Non resta che nascondersi. Блейк Пирс
i dettagli architettonici. Notò anche tre finestre blu, che sarebbero state perfette come punto di vedetta per un cecchino.
Informazioni utile, date le circostanze? Forse no. Ma John non poteva tanto permettersi di mettere da parte il proprio istinto. Gli era tornato utile in ben più di un’occasione.
“Dobbiamo parlare con il direttore,” disse Robert sottovoce, mentre John lo raggiungeva nel lussuoso atrio. Marmo, vetro, luci ornamentali e piante e opere d’arte disposte con gusto rendevano l’ingresso del resort davvero impressionante.
John sbuffò. “Dov’è il direttore?” chiese all’inserviente che ora stava sistemando le tre valigie di Robert su un carrello.
“Ah, excusez moi?” chiese il giovane con tono esitante. “Il direttor Pires è probabilmente indisposto al momento. Ma sono sicuro che ci sono degli impiegati che saranno più che felici di…”
“Di certo c’è un modo per farti cambiare idea, hmm?” chiese Robert con voce melliflua. Allungò un braccio e John notò una banconota da cento euro nascosta nella mano chiusa dell’anziano investigatore.
L’inserviente si schiarì la gola, guardò la banconota e i suoi occhi scattarono verso il basso bancone di marmo che costeggiava la parete opposta dell’atrio. “Non… non penso di poterlo fare,” iniziò con esitazione.
“Su,” lo incalzò Robert. “Sono certo che possiamo raggiungere un accordo, monsieur.”
Il giovane sembrava ancora riluttante. La pazienza di John a quel punto si era già quasi del tutto esaurita. Mentre Robert tentava una terza volta con sommessi e dolci mormorii, John si girò, si rivolse verso lo spazio dell’atrio e al massimo della voce gridò: “DGSI! Siamo qui per parlare con il direttore. Adesso!”
L’inserviente fece un salto e parve voler sprofondare e scomparire nel pavimento. Robert sospirò rassegnato guardando il collega, ma si mise con riluttanza i soldi in tasca e incrociò le braccia sulla giacca ordinata del suo completo.
“Ebbene?” gridò ancora John, questa volta con tono ancora più alto. “Il direttore?”
“Sono sicuro che se siamo pazienti e aspettiamo…” tentò di dire Robert, ma prima che potesse finire la frase, ci fu un rapido movimento attraverso una porta dietro a lungo bancone. Qualche cliente e un paio di impiegati stavano guardando in direzione di John, facendo però finta che non fosse successo niente.
Dalla porta apparve una donna con un’impeccabile uniforme rossa e camminò con passo rapido verso il punto in cui si trovavano i due agenti. Osservò Robert, con il suo completo perfetto e i capelli ben pettinati, e poi il suo sguardo passò a John e alle sue due felpe che ne accentuavano l’aspetto trasandato. Vedendolo, i suoi occhi si spostarono lungo l’atrio, verso due guardie addette alla sicurezza che si trovavano accanto alla porta. Esitò, ma poi si rivolse ai due agenti del DGSI.
“Salve,” disse, premendo le labbra tra loro. “Posso aiutarvi? Sono Maria, l’assistente del direttor Pires. Temo che lui non sia disponibile al momento. Come vi posso assistere?”
“Mi scusi, mademoiselle,” disse Robert, avanzando e prendendo con delicatezza la mano di Maria. Gliela strinse e fece un leggero cenno del capo in segno di saluto. “Abbiamo necessità di alcune informazioni. Se lei fosse così gentile da concederci un po’ del suo tempo, gliene saremmo eternamente grati.”
John osservò lo strano scambio, avvertendo uno fastidioso prurito in prossimità del colletto. Una volta qualcuno gli aveva detto che aveva una faccia da pitbull pigro quando era impaziente. La persona che aveva osato tale osservazione era finita in ospedale con il naso rotto e un occhio nero. Ma in quel momento John si morse la lingua e aspettò che Robert finisse a modo suo.
L’assistente al direttore parve stupita, addirittura lusingata dal modo di porsi di Robert. Quando però ebbe inquadrato il ricco investigatore, sembrò quasi essere finalmente a proprio agio, e anche parte della preoccupazione e mancanza di fiducia nei confronti di John parvero dissiparsi.
“Avete detto che siete del DGSI?” chiese con tono cortese, allungando il braccio e permettendo a Robert di accompagnarla verso il bancone.
“Sì, cara,” le rispose lui. “Una questione decisamente delicata.”
John rimase al suo posto, dimenticato da tutti, mentre i due procedevano sottobraccio verso il fondo dell’atrio. Il pavimento lucido e lussuoso brillava per effetto delle eleganti luci che lo inondavano dal soffitto.
“Sì,” disse la donna, sommessamente, gli occhi che si posavano su un paio di clienti che stavano effettuando il check-in alla reception. Le loro numerose borse e valigie erano sistemate su un carrello ora spinto da un altro inserviente in uniforme cremisi. Le valigie di Robert li stavano attendendo accanto all’ascensore, con l’inserviente loro dedicato che attendeva pazientemente in piedi con le braccia conserte.
John sollevò la borsa del suo portatile – dove aveva infilato una camicia e un cambio di boxer – e seguì con passi pesanti il collega. Chiunque si voltasse a guardarlo, si beccava un’occhiata torva da parte sua. Riuscì a raggiungere Robert e la donna con due ampie falcate.
Arrivarono al bancone insieme, e John sentì Robert che completava la frase con: “… magari in un posto più privato?”
Maria appoggiò un braccio sul bancone e lanciò un’occhiata significativa all’uomo che stava al computer, nascosto dietro al divisorio in marmo. L’impiegato fece un cenno di saluto con il capo, poi si allontanò velocemente, portandosi dall’altra parte della lunga parete divisoria.
Dal canto suo, Maria abbassò la voce e disse sommessamente: “Il signore e la signora Hanes venivano qui da sempre, per quanto ricordo. Una volta all’anno.”
“Ah,” disse Robert. “Ma lei è così giovane! Non può essere poi da chissà quanto tempo, no?”
Maria si fece sfuggire una risatina e John si sentì rivoltare lo stomaco. “Lavoro qui da quasi quindici anni,” disse la donna. “Ho iniziato come cameriera e mi sono fatta strada. Serviamo solo la clientela più prestigiosa. Come sono sicura lei saprà.”
Robert sorrise e le diede un colpetto sulla spalla, guardandola fisso negli occhi con la sua espressione accomodante. “Sì, sì,” disse, “molto impressionante. Le auguro il meglio nel suo duro lavoro. Quindici anni sono un impegno eccellente. Spero che ricompensino come si deve la sua lealtà.”
Maria esitò e arricciò il naso. Ma poi tossì e si lisciò la divisa con la mano libera. “Non ho di che lamentarmi. La coppia svizzera, però… è per questo che siete qui, vero?”
Robert annuì, gli occhi fissi su Maria come se non ci fosse nessun altro nella stanza. Ogni suo cenno del capo o sorriso, ogni singolo gesto rispondevano alle parole o alla postura di Maria, specchiando l’entusiasmo della donna, o il suo interesse, la curiosità, tutto in rapida sincronia. Per John era come assistere a una partita a scacchi fatta di linguaggio corporeo, con l’assistente al direttore che non si rendeva neanche conto di esserne parte.
Ma John sapeva, nonostante il poco tempo passato con Robert, che l’anziano investigatore non era un manipolatore. Sapeva come reagire, come rispondere, ma parlava anche sempre sul serio: aveva una fastidiosa dedizione nel dimostrare cura per tutti coloro con cui interagiva.
“Pezzi grossi del petrolio,” stava dicendo Maria sottovoce. “Però,” continuò accigliandosi, “non so se avrei dovuto dirlo.”
“No… non si preoccupi. Sta parlando onestamente. Si capisce che lei è una persona onesta, oui,” disse Robert, annuendo. “Lo si legge negli occhi, sì. E la loro stanza? Dove stavano?”
Maria si schiarì la gola. “Avevano il loro chalet in prenotazione permanente. Da quindici anni ormai, forse di più. La squadra di ricerca e salvataggio li ha cercati, ma non ha trovato nulla.”
“E quando sono arrivati il signore e la signora Hanes in questo adorabile complesso che lei dirige meravigliosamente bene?”
Maria aggrottò la fronte pensierosa, ma poi annuì di nuovo. “Ricordo tutti i nostri clienti.