Vivere La Vita. Lionel C
di acqua.
Mentre dal secchio di ferro la stava versando nel secchio che lui ha portato, ho visto che era molto limpida.
Con una tazza di ferro che era dentro il gabbiotto, ci ha fatto bere.
Era così fresca che con il caldo di fuori, la sentivo mentre scendeva nella mia pancia. Aveva un gusto molto buono ed era completamente diversa dell'acqua che avevamo noi a casa.
Ritornati con l'acqua fresca a tavola, ho capito che era l'unica cosa che mancava prima di cominciare a mangiare, perché ci stavano tutti aspettando.
Dopo averla messa in un grosso contenitore marrone con una forma tutta strana, qualcuno dei grandi mi ha spiegato che era fatto di terracotta per poter tenere l'acqua fresca. L'altra acqua che ho visto in bottiglia, andava bene li perché si chiamava grappa ed insieme al liquido giallo nella seconda bottiglia, che si chiamava vino, erano fatti dal mio nonno e bevuti soltanto dai grandi.
Non avevo capito quasi niente di queste ultime cose, ma non ho fatto domande.
Non mi interessava, non mi riguardava, perché da grandi.
Poi mi è stato detto che tutto quello che c'era sul tavolo in quel momento, era da assaggiare perché fatto dai miei nonni e questa sì che era una cosa che mi interessava e non comprendevo. Soprattutto mi interessava capire, come erano riusciti i miei nonni a fare così bene e con così tanti colori, quelle belle fette di pancetta vicino alle rondelle di salsiccia.
Non ho avuto il tempo di fare partire nessuna di tutte le mie domande ed ancora meno di avere delle risposte, perché mentre tutti insieme, in allegria, con poche parole e forti risate che ogni tanto rompevano il grande silenzio, ci si andava avanti con il bel lavoro di svuotamento dei contenitori sul tavolo.
Quando il bel lavoro era quasi finito, all'improvviso ho sentito una voce che dentro mi ha fatto venire il freddo. Freddo, come la neve con qui giocavo d'inverno, anche se la mia pelle era tutta molto calda, quasi sudata. Non sapevo chi era stato, ma avevo capito benissimo quello che aveva detto.
Mandava noi piccoli a dormire.
Mentre i grandi stavano ancora togliendo le cose dal tavolo, insieme alle tre cuginette, ero già sul grosso lettone provato prima. Dormire di pomeriggio era l'unica cosa che fino in quel momento della mia vita non ho mai accettato volentieri, ma appena rimasti da soli, ho visto che era tutto molto diverso di come era a casa, quando dovevo dormire.
Appena chiusa la porta, dentro e ritornato il grande silenzio.
Con la bella aria fresca che c'era, il profumo del materasso sembrava ancora più forte ed ancora più buono di prima. La coperta, anche lei tutta nuova per me, era cosi morbida sulla pelle che invogliava a restare lì, ma non volevo dormire lo stesso. Volevo usare quel tempo per vedere e capire un po' di più tutto quello che avevo intorno, però la luce bassa non mi aiutava.
Purtroppo per me e senza sapere per quale motivo, quella luce diventava sempre più bassa.
Finché e scomparsa del tutto.
La luce e tornata, quando ho sentito delle belle voci molto vicine. Erano le mie cuginette, in piedi in giro per la camera ed il mio primo pensiero e stato:
< Meno male che ci sono anche loro ad alzarsi prima, perché così non devo più dormire >.
Non ho fatto in tempo a finire quel grande pensiero, perché nella porta che si è aperta, oltre la luce potente di fuori, è entrato anche il mio fratello. Scherzando ci diceva di scendere dal letto, perché erano quasi tre ore che stavamo lì e nelle vacanze non si deve dormire mai così tanto.
Non credevo nulla, ma non ho aspettato di sentire per la seconda volta quello che aveva detto.
Con i miei dubbi, tutti insieme, siamo usciti.
Fuori faceva ancora molto caldo e la luce era forte.
Per tutto quello che ho sentito uscendo di casa, mi sembrava quasi di essere al mattino quando mi svegliavo ed i miei dubbi sono diventati ancora più forti.
Come sempre, al meno una grande domanda girava libera per la mia testa.
Anche in quel momento ne avevo una:
< Ho dormito, oppure no? >.
Poi, quando mio fratello mi ha fatto vedere una grossa bacinella di metallo con dentro dell'acqua e ho visto le mie cuginette lavorando già sodo nel lavarsi la faccia, i dubbi sono scomparsi del tutto e sono venute fuori le mie grandi conclusioni. Era per la prima volta nella mia vita che quella cosa lì, quella che mi ha sempre fatto soffrire, cioè dormire di pomeriggio, era diventata bella, piacevole e facendo un po' più di attenzione a me stesso, ho capito che mi faceva stare anche molto, molto bene.
In quel momento, mi è sembrato che i miei pensieri hanno finito le parole e di domande non ne avevo più.
Il posto di tutto ciò è stato preso da un'immensa soddisfazione che dentro mi faceva sentire come mai prima.
Una tale leggerezza, da non sentire più il mio peso.
Erano passate soltanto poche ore da quando ero arrivato a casa dei miei nonni, ma tutte quelle tante cose nuove viste e vissute, mi facevano stare sempre meglio in ogni momento. Stavo benissimo e mi sono reso conto per la prima volta che non riuscivo a trovare parole abbastanza buone per raccontarmelo bene.
Mentre nel mio stare bene, mi stavo quasi sollevando da terra, ho sentito la mano decisa, ormai conosciuta, della mia cugina salvatrice, che mi trascinava a raggiungere tutti gli altri bambini già partiti per andare nel Paradiso, dietro alla stalla.
Quando siamo arrivati, ho visto che c'erano anche altri bambini che non avevo mai visto prima.
Erano di varie misure, quasi tutti più grandi di me e guardando bene i loro modi di fare, di vestire, sentirli come parlavano, mi sembravano diversi tra di loro. Poi, giocando in totale libertà nel Paradiso senza vedere e sentire nessun grande vicino, parlando tra di noi, ho capito che ci eravamo incontrati, perché tutti noi, da tante città , avevamo appena fatto la stessa cosa.
Eravamo venuti in campagna, per trovare i nonni.
Per un lungo tempo, dal correre dietro ad un pallone, tutti insieme in un grande disordine, al fare le capriole, salire, scendere ed ogni tanto anche cadere dagli alberi o rincorrerci sul bel prato, abbiamo fatto un po' di tutto. Più passava il tempo, più stavamo scoprendo che eravamo tutti affannati, sudati e con i vestiti molto dipinti dai forti colori della terra, dell'erba, degli alberi e di qualche frutto schiacciato per terra. Poi, in un certo momento, è stato interrotto tutto dalla voce di una donna che da l'altra parte della stalla, ci chiamava ad andare per mangiare qualcosa di buono. Mentre la voce della donna diceva ancora qualcosa, un'altra voce, vicinissima a me, gridava: < chi arriva l'ultimo è... >
Dopo, non ho più capito nulla perché, seguivo i più grandi che correvano già .
Il problema grosso è stato, quando dal piccolo cancelletto, di fianco alla stalla, non siamo riusciti a passare tutti insieme e forse, quello era anche il segnale che il nostro Paradiso finiva li.
Eravamo tornati nel cortile.
Siamo entrati tutti in casa dall'ultima porta verso la stalla, lì dove non ero ancora entrato.
Era una stanza molto grande e piena di gente in quel momento. Molti di loro non avevo mai visto prima. Non sono riuscito a capire quasi nulla di come era fatta quella camera, ma dai profumi che sentivo, ero sicuro di essere entrati nella cucina. Nell'attimo dopo, mi sono visto d'avanti una faccia molto, molto bella.
Non lo so se era una ragazza grande, o una donna molto giovane, ma so che il profumo delle creps sul grosso piatto nelle sue mani, in quel momento d'avanti al mio naso, non mi faceva più pensare a niente altro, e prima ancora di sentire la sua voce, stavo già masticando il primo boccone.
Appena assaggiata ho sentito che era ancora più buona di quello che pensavo.
Era