Prima Che Abbia Bisogno. Блейк ПирÑ
è una possibilità” disse lui. “Ad ogni modo, hanno chiesto il nostro aiuto e io ho intenzione di mandare voi due. Harrison, questa sarebbe un’ottima opportunità per lei di diventare un agente sul campo e fare un po’ di pratica. White, mi aspetto che lei lo tenga d’occhio, senza però comandarlo a bacchetta. Intesi?”
“Sì, signore” disse Mackenzie.
“Vi farò avere tutti i dettagli e i biglietti per il volo entro un’ora. Direi che non dovrebbe volerci più di un paio di giorni. Avete domande?”
Mackenzie scosse la testa. Harrison rispose con un rapido “No, signore” e Mackenzie capì che stava facendo del proprio meglio per contenere l’eccitazione.
Non poteva biasimarlo. Per lei era lo stesso.
Nonostante quello che pensava McGrath, Mackenzie percepiva già che quel caso non sarebbe stato affatto banale.
Coppie.
Era la prima volta che le capitava.
E non poteva fare a meno di pensare che quel “piccolo” caso sarebbe diventato una cosa ben peggiore.
CAPITOLO DUE
Mackenzie sapeva perfettamente che uno dei luoghi comuni riguardo il governo era che tutto si muovesse a rilento, ma sapeva altrettanto bene che non si poteva dire la stessa cosa dell’FBI quando inviava i propri agenti sulla scena del crimine. Erano passate soltanto quattordici ore da quando era stata convocata nell’ufficio di McGrath, e Mackenzie stava già parcheggiando l’auto che aveva preso a noleggio davanti ad una fila di villette a schiera. Affiancò un’auto della polizia e vide che al suo interno era seduta un’agente.
Di fianco a lei, sul sedile del passeggero, Harrison stava leggendo gli appunti sul caso. Era rimasto per lo più in silenzio durante il viaggio e Mackenzie era stata tentata di provare a intavolare una conversazione con lui. Non capiva se fosse nervoso, intimorito o un po’ tutte e due le cose. Così, piuttosto che forzarlo a parlare con lei, pensò che sarebbe stato meglio per lui uscire da solo dal proprio guscio, soprattutto se McGrath prevedeva di continuare a farli lavorare insieme in futuro.
Mackenzie si prese un momento per ripassare tutto quello che sapeva sul caso. Chinò leggermente la testa all’indietro, chiuse gli occhi e richiamò tutto alla mente. La sua tendenza a ossessionarsi sui dettagli di un caso le rendeva piuttosto semplice immergersi nella propria mente e frugare come se ci fosse un archivio.
Una coppia uccisa, il che fa emergere subito alcune domande. Perché uccidere entrambi? Perché non solo uno?
Devo tenere gli occhi aperti per qualsiasi dettaglio che sembri anche lontanamente fuori posto. Potrebbe trattarsi di qualcuno che invidia lo stile di vita delle vittime.
Nessun segno di forzatura; i Kurtz hanno fatto entrare l’assassino volontariamente.
Aprì gli occhi e uscì dall’abitacolo. Poteva ipotizzare finché voleva basandosi su quello che aveva visto nei fascicoli, ma niente sarebbe stato più efficace di mettere piede sulla scena del crimine e guardarsi attorno.
Harrison scese dall’auto insieme a lei, nell’accecante sole di Miami. Mackenzie poteva sentire l’odore dell’oceano nell’aria, salato e con un sentore di pesce che non era necessariamente sgradevole.
Quando lei ed Harrison chiusero gli sportelli, anche l’agente nell’auto della polizia di fianco a loro scese dal mezzo. Mackenzie immaginò che si trattasse dell’agente incaricata di accoglierli. Sulla quarantina, era di una bellezza semplice; i corti capelli biondo cenere riflettevano la luce del sole.
“Agenti White ed Harrison?” chiese loro.
“Siamo noi” disse Mackenzie.
La donna tese loro la mano presentandosi. “Sono l’agente Dagney” disse. “Se vi serve qualunque cosa, ditemelo. Naturalmente, la scena del crimine è già stata ripulita, ma ho un fascicolo pieno di fotografie scattate quando la scena era ancora fresca.”
“Grazie” disse Mackenzie. “Per cominciare, credo di voler prima dare un’occhiata dentro casa.”
“Ma certo” acconsentì Dagney, salendo i gradini e prendendo le chiavi dalla tasca. Aprì la porta e fece cenno a Mackenzie ed Harrison di entrare per primi.
Mackenzie sentì subito odore di candeggina, o un altro detergente. Ricordava dal verbale che un cane era rimasto intrappolato in casa per almeno due giorni, facendo i suoi bisogni in giro più volte.
“La candeggina” disse Harrison “è stata usata per pulire i bisogni del cane?”
“Sì” confermò la poliziotta. “È stato fatto ieri sera. Abbiamo provato ad aspettare che arrivaste voi, ma la puzza era… davvero terribile.”
“Non dovrebbe essere un problema” disse Mackenzie. “La camera da letto si trova al piano di sopra, dico bene?”
Dagney annuì e li accompagnò su per le scale. “L’unica cosa che è stata modificata quassù è che sono stati rimossi i cadaveri e il lenzuolo” spiegò. “Il lenzuolo è ancora lì per terra, dentro una busta di plastica. Doveva essere spostato, per poter togliere i corpi dal letto. Il sangue… insomma, lo vedrete.”
Mackenzie notò che Harrison aveva rallentato leggermente, portandosi alle sue spalle. Mackenzie seguì Dagney alla porta della camera da letto, notando che era rimasta sulla soglia cercando in ogni modo di evitare di guardare all’interno.
Una volta entrata, Mackenzie vide che Dagney non aveva esagerato, così come i verbali che aveva letto. C’era molto sangue, più di quanto ne avesse visto in un solo luogo.
E, per un terrificante momento, le sembrò di essere in una stanza in Nebraska, la stanza di una casa che conosceva e che adesso era abbandonata. Le parve di guardare un letto intriso di sangue con sopra il cadavere del padre.
Scacciò l’immagine dalla mente sentendo i passi di Harrison che lentamente si avvicinava dietro di lei.
“Tutto ok?” gli chiese.
“Sì” disse lui, anche se il respiro sembrava un po’ affannoso.
Mackenzie notò che il sangue era per lo più sul letto, come c’era da aspettarsi. Il lenzuolo che era stato tolto dal letto e steso a terra un tempo era stato bianco. Adesso invece, coperto di sangue quasi del tutto secco, aveva una tonalità marrone rossastra, come di ruggine. Mackenzie si avvicinò lentamente al letto, certa che non avrebbe trovato prove. Anche se il killer si fosse casualmente lasciato alle spalle un capello o qualcosa con il suo DNA, sarebbe stato ricoperto da tutto quel sangue.
Osservò gli schizzi sulle pareti e sulla moquette, concentrandosi in particolare su quest’ultima, cercando tra il sangue una possibile orma.
Potrebbero esserci impronte, pensò. Per uccidere qualcuno in quel modo, con un tale spargimento di sangue, il killer doveva sicuramente averne anche addosso. Quindi anche se non ci sono impronte, forse c’è qualche traccia di sangue in giro per casa, che potrebbe essersi accidentalmente lasciato dietro andandosene.
Inoltre, come ha fatto il killer a ucciderli entrambi a letto? Uccidendone uno, l’altro probabilmente si sarà svegliato. O il killer è velocissimo, oppure ha preparato la scena con in cadaveri nel letto dopo il delitto.
“È un macello, eh?” commentò Harrison.
“Già” disse Mackenzie. “Dimmi… noti niente, così di primo istinto, che considereresti un indizio, una prova o comunque qualcosa su cui indagare?”
Lui scosse la testa, fissando il letto. Lei annuì in risposta, sapendo che tutto quel sangue avrebbe reso molto difficile trovare prove. Si mise persino carponi per controllare sotto il letto. Non vide altro che un paio di ciabatte e un vecchio album fotografico. Tirò l’album a sé e lo sfogliò. Nelle prime pagine c’erano le foto di un matrimonio, con la sposa che camminava verso l’altare di una grande chiesa, poi la coppia felice che tagliava la torta.
Corrugando la fronte, rimise l’album dove l’aveva trovato, poi si voltò verso Dagney, che era ancora