccuparsi di respirare.

      Le braccia lo strinsero più forte e lui ansimò rumorosamente sentendo quel corpo sodo premuto contro di lui. Si ricordò, all’improvviso, dell’ultima volta in cui era stato così vicino a qualcuno. Di notte, lui e Aurora si abbracciavano per stare al caldo o si tenevano per mano, sentendo l’uno il bisogno dell’altra. Adesso percepiva ogni cosa di quel corpo e ciò lo spaventava ancora di più.

      “... oppure potresti unirti ai caduti.” gli sussurrò Dean all’orecchio.

      “I caduti uccidono quelli come me.”. Skye ringhiò, afferrando il braccio attorno al proprio petto ma senza riuscire a liberarsi. “O li gettano in una caverna e se ne dimenticano.”. S’infuriò mentre il dolore e la rabbia si scontravano dentro di lui.

      Dean sospirò e scosse la testa. Era in momenti come quello che avrebbe spaccato volentieri la testa ad alcuni suoi fratelli, per la loro negligenza durante le guerre demoniache.

      “Se avessi saputo che eri laggiù con quel mostro, io ti avrei salvato!” sibilò Dean, scandendo ogni parola. “E voglio ancora salvarti.”.

      Skye smise di lottare ma s’irrigidì per reprimere quel brivido che cercava di pervadergli il corpo. Girò lentamente la testa verso il suo rapitore ma si fermò quando sentì la pelle morbida e calda della sua guancia. Non riuscì ad impedire al dolore della solitudine di riaffiorare nel proprio sguardo... il tocco di quel caduto gli ricordava ciò che aveva perso con Aurora.

      “Perché?” gli chiese Skye confuso.

      Dean gli sfiorò la guancia, sentendo scendere una lacrima calda “Perché i demoni non piangono... tu sei un caduto. Anche Misery lo aveva detto, no?”.

      *****

      Kane sospirò e si girò sulla schiena, qualcosa non andava. Si voltò per guardare Tabatha e fu allora che lo sentì di nuovo. Guardando il soffitto, chiuse gli occhi e ascoltò attentamente. All’inizio il rumore era ovattato, come se provenisse


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