La Ragazza-Elefante Di Annibale Libro Uno. Charley Brindley
la filatura. Lei non c’era e il posto sembrava deserto.
Poco oltre la tenda, qualcuno mi parlò da dietro. Mi girai, quasi perdendo l’equilibrio e anche il carico di pane.
“Mi hai spaventata.”
“Mi dispiace.” Queste erano le parole morbide di Tendao.
Il mio fianco midoleva più di prima, ma non volevo dire a nessuno cosa era successo. Felice per un po’ di riposo, appoggiai il mio fardello sull’erba accanto al sentiero e pensai a quanto Tendao sembrava essere come Annibale, tranne per il fatto che Tendao non possedeva la forza dell’autorità che vedevo in Annibale. Obolus, anche se un elefante, era anche lui un maschio, più forte di tutti loro, ma si spaventava per le piccole cose, come facevo io.
“Andraida Lotaz per me?” Chiese Tendao.
Esitai, non volendo vederla di nuovo. Ma sapevo che Tendao aveva problemi a parlare con le persone e mi aveva aiutato, per cui non avrei neanche dovuto fermarmi per pensarci.
“Certo.”
Mi diede un oggetto. “Questo deve arrivare da lei prima del tramonto.”
Quando lo presi da lui, era molto più pesante di quanto mi aspettassi. “Che cos’è?”
“È la nostra dea, Tanit. Lotaz la vuole per il suo altare.”
La figura in cima all’oggetto era adorabile e aggraziata, alta due mani e scolpita in onice nera, con pietre blu lucide per occhi. Le due perle che Lotaz mi aveva regalato la sera prima erano ora modellate in orecchini pendenti. La dea Tanit sedeva su un trono che si trovava su una base quadrata, il tutto scolpito da un unico blocco di pietra.
“L’hai fatto tu?”Lo guardai.
“La pietra è stata scolpita un paio di giorni fa. Avevo solo bisogno delle perle per completare la statua.”
“È così bella.”Notai alcune parole scolpite sulla base. “Sai fare le parole?”
“Sì, un po’.”
“Dimmi le parole.”
“Io sono Tanit tua dea tua Tanit sono io,” lesse Tendao.
“Mi insegnerai?”
Tendao mi guardò per un momento, poi distolse lo sguardo e si volse verso il sentiero. Alla fine, si girò di nuovo verso di me.
“Perché tu–”Abbassò la voce. “Perché vuoi imparare le parole?”
“Voglio imparare tutto. Parole, elefanti, persone.”
“Ti insegnerò, ma devi promettermi di non dirlo mai a nessuno. I sacerdoti vietano a chiunque al di fuori del tempio di saper leggere e scrivere.” Indicò ogni gruppo di simboli sulla statua mentre li pronunciava. “Noti qualcosa di insolito nello schema delle parole?”
Le guardai di nuovo ma non riuscii a capire cosa volesse dire. “Mi dispiace, Tendao, non so leggere. Vedo solo che alcune parole sono ripetute.”
“Sei più brillante di quanto pensi, amica mia. Sì, le parole si ripetono.”Lesse di nuovo, questa volta partendo dall’estremità sinistra della riga anziché dalla destra, ma tutto suonava esattamente come prima. “Vedi, si legge lo stesso, siada destra che da sinistra.”
“È fantastico, Tendao. Tutte le parole sono scritte in questo modo?”
“No, non tutte.”
Poi mi ricordai del mio braccialetto. “Puoi leggere questo?”
Spostai la statua nell’incavo del braccio destro e gli tesi il polso sinistro per farglielo vedere. I suoi occhi si spalancarono mentre ruotava il braccialetto sul mio polso per esaminare le belle incisioni.
“Dove l’hai preso?”
“Uno dei soldati l’ha lasciato sul tavolo di Yzebel ieri sera. Me l’ha dato lei.”
“Questo non è stato fatto qui o a Cartagine.” Esaminò l’altro lato. “Nessun artigiano della nostra regione può fare un lavoro di così tanta qualità.”
“Riesci a leggere le parole?”
“Parole?”Chiese. “Dove?”
“Intorno al cerchio in alto, parole molto piccole.”
“Ah, sì. Adesso le vedo. Queste parole sono nostre, ma l’artigiano non proviene da qua.”
“Dì le parole per me.”
“‘Tutti gli elefanti tornano in Valdacia,’”disse Tendao.
“Valdacia?”
“C’è dell’altro. Inclinò la testa per leggere il resto, continuando attorno al cerchio, da destra a sinistra. “Non importa quanto lontano vaghino.”
“Che cos’è Valdacia?”Domandai.
“Non ho mai sentito parlare di quel posto.”
“Tutti gli elefanti tornano in Valdacia,” dissi. “Qual è il resto?”
“Non importa quanto lontano vaghino.”
“Tutti gli elefanti tornano in Valdacia, non importa quanto lontano vaghino.” Ripetei la frase e tolsi il polso dalla sua mano per vedere le parole da sola. Mentre socchiudevo gli occhi nella luce fioca, improvvisamente mi resi conto che il sole sarebbe presto scomparso dal cielo. “Oh, no!”Eslamai.“Devo tornare in fretta ai tavoli di Yzebel.”
“Sì,”disse Tendao. “Si sta facendo tardi.”
“Guarda il pane mentre vado a Lotaz con la statua.”
“Lo farò.”
Corsi lungo il sentiero, tenendo tra le braccia la statuetta di Tanit. Il dolore al fianco era quasi insopportabile, ma dovevo sbrigarmi.
Quando arrivai alla tenda di Lotaz, il suo grande schiavo sedeva sul tappeto, con le caviglie incrociate e gli avambracci appoggiati sulle ginocchia. Si alzò quando rallentai.
“Dunque,” disse. “La Ragazza Elefante ritorna.”
“Ragazza Elefante?”
“Ho sentito di come hai creato frastuono tra tutti gli animali su Via degli Elefanti.”
“Non ho creato alcun trambusto tra di loro.”
“Davvero?” Lui sorrise, e potei vedere che non intendeva nulla di male; mi stava solo prendendo in giro.
“Beh,” dissi, “c’è stato un po’di trambusto.”
“Un po’di tumulto a volte è una buona cosa.”
“Come ti chiami?”
“Sono Ardon. E tu?”
“Liada.” Mi piacevaArdon e pensai che potesse aiutarmi. “Voglio parlarti di una schiava, ma devo tornare ai tavoli di Yzebel. Posso dare questo a Lotaz ora? È di Tendao, il lavoro che ha promesso per la brocca di vino passito.”
“Lotaz non è qui al momento. È andata a incontrare Artivis. Di quale schiava parli?”
“Quella che fa i gomitoli di cotone, alla tenda da quella parte.” Feci un cenno con la testa.
“Quellaalta più o meno così?” Tese la mano, con il palmo verso il basso. “Con gli occhi scuri?”
“Sì,”risposi.
“Perché chiedi di lei?”
“Per favore, devo andare adesso. Lo darai a Lotaz quando tornerà?” Gli tesi la statua. “Parlerò domani della ragazza schiava.”
Prese la statua e io corsi di nuovo da Tendao. Gli riferii che Lotaz non era lì.
“È andata da qualcuno chiamato Artis.”
Tendao parve sorpreso da questa notizia. “Vuoi dire ‘Artivis’?”
“Sì, Artivis. Il suo schiavo ha detto che Lotaz è andata a incontrarlo.”
“Devo andare.”
Si allontanò in fretta,