Solo chi è destinato. Морган Райс

Solo chi è destinato - Морган Райс


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un temporale. La zattera stava scricchiolando per lo sforzo a cui era sottoposta.

      “Lascia perdere la lancia,” disse Royce. “Dobbiamo concentrarci su come legare più saldamente insieme la zattera.”

      “Non hai visto la creatura che ha divorato la gente?” gli chiese Bolis. “Deve aver ammazzato ogni singolo marinaio che si è trovata davanti. Quel serpente di mare non è roba a cui vorrei trovarmi di fronte disarmato.”

      “E preferisci trovartelo davanti in acqua dopo che la nostra zattera è andata in pezzi ed è affondata?” ribatté Royce. Aveva visto la creatura di cui era preoccupato Bolis, e sapeva che razza di minaccia sarebbe stata, ma in quel momento anche il mare avrebbe potuto ucciderli con la stessa certezza.

      C’erano funi attaccate agli alberi dell’imbarcazione e Royce le indicò. “Cercate tutti di prendere pezzi di corda che non siano già legate a qualcosa e usatele per fissare meglio la zattera. Questa è la priorità, poi remate in modo da avvicinarci alla terra, poi pensate alle armi.”

      “Fai presto a dirlo tu,” disse Bolis, ma obbedì comunque, e così fecero Neave e Mark. Quando Matilde fece per aiutarli, ricadde indietro, facendo una smorfia di dolore.

      “Ci arrangiamo,” le disse. “Fa tanto male?”

      “Non tanto da morirne,” rispose lei. “Almeno… credo.”

      “Perché lei può restare ferma lì a riposarsi?” chiese Bolis.

      Neave si portò immediatamente davanti a lui con un pugnale pronto in mano. “Dammi una buona ragione per non aprirti la pancia e buttarti ai pesci, invasore.”

      Royce fece per mettersi in mezzo ai due, ma Gwylim fu più veloce e la stazza del bhargir bastò a dividerli.

      “Non possiamo permetterci di litigare,” disse Royce. “Dobbiamo lavorare insieme, altrimenti annegheremo.”

      I due contendenti mugugnarono, ma tornarono al lavoro, e presto la zattera parve diventare molto più stabile di prima. Da dove stava seduta, Matilde stava già lavorando a una tavola di legno per crearne una specie di remo. Royce si unì a lei e presto ebbero tutti un remo a testa.

      “Da che parte?” chiese Bolis, e Royce indicò. C’era solo una rotta possibile per una zattera del genere.

      “Torniamo verso le isole,” disse.

      “E verso la creatura,” sottolineò Mark.

      “Magari avremo fortuna e questa volta la schiveremo,” disse Royce.

      “Magari si sarà già fatta una bella scorpacciata,” disse Neave con uno sguardo che esprimeva la sua speranza che tutti su quella barca fossero stati parte del suo pasto.

      Royce non sapeva quanto questo fosse probabile, ma non pareva esserci nessun’altra opzione: dovevano tentare di tornare verso le isole.

      “Remiamo insieme,” disse. “Pronti?”

      Spinsero la zattera in direzione delle isole. Tutti davano il loro contributo, addirittura Matilde. Ma anche con tutto quel remare, era difficile avanzare, perché i loro remi non erano ben fatti per il loro compito, e perché le onde sembravano quasi determinate a respingerli verso il mare aperto. Royce sapeva che dovevano resistere. Al largo sarebbero affondati, o morti di sete, o caduti preda di qualche altra creatura del profondo. La loro unica speranza era raggiungere la terraferma.

      “Remate più forte,” gridò Royce, cercando di incoraggiarli. “Stiamo avanzando.”

      Era vero, ma erano comunque molto lenti. Attraverso gli occhi di Bragia erano solo un puntino nella vastità dell’oceano. Quel puntino si stava muovendo in direzione delle isole, ma non tanto più veloce di quanto sarebbero sembrati se fossero stati abbandonati alla forza delle onde. Ad ogni modo si stava avvicinando, tra la nebbia, e gli scogli e tutto il resto.

      “Ci siamo quasi,” disse Mark, e la sua voce risuonava di speranza davanti a quella prospettiva. Guardando tutto dall’alto usando gli occhi di Bragia, Royce poteva ancora vedere lo spigoloso labirinto di scogli attorno alle isole, le correnti vorticanti attorno ad essi che sembravano essere lì apposta per trascinargli contro qualsiasi imbarcazione si avvicinasse troppo.

      L’isola più vicina aveva delle spiagge attorno ad essa, ma quelle spiagge erano contornate da scogli e rocce, con la corrente davanti che sembrava veramente eccessiva. Guardando il quadro complessivo, Royce pensò che forse sarebbe stato meglio dirigersi verso un’altra isola, evitando la prima, considerata la pericolosità della situazione.

      Poi Gwylim ululò, un avvertimento lungo e sommesso. Il suono bastò a indurre Royce a far girare Bragia, indirizzandola verso la zattera e permettendogli così di vedere la situazione dall’alto attraverso i suoi occhi. Da là sopra Royce vide l’ombra nell’acqua che avanzava verso di loro…

      “La creatura!” gridò, ritornando in sé in tempo per vedere la bestia che si alzava dall’acqua con le sue spire sinuose, il corpo come un’anguilla, le pinne come lame, i denti che brillavano al sole.

      Si rituffò nell’acqua accanto alla zattera e l’ondata li fece dondolare quasi rovesciando la piccola imbarcazione di fortuna. In parte Royce ipotizzò che fosse proprio ciò che la creatura intendeva ottenere: magari aveva capito che la gente era molto più facile da mangiare una volta finita in mare.

      Non sapendo cos’altro fare, sguainò la spada di cristallo.

      La creatura scattò ancora una volta fuori dall’acqua, e Royce fece per colpirla, riuscendo solo a sfiorarla mentre si ergeva torreggiante sopra di lui. Il mostro lo guardò, come se stesse tentando di capire cosa fosse questa cosa che gli stava causando dolore. Poi colpì verso Royce con le fauci spalancate, ma lui saltò indietro per quanto lo spazio della zattera gli permettesse, tirando un altro fendente. Gwylim fu subito lì e saltò addosso alla bestia mordendola.

      La creatura colpì ancora e Royce la evitò allontanandosi, ma sentendo comunque la potenza delle pinne di quella cosa che sbattevano contro la sua armatura. Se non l’avesse avuta, probabilmente sarebbe rimasto ferito, ma restò comunque senza fiato per l’impatto e cadde un momento in ginocchio.

      La creatura si girò di nuovo e Royce capì che non avrebbe avuto alcuna possibilità di schivare il colpo questa volta.

      A quel punto arrivò Bolis, la sua lancia improvvisata pronta al tiro, come un arpione contro una balena, puntata contro la testa della bestia. Riuscì a colpirla in un occhio, facendole lanciare un urlo che riecheggiò nella vastità dell’oceano, mentre la bestia andava a sbattere contro Bolis spingendolo fuori dalla zattera.

      Con sorpresa di Royce, Neave si lanciò distesa a terra e lo afferrò, tirandolo vicino all’imbarcazione. Anche Mark accorse e insieme riuscirono a tirarlo fuori dall’acqua in tempo, sanguinante, prima che le enormi mandibole della creatura si richiudessero sul punto in cui si era trovato solo pochi istanti prima. Royce si fece avanti e colpi più e più volte la creatura con la spada di cristallo, facendo scorrere sangue a fiumi.

      Non bastava: il serpente marino era troppo grande per poterlo uccidere con pochi colpi, anche se con una spada come quella. Si rituffò tra le onde e Royce lo vide ritirarsi, le sue spire che formavano archi e anse mentre nuotava da un’onda all’altra.

      “Sta scappando,” disse Bolis, tenendo le mani premute contro le ferite che aveva al petto.

      Royce scosse la testa. “Non si arrenderà tanto facilmente.”

      “Ma si sta ritirando,” insistette il cavaliere. “L’abbiamo combattuto, e ferito, e ora sta andando via in cerca di prede più facili.”

      Royce scosse la testa. “Non ci sono altre prede da catturare, e non l’abbiamo ferito così tanto. Non sta scappando: sta recuperando per riattaccare.”

      In effetti Royce lo vide girarsi, le sue spire che tornavano verso di loro da lontano.

      “Remate!” gridò Royce. “La nostra unica possibilità è di remare!”

      Rimise


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