Racconti Buonisti. Marco Fogliani

Racconti Buonisti - Marco  Fogliani


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di diploma, conseguito all’alberghiero con poco più del minimo dei voti, aveva cercato un lavoro nel mondo della ristorazione, e dopo lunghe ricerche era stato assunto come inserviente in una mensa aziendale. Non era un gran lavoro, e nonostante ciò, non essendoci abituato, almeno le prime volte si stancava molto. E poi più o meno sempre le stesse cose, riempire i piatti di persone estranee che al di là del banco parlavano tra loro con interesse di cose a lui del tutto sconosciute e incomprensibili.

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       Tommaso era in fila col suo vassoio davanti al bancone delle vivande. Quel giorno doveva essere un’occasione particolare, o il cuoco doveva essersi sbizzarrito, dato che c’era una varietà di cibi preparati mai vista prima. Tommaso cominciò a riempirsi il vassoio con un primo; ma poi, vedendo che c’erano anche le lasagne ed i cannelloni, aggiunse un secondo piatto.

      “ Vuole anche un supplì e dei fritti misti?”, gli chiese gentilmente l’inserviente. Lo guardò, ed il suo aspetto gli sembrò familiare. Un suo sosia, avrebbe detto. Sembrava proprio lui, Tommaso. Anzi, forse era lui, dato che anche la sua voce risuonava identica.

      “ Grazie, volentieri”.

       Scorrendo con la fila davanti alle vivande, il vassoio si era rapidamente riempito, eppure riusciva a farci stare sempre qualcosina in più. Doveva essere un vassoio più grande del normale, a pensarci bene.

      “ Queste le ho fatte con tanto amore e con tanto formaggio, come piacciono a te: prendine un piatto abbondante!”. Dall’altra parte del bancone Tommaso riconobbe diverse altre facce a lui conosciute, oltre a sua madre in camice bianco che gli stava porgendo una porzione maestosa di melanzane alla parmigiana. Ad esempio c'era Francesco, suo ex compagno di banco a scuola; il pasticcere sotto casa; ed in cucina gli parve addirittura di intravvedere, per quanto non fosse possibile, la sua cara vecchia nonna. Ecco il perché di tutta quella scelta di portate, pensò Tommaso.

       Il bancone gli era sembrato più lungo del solito (ma in fondo lui era abituato a stare dall’altra parte), ma alla fine arrivò alla cassa.

      “ Va bene se prendo tutta questa roba, o è troppa?”, chiese timidamente indicando al cassiere, che somigliava molto a quel signore che lo aveva assunto, i suoi due vassoi pieni.

      “ No, no, prendi pure. Però dovrai pagare un piccolo supplemento.”

       Batté lo scontrino e glielo porse.

       Tommaso lo lesse e sbiancò. “Ma io non ho tutti questi soldi!”

      “ Stai tranquillo, nessun problema. Te li possiamo trattenere dai prossimi stipendi.”

      Tommaso si risvegliò tutto sudato e col cuore che gli batteva forte forte. Era domenica mattina, ed era soltanto da una settimana che aveva iniziato a lavorare!

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      La seconda settimana di lavoro, Tommaso cominciò a conoscere un pochino meglio i suoi colleghi e a prenderci un poco di dimestichezza, Adesso perlomeno non confondeva più i loro nomi: il cuoco si chiamava Gianni, la cassiera Fernanda, e poi c’erano Alberto, la signora Luisa, Vittorio e Maria.

      “ Gianni, ti vogliono con urgenza al telefono”. Una persona elegante era scesa apposta dal piano di sopra per far avere al cuoco questo messaggio.

      “ Sono nel clou della cottura. Devono aspettare un po’.”

      “ Mi hanno detto che è molto urgente. Si tratta di tua sorella. Trova qualcuno che ti sostituisca.”

       Gianni, sentendo nominare la sorella, era uscito di fretta dimenticandosi di indicare espressamente un suo provvisorio sostituto.

      ” Ma non va nessuno al suo posto ai fornelli?”, chiese Tommaso ad Alberto. “Io certamente no, non è il mio compito”, gli rispose Alberto, “e rischierei di combinare un disastro. Se vuoi andare tu, se te la senti, ti copro io finché non apriamo e c’è poca gente”.

       Tommaso, fresco di pratica scolastica ed un po’ anche desideroso di vedere e provare qualcosa di nuovo, non se lo fece ripetere. Entrò in cucina, controllò la cottura della pasta e del sugo. Ma dopo aver assaggiato il condimento pensò che ci sarebbe stato bene anche un pizzico di quella spezia orientale che andava tanto di moda, la curcuma, chissà se riusciva a trovarne. Aprì tutti gli sportelli esplorandone il contenuto. Non tante cose ma in grandi quantità, a dire il vero, ma niente curcuma. Ma un’altra spezia che poteva andarci bene la trovò, e la utilizzò. E al momento giusto fece senza problemi tutto quel che andava fatto: spegnere i fornelli, scolare, mescolare …. Poi fece suonare il campanello e la collega venne a prendere il pentolone pronto.

      “ Appena in tempo: fra due minuti dobbiamo aprire. E con l’altro primo siamo indietro, immagino … ”, gli disse la collega.

       Già. Su un altro fuoco c’era il riso. “Cosa è scritto sul menu? Riso fatto come?”

      “ Riso ai funghi”, le rispose lei prima di uscire.

       Sul riso Tommaso fece tutto da solo, e si divertì. E nel frattempo doveva controllare i contorni, appena abbozzati, e riscaldare i secondi.

       Quando chiamò perché il riso era pronto, si affacciò Gianni, che era tornato a riprendere il suo posto e volle assaggiarlo.

      “ Troppo buono, Tommaso, questo riso. Non abituarli troppo bene i nostri commensali, altrimenti poi rimarranno scontenti quando cucino io.”

      Mi ero reso conto di aver sognato tutto ciò, un'altra domenica mattina; eppure un giorno al lavoro chissà perché me ne uscii quasi sovrappensiero chiedendo a Gianni come stesse sua sorella.

      “Mia sorella? Ma io non ho sorelle, mai avute”, mi rispose lui sorpreso.

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       Ero in cucina che mi cimentavo in alcune nuove ricette di mia invenzione insieme a Gianni, che mi stava dando una mano nelle cose più semplici, quando si affacciò il solito signore elegante del piano di sopra.

      “ Scusatemi, lo so che per voi non cambierà nulla, ma volevo avvisarvi che oggi verranno a pranzo anche il braccio destro dell’Amministratore Delegato insieme ad un membro dell’Organo Ispettivo di controllo. E vedo che al banco manca qualcuno”.

      “ Stai tranquillo, vado io”, mi anticipò Gianni dandomi una pacca sulla spalla.

       Io proseguii in cucina. Il tempo sembrava non passare mai tra quegli effluvi ed il calore dei fornelli, e in grossi tegami affidavo in continuazione a Maria i cibi da me cucinati come per sfamare un esercito, quasi che i fornelli fossero magici e così pure la dispensa, in cui trovavo in sufficiente quantità tutti gli ingredienti, anche i più strani, che mi veniva in mente di utilizzare.

      A un certo punto guardai in sala mensa e mi presi una piccola pausa vedendo che, pur essendoci in fila ancora un consistente numero di persone da servire, , la situazione delle vivande era tranquilla ed abbondante anche più del necessario. Là in un tavolo vidi alcuni signori che stavano chiacchierando e, vedendomi, mi parve che dicessero qualcosa su di me. Non so da cosa avessi intuito che tra di loro c’erano il braccio destro dell’Amministratore Delegato ed un membro dell’Organo Ispettivo, ma ad un tratto uno di quel gruppo si alzò da tavola e si diresse verso di me.

       Fui preso dal panico. Da un lato volevo tornare in cucina per non farmi vedere inattivo; dall’altro era sempre più evidente che quell’uomo veniva da me, e sarebbe sembrato scortese allontanarmi.

      “ Mi scusi, è lei il cuoco, vero?”

      “ Se intende dire chi ha cucinato oggi tutto questo


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