Una visita preoccupante. Фиона Грейс
sistemato addirittura delle candele e c’era una bottiglia a rinfrescarsi nel cestello portaghiaccio. Sarebbe stato così romantico, pensò Lacey, se non avesse dovuto condividere la serata con la sua invadente famiglia.
Il vapore saliva dal piatto che Tom posò sul tavolo.
“Come hai detto che si chiama?” chiese Shirley, strofinandosi i palmi delle mani con trepidazione.
“Homity Pie.” Tom iniziò a tagliare la torta con un coltello. “O anche Devon Pie, come la chiamiamo nella mia città natale. Anche se a pensarci bene non so se sia stata realmente inventata a Devon o se la nostra sia solo una falsa pretesa.”
Ridacchiò e posò una fetta su un piatto, porgendolo a Naomi.
“A me sembra una quiche,” disse lei, prendendo il piatto e tenendolo sollevato a livello degli occhi, neanche dovesse fare un’ispezione per igiene e sicurezza.
Lacey le diede un calcio sotto al tavolo. “È di tradizione britannica,” disse a denti stretti.
Tom non parve offendersi, ma si limitò a sorridere. “Le ricette sono molto simili, è vero. Anche se ovviamente in questa ci sono le patate. Noi britannici adoriamo le nostre patate.”
“Sì, questo l’ho notato,” disse Shirley, tastando scettica la sua fetta con una forchetta. “Torta e purè. Fish ‘n’ chips, cioè pesce con le patatine. Dimmi un po’, ci sono altre verdure che mangiate, qui in Inghilterra?”
Lacey si massaggiò la fronte: sentiva crescere l’irritazione. Sua madre stava tentando di mostrare interesse, ma le sue parole risuonavano velatamente critiche, come quelle di uno spassionato giudice culinario.
“Certo, mamma,” disse con decisione. “E sono sicura che Tom non ha tutta questa voglia di starsene qui a elencartele tutte.”
Shirley corrugò la fronte, ma Tom non sembrava aver colto nessun commento sottinteso. Versò a tutti quanti un bicchiere di prosecco (e succo di male frizzante per Frankie, per non escluderlo) e alla fine si sedette.
“Alla famiglia!” disse.
“Alla famiglia!”
Famiglia, pensò Lacey, con uno stanco e sommesso sospiro.
Tutti brindarono, fecero tintinnare i loro bicchieri e poi si tuffarono famelici sui loro piatti.
Nonostante la tensione, le preoccupazioni di Lacey si dissolsero rapidamente mentre assaporava il meraviglioso impasto al burro di Tom, suo marchio di fabbrica. C’era un accenno di noce moscata mescolata al ripieno di formaggio e cipolla, e Tom era riuscito addirittura a infilarci dentro degli spinaci, senza però che questi oscurassero il resto del gusto con il loro sapore amarognolo.
“È un miracolo,” commentò Noemi. “Frankie sta mangiando le verdure cotte.”
“Sono saporite,” disse Frankie senza ulteriori commenti. “Non come le fai tu, mamma.”
Naomi fece il broncio.
“Il trucco è di usare del burro di buona qualità,” le spiegò Tom. “E di spremere fuori tutta l’acqua in eccesso.”
“Dove hai imparato a cucinare?” chiese Shirley piuttosto bruscamente. Sembrava più l’inizio di un interrogatorio che una semplice domanda.
“Ho seguito corsi in tutto il mondo,” rispose Tom.
“Dove?” chiese Naomi. Era il suo turno di interrompere la conversazione.
Tom riprese il discorso. “Italia. India. Paesi Bassi. Portogallo. Ho passato un anno a Parigi per perfezionare i croissant.”
“E in Scozia?” chiese Frankie, intromettendosi nella partita di ping-pong che il povero Tom stava giocando.
“Frankie,” lo rimproverò Naomi.
“Cosa c’è?” protestò lui.
Tom sorrise, senza scomporsi. “Ci sono stato, in Scozia,” disse a Frankie.
Gli occhi del ragazzino si illuminarono. “Hai imparato a fare l’haggis?”
“Certo.”
“Wow…” disse Frankie, senza fiato per la meraviglia.
“E…” aggiunse Tom, “ho imparato anche a fare i tatties and neeps, e ho la migliore ricetta della cullen skink.”
Frankie iniziò a ridere.
Lacey si sentiva scaldare il cuore nel vedere quanto Tom fosse calmo e paziente con suo nipote. Frankie sembrava averlo preso davvero in simpatia. Non aveva nessun modello maschile nella sua vita – un nonno scomparso, nessuna idea di chi fosse il suo vero padre, e ora neanche più David come zio – quindi non c’era esattamente da sorprendersi che si sentisse attratto da Tom. Ma era un sollievo che almeno una persona nella sua famiglia si stesse comportando in modo educato e cordiale, soprattutto considerato che Naomi stava facendo l’adolescente dagli occhi sgranati e Shirley non si era ancora messa del tutto a proprio agio.
“Sei piuttosto esperto, eh?” disse Shirley con voce gelida. Aveva gli occhi fissi sul suo prosecco mentre lo stava facendo rigirare nel bicchiere.
Lacey conosceva bene quel tono di voce. Sua madre stava ovviamente confrontando i risultati culinari di Tom con quelli lavorativi di David, che secondo lei non era un paragone per niente corretto. David e Tom erano come il giorno e la notte. E poi, per quello che la riguardava, seguire il proprio padre nell’azienda di famiglia non era lo stesso che partire da soli, avviando la propria attività e seguendo la propria passione personale.
“Grazie,” disse Tom, come sempre incapace di cogliere i doppi sensi tra le righe di una conversazione. Era un’abitudine che tra tutte le cose irritava Lacey, ma in questa situazione cadde piuttosto a fagiolo.
“Possiamo lasciare che il povero chef mangi qualcosa?” chiese esasperata. Indicò la torta di Tom, da cui lui non aveva preso ancora neanche un morso. “Tutte queste domande mi stanno facendo girare la testa.”
Lacey avrebbe voluto tantissimo poter parlare con Tom da sola riguardo al loro imminente viaggetto, e a come dare la notizia alla sua famiglia. Ma non ne ebbe l’occasione. Perché ovviamente la sua famiglia non la ascoltò quando lei chiese loro di smetterla di importunare Tom, e la conversazione tornò subito a una raffica di domande rivolte a lui.
Però in un certo senso Lacey si stava anche divertendo. O almeno sentiva di tollerare di buon grado la presenza dei suoi famigliari. E vedere l’espressione da cucciolotto che Frankie aveva mentre guardava Tom era effettivamente piuttosto dolce.
Decise di non rovinare quel momento con la notizia, e tenne la bocca cucita. Anche se prima o poi avrebbe dovuto sputare il rospo, per ora aveva deciso per il poi.
Era buio ormai quando il taxi li venne a prendere per portarli dalla pasticceria al Crag Cottage. I fanali della vettura illuminarono il vecchio edificio di pietra e nonostante l’abbondanza di prosecco che le rigirava nello stomaco, Lacey provò un’improvvisa fitta d’ansia al pensiero di cosa la sua famiglia avrebbe detto della casa. Era tutt’altra cosa rispetto all’elegante appartamento che aveva condiviso con David a New York, che era un ambiente moderno e confortevole. Ma per lei significava tantissimo. Era suo, solo suo. C’era un mucchio di orgoglio a tenere legati insieme quei vecchi mattoni di pietra sbrecciati.
Naomi si sporse in avanti dal sedile in ecopelle nera del taxi, allungando il collo per vedere meglio attraverso il parabrezza. “Abiti qui?” chiese con quel tono di incredulità che aveva usato così di frequente nel corso degli anni, da fargli ormai perdere l’effetto desiderato. (“Sposerai lui?” “Ti metti quello?” “Ti trasferisci lì?”)
“Già,” rispose Lacey, raccogliendo tutta la sua sicurezza e usandola come uno scudo.
Naomi distese le lunghe gambe dal sedile posteriore del taxi e scese, attraversando il prato a grandi passi.
Lacey tenne d’occhio la sorella mentre porgeva al tassista una banconota da dieci sterline. Naomi stava andando verso la scogliera e la combinazione di erba soffice, tacchi alti, buio e prosecco nelle vene faceva sentire Lacey sempre