Il ritorno di Zero. Джек Марс

Il ritorno di Zero - Джек Марс


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      “Non devi farlo”, le disse Sara. Il semaforo diventò verde.

       Attraversò rapidamente il passaggio pedonale.

      “So di non doverlo fare. Ma voglio farlo. Ad ogni modo, ti lascio andare al lavoro”.

      “Domani sono libera”. Sara raggiunse l'angolo opposto e proseguì per la sua strada. L'ombra teneva il passo. “Ti chiamo?”

      “Certo. Ti voglio bene”.

      “Ti voglio bene anch'io”. Sara terminò la chiamata e infilò il telefono nella borsa. Quindi, senza preavviso, fece una brusca svolta a sinistra e fece qualche passo, solo per uscire dalla sua visuale. Si voltò, incrociò le braccia sul petto e si accigliò mentre il suo inseguitore girava l'angolo dietro di lei.

      Praticamente si fermò di colpo quando la vide lì ad aspettarlo.

      “Per essere un presunto agente segreto, fai schifo”, gli disse. “Ho visto subito che mi stavi pedinando”.

      L'agente Todd Strickland fece un sorrisetto. “Anche a me fa piacere rivederti, Sara”.

      Lei non ricambiò il sorriso. “Continui a tenermi d'occhio, vedo”.

      “Cosa? No. Ero in zona e stavo lavorando a un'operazione”. Lui fece spallucce. “Ti ho vista per strada, ho pensato di passare a salutarti”.

      “Uhm”, disse lei in tono piatto. “In tal caso, ciao. Adesso devo tornare al lavoro. Arrivederci”. Si voltò e se ne andò svelta.

      “Ti accompagno”. Accelerò il passo per raggiungerla.

      Lei ridacchiò. Strickland era giovane per essere un agente della CIA, non ancora trentenne, e, si rese conto, incredibilmente bello, ma le ricordava anche troppo suo padre. I due erano diventati amici quando Sara e sua sorella erano state rapite dai trafficanti slovacchi. Strickland aveva aiutato a salvarle e in quel momento aveva promesso che, qualunque cosa fosse accaduta, avrebbe fatto tutto il possibile per proteggere le due ragazze.

      Apparentemente ciò significava usare le risorse della CIA per sapere dove si trovasse Sara.

      “Quindi va tutto bene?” le chiese.

      “Già. Benissimo. Adesso vattene”.

      Ma era ancora vicino a lei. “Quel ragazzo nel tuo edificio ti dà ancora problemi?”

      “Oh mio Dio”, gemette. “Hai messo delle cimici in casa mia?”

      “Voglio solo assicurarmi che tu stia bene...”

      Lei si girò verso di lui. “Non sei mio padre. Non siamo nemmeno amici. Una volta, forse eri un... Non lo so. Un babysitter. Ma ora sembri un fottuto stalker”. Sapeva che la stava seguendo da un po’ di tempo; questa non era la prima occasione in cui era apparso all'improvviso in Florida. “Non ti voglio qui. Non voglio che mi venga ricordata quella vita. Che ne dici di dirmi cosa vuoi da me, così poi puoi andartene?”

      Strickland quasi non reagì. “Voglio che tu sia al sicuro”, disse piano. “E, se devo essere sincero, voglio che tu smetta di drogarti”.

      Gli occhi di Sara si restrinsero e la sua bocca si aprì leggermente. “Ma chi ti credi di essere?”

      “Qualcuno a cui importa di te. Se lo sapesse tuo padre, gli si spezzerebbe il cuore”.

      Se lo sapesse? “Oh, vuoi dire che non gli stai consegnando dei rapporti settimanali?”

      Strickland scosse la testa. “Non lo vedo da mesi”.

      “Quindi mi stai seguendo per qualche deviato senso del dovere?”

      Il giovane agente sorrise tristemente e scosse la testa. “Che ti piaccia o no, ci sono ancora molte persone là fuori che ricordano l'Agente Zero. Spero che non arrivi mai il giorno in cui dovrai ringraziarmi per averti tenuto d'occhio. Ma fino ad allora, continuerò a farlo”.

      “Sì. Scommetto che lo farai”. Guardò il cielo. “Cos'è quello, un satellite? È con quello che mi guardi” Sara si ficcò un braccio sopra la testa e lanciò un dito medio alle nuvole. “Ecco una foto per te. Mandala a mio padre con gli auguri di Natale”. Quindi si voltò e ricominciò a camminare.

      “Sara” la chiamò lui. “Le droghe?”

      Cristo, perché non se ne va? Lei si voltò a guardarlo. “Ho fumato un po' di erba. Qual è il problema? È quasi legale qui”.

      “Uhm. E lo Xanax?”

      Lo Xanax. La sua prima domanda fu: come faceva a saperlo? La seconda fu: perché non ha ancora fatto effetto? Ma conosceva già la risposta a quest'ultima. Il suo corpo si stava abituando a una barra. Non era più abbastanza.

      “E la cocaina?”

      Lei rise, ma era una risata amara. “Non provarci. Non cercare di farmi sentire una specie di criminale perché ho provato qualcosa una o due volte a una festa”.

      “Una o due volte, eh? Fai queste feste ogni notte?”

      Sara si sentì avvampare. Non perché l'avesse offesa, ma perché aveva ragione. Aveva iniziato provando occasionalmente a qualche festa, ma era diventata un'abitudine dopo il lavoro. Qualcosa per staccare la spina. Ma non lo avrebbe ammesso in quel momento.

      “Deve essere così facile per te”, disse lei. “Stare lì, come un Boy-scout e Army Ranger. Agente della CIA. Deve essere così facile giudicare qualcuno come me. Dici di sapere cosa ho passato. Ma non capisci. Non puoi capirlo”.

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