l’Arrivo . Морган Райс
tentata di dire che ci siamo quasi,” disse Luna guardando Kevin con un sorriso.
Kevin avrebbe dovuto immaginare che uno dei più grossi pericoli di un viaggio su strada come quello non era solo il rischio di andare a sbattere, o di finire in un’imboscata da parte della gente controllata dagli alieni, o niente del genere. Era che Luna potesse iniziare ad annoiarsi e cominciasse a pensare a dei modi per passare il tempo. Non aveva alcun dubbio che ciò sarebbe risultato in una discussione con Chloe, e dato che Chloe stava guidando, la cosa non sembrava particolarmente un bene.
C’erano un sacco di altre cose che suonavano sbagliate, dalla navicella spaziale sospesa come una luna minacciosa in cielo, al vuoto silenzioso delle strade. Tutto ciò non faceva che ricordagli quanto strana fosse l’intera situazione, e quanto il mondo fosse cambiato quasi dal giorno alla notte.
“Non puoi guidare un po’ più veloce?” chiese Luna.
“Vuoi andare più veloce?” chiese Chloe, e premette sull’acceleratore.
Kevin si aggrappò. Quando erano scesi dalla montagna, le strade si erano aperte un poco, ma ciò non significava che potessero proseguire veloci come volevano. Prima di tutto Kevin dubitava che Chloe, come lui e Luna, avesse più che una semplice idea di come guidare.
E poi c’erano ancora troppe auto in mezzo alla strada per rischiare di fare le corse.
“Rallenta,” disse Kevin mentre sfrecciavano schivando una Chevrolet parcheggiata in mezzo alla carreggiata, il proprietario scomparso da tempo. Scansarono per un pelo una motocicletta che era stata lasciata a terra, praticamente abbandonata. “Chloe, per favore rallenta.”
Rallentarono un poco, e forse fu veramente un bene che lo facessero. C’erano auto disseminate ovunque adesso, per lo più lasciate dove i loro proprietari erano stati trasformati, ma alcune di loro erano poco più che rottami di metallo accartocciato laddove si erano ovviamente schiantate. Un’autocisterna era rovesciata sul fianco sul ciglio della strada, il gas che colava sul terreno tutt’attorno. Una semplice scintilla l’avrebbe innescato, e Kevin in quel momento capì come dovevano andare le cose.
“Bisogna che lavoriamo insieme,” disse, cercando di calmare un poco le acque. Cercò di pensare a cosa avrebbe potuto dire sua madre in una situazione come quella, o Ted o la dottoressa Levin. L’unico problema con quei pensieri era che faceva troppo male ricordare tutte le persone che erano state prese, che magari proprio in questo momento erano già sulla nave spaziale che incombeva su di loro come una seconda luna in mezzo al cielo.
“Abbiamo… tutti gli altri sono spariti,” disse, cacciando indietro il dolore. “Abbiamo tutti perso delle persone. A tutti noi sono capitate delle brutte cose.” Dirlo non gli sembrava una cosa sufficientemente grande da contenere l’intero orrore della situazione. “Tutti noi stiamo soffrendo, e non possiamo litigare solo perché le cose vanno male. Riusciremo a cavarcela solo se lavoriamo insieme.”
Le ragazze rimasero in silenzio per un po’.
“Ok,” disse Chloe alla fine.
“Sì, immagino che sia così,” ribadì Luna.
Proseguirono, il vecchio furgoncino che sferragliava e sobbalzava lungo strade disseminate di detriti lasciati all’ultimo momento dalla gente, prima che gli alieni li prendessero. C’erano cartoni di fast-food abbandonati insieme ai veicoli, animali che vagavano a bordo strada e persone che giacevano a terra dove le auto le avevano colpite, così immobili che era ovvio che non ci fosse nulla da fare per aiutarle, anche se Kevin avesse saputo qualcosa di medicina.
Sollevò lo sguardo osservando la nave aliena in orbita al di sopra del mondo. Sua madre era lassù o si trovava su una delle navicelle che lui e Luna avevano visto sospese sopra ad altre città del mondo? Forse era stata lasciata a terra, in attesa di qualcos’altro, proprio come gli escursionisti e i soldati della montagna. Kevin non era certo di quale di quelle opzioni dovesse sperare. Nessuna delle due gli pareva una buona cosa.
“Guardate,” disse Luna indicando.
Kevin vide immediatamente ciò che stava guardando. La piccola nave spaziale che si era posizionata sopra San Francisco era ancora lì, improbabilmente sospesa sopra la città mentre di tanto in tanto delle forme molto più piccole scendevano da essa. Dopo tutta quella quiete sulle strade, quel movimento era scioccante quasi come il fatto che ci fosse una navicella spaziale.
Quasi.
“Stiamo andando proprio in quella direzione,” disse Chloe. “Non mi sembra veramente una buona idea.”
“Beh, sue questo possiamo proprio essere d’accordo,” disse Luna.
Era probabilmente l’unica cosa sulla quale si fossero finora trovate d’accordo, ma dovevano comunque andarci. Dovevano fare questa cosa, perché in quel momento sembrava l’unica speranza che avessero. Kevin deglutì a fatica a quel pensiero. Era troppa pressione, decisamente troppa.
La nave aliena era tanto alta sopra la città che ci vollero altri dieci minuti prima che gli edifici sotto a essa iniziassero ad apparire alla vista: grattacieli che si ergevano alti come dita che tentavano di toccare quell’oggetto sopra di essi. Man mano che si avvicinavano, anche le strade si fecero più trafficate, con sempre più auto abbandonate, tanto che dovettero rallentare un sacco, quasi a passo d’uomo per proseguire in modo sicuro e poter scegliere la traiettoria giusta.
“Almeno non siamo dall’altra parte della strada,” disse Luna. Aveva ragione. La strada che conduceva fuori dalla città era così intasata di auto ora, che sembrava impossibile che qualcuno potesse essere in grado di passare in mezzo a tutto quel caos. Pareva che la prima volta fossero riusciti a scappare appena in tempo.
“Questo renderà piuttosto difficile uscire dalla città dopo,” disse Kevin mentre ci pensava. Non gli piaceva l’idea di essere intrappolato lì. Magari ci sarebbe stato un modo semplice per trattare con gli alieni non appena fossero arrivati alla NASA e avessero ascoltato il nuovo segnale; forse non ci sarebbe stato bisogno di andarsene un’altra volta prima che tutto fosse sistemato, ma lanciando un’altra occhiata alla navicella spaziale, gli parve difficile poterlo credere.
“È facile,” disse Chloe. “Non c’è nessuno in strada, quindi guidiamo sulla corsia opposta.”
Poteva funzionare. Era strano, però, che anche con quella che pareva la fine del mondo, sembrasse ancora sbagliato anche solo pensarci.
“Da che parte?” chiese Chloe.
Kevin indicò, sperando di dire la cosa giusta. Era vissuto alla NASA per così tanto tempo, ma non era che lui e sua mamma ci fossero andati e tornati così tante volte. Si inoltrarono di più nella città, cercando di seguire dei segnali che sembravano poterli condurre più vicini a dove volevano andare.
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