Obiettivo Primario. Джек Марс

Obiettivo Primario - Джек Марс


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      “Heath!” intimò Luke. “Rilassati. Ci sono dei bambini. Possiamo…”

      “Vedo i bambini, Stone.”

      “Allora—”

      Heath sparò, una scarica dell’arma automatica.

      Subito Luke si lanciò a terra, mentre da ogni direzione partivano spari. Si coprì la testa, si strinse su se stesso, e diede le spalle alla scena.

      La sparatoria durò diversi secondi. Persino quando fu conclusa qualche colpo continuò a risuonare, uno ogni pochi secondi, come gli ultimi popcorn a cuocersi. Quando finalmente tutto finì, Luke sollevò la testa. Il gruppo di persone vicino alla porta chiusa era una pila gemente a terra.

      Heath era stato abbattuto. Non gli importava, era il tenente colonnello il colpevole di quell’incubo.

      Un altro dei suoi uomini era a terra, in un angolo della stanza. Dio, che macello. Tre uomini abbattuti. Un numero sconosciuto di civili morti.

      Luke si alzò in piedi. Due uomini fecero lo stesso in contemporanea. Uno era Martinez. L’altro era Colley. I due si avvicinarono al gruppo in fondo, muovendosi lentamente, con i fucili ancora spianati.

      Luke si guardò intorno. C’erano cadaveri ovunque. Simmons era morto. Heath… un grosso buco si apriva nella sua testa dove avrebbe dovuto avere la faccia. Non aveva più un volto. Luke non provò niente per lui. Quella era la missione di Heath. Era andata quanto peggio possibile e ora lui era morto.

      E c’era un altro uomo a terra.

      Sembrava un complicato problema matematico, ma in realtà era una semplice sottrazione che chiunque avrebbe potuto risolvere. La sua mente non funzionava correttamente. Era ovvio. Sei uomini erano entrati lì dentro. Heath e Simmons erano morti. Martines, Colley e Stone erano ancora vivi. Significava che l’ultimo uomo a terra poteva solo essere…

      Luke corse verso di lui. Sì, era lui. Era Hendricks, Wayne.

      WAYNE.

      Si muoveva ancora.

      Luke si inginocchiò di fianco a lui e gli sfilò l’elmetto.

      Le braccia e le gambe di Wayne si agitavano debolmente, quasi come se fosse sott’acqua.

      “Wayne! Wayne! Dove ti hanno colpito?”

      Gli occhi di Wayne rotearono e si fissarono su Luke. Scosse la testa. Iniziò a piangere. Respirava a fatica, quasi non riuscisse a prendere fiato.

      “Oh, amico…” disse.

      “Wayne! Parlami!”

      Freneticamente, Luke iniziò a slacciargli il giubbotto antiproiettile.

      “Medico!” gridò. “Medico!”

      Un istante dopo, Colley fu lì, inginocchiato dietro di lui. “Simpson era il medico. Io sono quello di riserva.”

      Wayne era stato colpito al petto. In qualche modo una scheggia del proiettile si era infilata sotto il giubbotto. Luke lo tastò ovunque. Era anche stato preso a una gamba. Quella era una ferita decisamente peggiore di quella al petto, e di molto. Aveva i pantaloni saturi di sangue. La sua arteria femorale doveva essere stata colpita. Le mani di Luke si alzarono gocciolanti di rosso. C’era sangue ovunque. Ce n’era un lago sotto il corpo di Wayne. Era un miracolo che fosse ancora vivo.

      “Di’ a Katie,” ansimò Wayne.

      “Zitto!” Lo interruppe Luke. “Glielo dirai tu stesso.”

      “Dille…”

      Wayne sembrò fissare qualcosa di molto lontano. Guardò e poi sobbalzò, come se fosse confuso da quello che vedeva. Un istante più tardi, il suo sguardo si spense.

      Rimase immobile rivolto verso Luke. Aveva le labbra socchiuse. Il suo corpo era solo un guscio vuoto.

      “Oh, Dio, Wayne. No.”

      Luke guardò Colley. Era come se lo stesse vedendo per la prima volta. Colley sembrava giovane, a malapena dell’età giusta per iniziare a radersi. Non poteva essere, ovviamente. Quell’uomo apparteneva alla Delta Force. Era un assassino esperto. Un professionista consumato. Ma il suo collo sembrava grosso quando l’avambraccio di Luke. Appariva sperso nei suoi vestiti.

      “Esaminalo,” gli disse, anche se sapeva già che cosa avrebbe detto. Ricadde seduto a gambe incrociate, e rimase in quella posizione per un lungo momento. Una volta avevano avuto una giornata libera mentre frequentavano la Ranger School. Un gruppo di ragazzi aveva organizzato una partita di football. Era stata una giornata calda, e la partita era stata magliette contro torsi nudi. Luke aveva passato tutto il tempo a lanciare palle rapide e precise a quel redneck grosso, muscoloso e sboccato, senza un incisivo.

      “Wayne.”

      “Se n’è andato,” disse Colley.

      In un attimo, Wayne era morto. Il fratello di sangue di Luke. Il padrino del figlio non ancora nato. A Luke sfuggì un lungo sospiro.

      Era così che succedeva in guerra, lo sapeva. Un secondo prima, il tuo amico, tua sorella, tua moglie, persino tuo figlio, erano vivi. Quello seguente non c’erano più. Non esisteva un modo per far tornare indietro l’orologio, nemmeno di un istante.

      Wayne era morto. Erano molto lontani da casa. E quella notte era appena iniziata.

      “Stone!”

      Luke si sollevò in piedi ancora una volta. Martinez era vicino al mucchio di cadaveri che un tempo avevano protetto l’obiettivo. Sembravano tutti morti, tranne uno, l’uomo che era stato dietro agli altri. Era alto, ancora giovane, con una lunga barba nera appena spruzzata di grigio. Era steso tra i caduti, crivellato da proiettili ma ancora vivo.

      Martinez puntò la pistola contro di lui.

      “Come si chiama il tizio? Quello che stiamo cercando?”

      “Abu Mustafa Faraj al-Jihadi?” rispose Luke. Non era veramente una domanda. Non era niente, solo una sfilza di sillabe.

      L’uomo annuì. Non rispose. Sembrava che stesse soffrendo.

      Luke prese una piccola fotocamera digitale da dentro il giubbotto. Era dentro una custodia di plastica rigida. Avrebbe potuto farla rimbalzare sul pavimento e non si sarebbe rotta. Ci armeggiò per un secondo, e poi scattò qualche foto dell’uomo. Controllò le immagini prima di spegnere la fotocamera. Andavano bene, non erano propriamente di qualità professionale, ma Luke non lavorava per il National Geographic. Gli bastava avere le prove. Abbassò lo sguardo sul leader dei terroristi.

      “Beccato,” disse. “Grazie per aver giocato con noi.”

      BANG!

      Martinez sparò un singolo colpo, e la testa dell’uomo esplose.

      “Missione compiuta,” disse il soldato. Scosse il capo e si allontanò.

      La radio di Luke si accese con un crepitio.

      “Stone! Dove sei?”

      “Murphy. Come è la situazione?”

      La voce del soldato andava e veniva. “È un bagno di sangue qua fuori. Ho perso tre uomini. Ma abbiamo assunto il controllo di uno dei loro cannoni, e ci siamo aperti un varco. Se vogliamo uscire di qui, dobbiamo andare ADESSO.”

      “Saremo fuori tra un minuto.”

      “Io non ci metterei così tanto,” replicò Murphy. “Non se volete vivere.”

      ***

      Sei uomini correvano attraverso il villaggio.

      Dopo il combattimento il posto era diventato una città fantasma. Da un momento all’altro, Luke si aspettava che spari o missili emergessero con fragore dalle piccole case. Ma non succedeva niente. Non sembrava nemmeno che fosse rimasta della gente.

      Nella direzione da dove erano venuti si alzava del fumo.


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