Ossessionata . Морган Райс
a cui riusciva a pensare erano quelle nuove sensazioni che avvolgevano il suo corpo, la fame che l'assillava brutalmente alla bocca dello stomaco, e il desiderio di uccidere che le pulsava tra le vene.
“Forza!” la madre scattò, facendo tremare i bigodini sulla testa. “Che cosa stai facendo ferma lì?”
Vivian sentì un sorriso formarsi sull'angolo della bocca. Fece un altro passo, lento, verso sua madre. Quando parlò, la sua voce era fredda e distaccata.
“Non andrò alla festa dei Sanderson.”
La madre sostenne il suo sguardo carico di astio.
“Non vieni?” ribatté. “Non è un'opzione, signorina. Questo è uno degli eventi più importanti in calendario quest'anno. Se non verrai, comincerà ogni sorta di pettegolezzo. Ora sbrigati, ci resta soltanto un'ora prima dell'arrivo dell'auto. E guarda le tue unghie! Sembra che tu abbia strisciato nel fango!”
Sfoggiò uno sguardo di incredulità, misto a scetticismo e vergogna.
La rabbia di Vivian continuava a montare. Pensò al modo in cui sua madre l'aveva trattata per tutta la vita, dando sempre la priorità ai suoi impegni sociali, preoccupandosi soltanto della sua perfetta apparenza, con cui voleva mostrarsi al mondo. Odiava quella donna, più di quanto non riuscisse ad esprimere a parole.
“Non andrò alla festa dei Sanderson” Vivian ringhiò, avvicinandosi sempre di più alla madre.
Si rese conto che una sola parola poteva indicare quel che stava facendo: braccare. Era quello che gli animali facevano in natura, quando si avvicinavano alla loro preda. Un brivido di aspettativa le corse lungo la schiena, mentre osservava l'espressione materna passare da frustrata a spaventata.
“Non verrò alla festa dei Sanderson” Vivian disse, “o a quella dei Johnson, dei Gilbertson o Smyth. Non andrò mai più ad una festa.”
Lo sguardo negli occhi della madre fu qualcosa che Vivian non voleva dimenticare.
“Che cosa ti è preso?” lei disse, stavolta ostentando un tremolio nervoso nella voce.
Vivian si avvicinò di più. Si leccò le labbra e fece scrocchiare il collo.
La madre indietreggiò, terrorizzata.
“Vivian …” esordì.
Ma non ebbe la possibilità di completare la frase.
Vivian balzò, con i canini ben esposti, le mani tese. Afferrò la madre, le piegò la testa all'indietro e le affondò i denti nel collo. Gli occhiali Prada caddero al suolo, e lei li calpestò sotto i piedi.
Il cuore di Vivian cominciò a battere più forte, mentre l'acuto sapore del sangue le riempiva la bocca. Quando la madre si afflosciò, priva di vita, tra le sue braccia, Vivian sentì un incredibile senso di trionfo impadronirsi di lei.
Lasciò cadere a terra il corpo privo di vita della donna, ormai ridotta a un insieme di arti contorti e vestiti di alta moda. I suoi occhi privi di vita erano fissi su Vivian, ormai ciechi. La ragazza osservò con distacco e si leccò il sangue sulla labbra.
“Addio, mamma” disse.
Si voltò e prese a correre verso la zona buia del giardino, accelerando progressivamente, e, in men che non si dica, si trovò a volare nel cielo notturno, al di sopra di quella casa perfetta, sfrecciando nella notte freddissima. Avrebbe trovato il responsabile della sua nuova condizione e lo avrebbe ridotto a brandelli.
CAPITOLO QUATTRO
Kyle camminava lungo la strada di periferia nei pressi della casa di Vivian, illuminata soltanto dalla luce lunare, che disegnava gli alberi come sagome scheletriche allineate, una dopo l’altra. Si leccò il sangue secco dalle labbra, ricordando con gioia l’omicidio che aveva commesso, l'espressione di timore e terrore di Vivian.
Ne fu confortato. Era certo che lei sarebbe stata la prima di molte, la prima vittima e la prima recluta dell'esercito dei vampiri che stava per creare.
Il liceo. Quella sarebbe stata la sua prossima tappa. Aveva un forte desiderio di trovare la ragazza che lo aveva tramutato, Scarlet. Forse l'avrebbe trovata lì, o qualcuno avrebbe saputo dove fosse.
In ogni caso, quello era un posto che gli sarebbe andato certamente bene, perché avrebbe potuto nutrirsi del sangue di un’innumerevole folla di ragazzini, che avrebbe tramutato. Sin dalla trasformazione di Vivian, aveva trovato di suo gusto il sangue degli adolescenti, e ancor più apprezzava l'idea di un obbediente piccolo esercito pronto a seguirlo.
Voleva portare il caos in quella città, e nel mondo.
Kyle cominciò a correre lungo il marciapiede, poi si fermò improvvisamente, scoppiando a ridere: si era ricordato di essere un vampiro, con forza e doti che un normale essere umano non sarebbe riuscito neppure ad immaginare, e – tra queste – la capacità di volare.
Era l'unica cosa che non aveva ancora provato a fondo. E ora, aveva intenzione di provare tutto ed assaporare ogni istante della sua nuova condizione. Voleva librarsi nel cielo, e guardare in basso quelle formiche così insignificanti che vivevano le loro piccole vite noiose. Voleva piombare su di loro, e dare loro la caccia come un'aquila che piomba sulla sua preda.
Sorridendo, fece due grandi balzi e spiccò il volo.
Fu straordinario. Il vento lo sferzò, scompigliandogli i capelli, mentre volava più in alto, sempre più in alto nel cielo. Sotto di lui, vide le luci della città. Pensò a tutte le persone chiuse nelle loro case, che ignoravano l'inferno che stava per scatenarsi. Scoppiò a ridere da solo, immaginando il caos che presto avrebbe generato. Nulla gli avrebbe dato più gioia di rovinare la vita di ogni singolo uomo.
Ben presto, Kyle avvistò il liceo a distanza, sotto di lui. La polizia aveva posizionato un blocco intorno ad una grande area del quartiere, inclusa ogni strada che conduceva alla scuola. Ogni via era pattugliata da auto delle forze dell’ordine.
Idioti, Kyle pensò, volando proprio sopra di loro, del tutto inosservato.
Evidentemente erano del tutto inconsapevoli. Era chiaro che l'idea di un vampiro assassino a piede libero superava le capacità del loro piccolo cervello; perciò, nella loro testa, lo avevano limitato, degradandolo ad un assassino comune. Non avevano idea di che cosa li aspettasse.
Quando Kyle si avvicinò all'entrata della scuola, vide pezzi di nastro della polizia svolazzare al vento, da dove quei due uomini avevano provato a sparargli. Vide il suo stesso sangue. Strinse i pugni e pensò a come nessuno potesse fermarlo. Ora era immortale. Auto, proiettili, nulla poteva arrestare la sua furia.
Allora, decise di prendere l'entrata sul retro. Scese sul campo sportivo, dove si stava svolgendo l'allenamento di football alla luce dei riflettori, e si abbassò, confondendosi nell’ombra. Grazie alla sua vista super sviluppata, individuò due auto della polizia parcheggiate proprio dietro all'angolo, nel tentativo di passare inosservate. Forse, Kyle pensò con un sorriso, potevano passare inosservate all'occhio umano. Ma non per un vampiro.
Il posto era in disordine. Vetri infranti e rifiuti erano tutti sparsi sul pavimento. Si chiese come avessero fatto a convincere qualcuno dei ragazzi a restare nella scuola. Era certo colpa del fatto che ignoravano del tutto la realtà, suppose.
Raggiunse le porte chiuse della palestra, che reputava la miglior strada per entrare nella scuola. Anche lì, notò, era presente la sicurezza. Vide un ragazzo robusto fermo davanti alle porte, più grosso di lui. Era la sorta di guardia di sicurezza che sarebbe stata meglio davanti a un losco nightclub del centro, piuttosto che in una scuola. Kyle si limitò a sorridere, assaporando la sfida di abbattere quell'uomo.
Si diresse con passo risoluto e sciolto verso la guardia di sicurezza, notando immediatamente che la mano dell’uomo era scesa alla cintura. Kyle si chiese se stesse cercando la pistola o piuttosto un walkie-talkie per chiamare rinforzi. La cosa gli era del tutto indifferente: nulla poteva disturbare Kyle. Le pistole non potevano ucciderlo e cento poliziotti non avrebbero potuto fare altro che rallentarlo.
“Hai del coraggio a tornare qui” l'uomo della sicurezza disse, mentre Kyle si avvicinava. “Sei un ricercato. Ogni poliziotto e agente della sicurezza in città ha una