Risorta . Морган Райс

Risorta  - Морган Райс


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come hanno detto, era sotto l'effetto di una droga. Forse quel ragazzo, Blake—”

      “Questo è ridicolo,” Caitlin esplose. “Blake è un bravo ragazzo. Non è un pusher. E inoltre, hai visto come lei ci ha seminati. Non abbiamo neppure avuto una possibilità. Questo non era normale. Non fingere di non aver visto ciò che hai visto.”

      “Non ho intenzione di ascoltare una sola parola di più,” Caleb disse.

      Poi si voltò e uscì dalla stanza, prendendo il suo cappotto dall'appendiabiti, lo indossò e lo abbottonò rapidamente.

      “Dove stai andando?” la moglie chiese.

      “Sto andando a cercarla. Non posso restare seduto qui. Mi sta mandando fuori di testa. Devo cercare.”

      “I poliziotti hanno detto che il posto migliore in cui stare è qui. E se lei tornasse a casa mentre non ci sei?” Caitlin chiese.

      “Allora puoi restare qui e chiamarmi,” Caleb scattò. “Esco.”

      Detto ciò, riattraversò la stanza, aprì la porta e la sbatté dietro di sé. Caitlin ascoltò il suono dei suoi stivali che scendevano velocemente lungo gli scalini del portico e calpestavano la ghiaia del vialetto, poi lo sentì entrare in auto e partire.

      Caitlin aveva voglia di piangere. Non voleva litigare con Caleb — specialmente ora. Ma non poteva lasciare che si convincesse che lei stesse perdendo il contatto con la realtà. Sapeva che cosa aveva visto. E sapeva di aver ragione. Non avrebbe lasciato che gli altri la convincessero che stava perdendo la testa.

      Caitlin si voltò verso Sam e Polly, che erano rimasti immobili, con gli occhi spalancati per la sorpresa. Non avevano mai assistito ad un litigio tra Caitlin e Caleb prima di allora. La stessa Caitlin non aveva mai litigato con lui in precedenza — non fino a quel momento: in effetti la loro relazione era stata sempre armoniosa. Sam e Polly erano visibilmente sbalorditi e tacevano, temendo di interferire. La guardavano anche come se fosse un po' pazza, non con la testa a posto. Lei si chiese se forse parteggiassero per Caleb.

      “Sento che forse dovrei uscire anch'io a cercarla,” Sam disse con esitazione. “Due auto che cercano per le strade sono meglio di una sola. E sono abbastanza inutile qui. Va bene?” chiese a Caitlin.

      Caitlin annuì in silenzio; aveva paure che, se avesse aperto la bocca, sarebbe scoppiata in lacrime. Sam aveva ragione; non sarebbe stato molto utile lì a casa. E lei aveva Polly. Sam le si avvicinò e l'abbracciò velocemente, poi si voltò e uscì.

      “Sarò raggiungibile al cellulare,” disse, mentre se ne andava. “Chiamatemi se avete novità”

      Sam chiuse la porta dietro di sé e Polly si avvicinò a Caitlin, per stringerla in un lungo abbraccio. Caitlin ricambiò il gesto. Era così bello avere la sua migliore amica lì, al proprio fianco. Non sapeva che cosa avrebbe fatto senza di lei.

      Si sedettero l'una accanto all'altra sul divano e Caitlin si asciugò una lacrima che si era formata all'angolo degli occhi. Gli occhi erano già rossi e gonfi a causa di tutte le ore che aveva trascorso a piangere. Ora, si sentiva davvero svuotata.

      “Sono davvero tanto dispiaciuta,” Polly disse. “Questo è un incubo. Proprio tremendo. Non ci sono parole. Non capisco che cosa sia accaduto. Niente di ciò ha senso. So che Scarlet non ha preso delle droghe. Non l'avrebbe fatto. E tu hai ragione: Blake sembra un bravo ragazzo.”

      Caitlin si sedette lì, guardando fuori dalla finestra, mentre scendeva la notte, e annuì con perplessità. Voleva parlare, ma si sentiva così scossa, temeva di scoppiare di nuovo in lacrime se lo avesse fatto.

      “Che cosa ne pensi di quello che ha detto la polizia?” Polly chiese. “In merito a contattare i suoi amici?”

      Non appena Polly pronunciò quelle parole, improvvisamente Caitlin ricordò e si rese conto che era la cosa giusta da fare. Si spremette le meningi, chiedendosi come entrare in contatto con gli amici di Scarlet.

      Poi, ebbe un'illuminazione: il telefono di Scarlet. Si era precipitata fuori di casa senza nemmeno fermarsi a prenderlo. Doveva essere da qualche parte in casa. Forse nella sua borsa. Probabilmente nella sua camera.

      Caitlin si alzò di scatto dal divano.

      “Hai ragione,” disse. “Il suo telefono. Dev'essere in camera sua.”

      Caitlin corse fino all'altra parte della stanza e poi salì in cima alle scale; Polly e Ruth la seguirono.

      Si precipitò nella camera di Scarlet, vide le lenzuola rovesciate e i cuscini, vide il buco nella carta da parati nel punto in cui Caleb era stato scaraventato contro la parete ed aveva battuto la testa, e rammentò. Tutto le tornò alla mente, e la fece sentire nauseata, rivivendo di nuovo quel momento. Sembrava la scena di un disastro.

      Caitlin sentì un'ondata di determinazione montare in lei, mentre frugava nella stanza. Rovistò nella confusione sulla scrivania, nel comò — poi, intravide la borsa, appesa ad una sedia. Frugò al suo interno, sentendosi un po' in colpa, e cercò il cellulare. Lo tirò fuori, vittoriosa.

      “L'hai trovato!” Polly urlò, sollecitandola.

      Caitlin vide che aveva ancora un po' di batteria. Lo aprì, sentendosi in colpa, come se stesse spiando, ma sapendo di averne bisogno. Non conosceva i numeri degli amici di Scarlet, e non aveva alcun altro modo per mettersi in contatto con loro.

      Aprì la rubrica di Scarlet, poi andò nei Preferiti. Lesse e vide dozzine di nomi. Ne riconobbe alcuni ed altri no.

      “Dovremmo chiamarli tutti,” Polly disse. “Uno ad uno. Forse uno di loro sa qualcosa.”

      Caitlin se ne stette lì, confusa, sentendosi improvvisamente sopraffatta. Non appena si accinse a digitare il numero del primo contatto, notò quanto forte stessero tremando le sue mani.

      Anche Polly se ne accorse; le si avvicinò e pose una mano rassicurante sul polso di Caitlin, che guardò in alto.

      “Caitlin, tesoro, sei ancora in stato di shock. Lascia che chiami queste persone per te. Ti prego. Mi terrebbe impegnata. Vai a sederti e riposati. Hai passato l'inferno, e hai già fatto tutto ciò che potevi.”

      Nello stesso istante in cui Polly pronunciava queste parole, Caitlin seppe che aveva ragione. Non era davvero in sé. Guardò il telefono, e, per un istante, quasi dimenticò che cosa stava facendo. Allunò il braccio e diede il telefono a Polly.

      Poi si voltò e uscì dalla stanza; pochi istanti dopo, sentì la voce di Polly, che aveva già trovato qualcuno in linea.

      “Parlo con?” Polly disse. “Sono Polly Paine. La zia di Scarlet Paine. Mi dispiace disturbarti, ma stiamo cercando Scarlet. L'hai vista?”

      La voce di Polly scemò lentamente, mentre Caitlin scese lungo le scale. Si tenne al corrimano mentre proseguiva, sentendosi stordita, come se il mondo potesse scivolarle via da sotto i piedi.

      Infine, entrò in soggiorno, dirigendosi verso una grossa sedia imbottita, e si sedette. Stette lì, a guardare fuori dalla finestra, con la mente che continuava a pensare. Nonostante i suoi migliori sforzi, alcune immagini cominciarono a scorrerle nella mente: Scarlet che urlava nel letto; il suo ringhio; Caleb scaraventato contro la parete; la ragazza che fuggiva fuori casa…. Era tutto vero?

      Mentre era assorta in quei pensieri, non riusciva a fare a meno di pensare al suo incontro con Aiden. Alle parole dell'uomo, al suo diario. Era stato proprio quel libro a causare tutto ciò? Perché era dovuta andare in quella stupida soffitta? Perché era dovuta andare a trovarlo? Se non lo avesse fatto, se avesse lasciato ogni cosa al proprio posto, tutto questo sarebbe accaduto?

      Pensò all'avvertimento di Aiden, secondo cui Scarlet avrebbe riportato di nuovo il vampirismo nel mondo.

      Devi fermarla.

      Caitlin sedette lì, a porsi delle domande. Che cosa stava facendo ora Scarlet là fuori? Si stava nutrendo delle persone? Le stava tramutando in vampiri? Stava diffondendo il vampirismo in quel momento? Il mondo non sarebbe più stato come prima? Caitlin ne era responsabile?


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