Non resta che nascondersi. Блейк Пирс

Non resta che nascondersi - Блейк Пирс


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seguì la giovane agente passando accanto alla piccola cascatella in direzione di una scala in pietra e lucido legno intagliato.

      Anche la sua camera era una combinazione di vetro e legno, con una magnifica veduta sulle vallate e i precipizi. I suoi occhi si soffermarono sulle montagne innevate e le foreste imbiancate mentre posava la valigia accanto a letto e tirava fuori il telefono.

      Scorse la rubrica fino al numero di John, si accigliò un momento e decise invece di chiamare Robert.

      Nessuna risposta.

      Adele sbuffò impaziente e tornò al numero di John, schermando il telefono con il corpo in modo da tenerlo nascosto all’agente Marshall che stava accanto alla porta in paziente attesa. Mormorando tra sé e sé, Adele si portò il telefono all’orecchio e aspettò che John rispondesse.

      Dopo qualche squillo, udì un fruscio e poi la voce dell’agente Renee in un francese forte e iracondo. “Ti ho detto di smettere di chiamarmi. Giuro che vi darò la caccia e farò crollare il vostro impero, mi hai sentito? Non me ne frega un fico secco della vostra crema idratante di merda, e chiunque abbia messo il mio nome sulla vostra rubrica di numeri da chiamare la pagherà cara!”

      Poi, prima che Adele potesse dire una parola, John riagganciò, lasciandola ad ascoltare il silenzio. Adele inspirò a fondo dal naso ed espirò dalla bocca, contando lentamente nella propria testa.

      Poi ricompose il numero e aspettò, l’impazienza che saliva a dismisura. L’agente Marshall la guardava incuriosita dalla soglia.

      “Porca puttana!” iniziò a imprecare John con rabbia. “Pensi che stia scherzando, perché…”

      “John, sono io,” disse Adele con tono secco in inglese. “Adele. Taci un minuto.”

      Una pausa. Poi si sentì un delicato colpo di tosse e un’altra pausa di imbarazzato silenzio. Poi, con voce chiara e forzatamente calma, ora anche lui in inglese, John disse: “Adele? Che bello sentirti.”

      “Lo stesso per me.” Un sorrisino iniziò a incurvarle gli angoli delle labbra, ma poi svanì rapidamente con l’aggrottarsi della fronte. “Aspetta, perché non hai il mio numero memorizzato nel tuo telefono?”

      John sbuffò. “Ho solo due numeri su questo telefono. Lavoro e mia madre.”

      Adele ruotò gli occhi al cielo, ma a voce alta disse: “Mere cifre. E crema idratante, eh? A che genere di servizi sei iscritto?”

      “Divertente. Allora, ho sentito che ti sei beccata un altro caso da questa parte dell’oceano.”

      Adele annuì, poi si rese conto che John non poteva vederla e si avvicinò alla finestra che si innalzava dal pavimento al soffitto, appannando con il fiato il vetro mentre fissava il paese delle meraviglie delle Alpi. “Tra i monti, sì,” disse. “A dire il vero è per questo che sto chiamando. C’era una seconda coppia. Svizzeri. Anche loro scomparsi.”

      “Gli Hanes, sì,” disse John. “Scomparsi in Francia. Anche loro in montagna.”

      Adele si schiarì la gola e inclinò leggermente la testa di lato. “Ah, allora sai già.”

      “Non solo so,” disse John, parlando più lentamente ora che dialogavano in inglese. “Ci sto lavorando, con Robert.”

      “Davvero? Perfetto. Volevo comunque coordinarmi con il DGSI. Pensi…”

      “Beh, a dire il vero, Adele, il direttore vuole che i due casi restino separati. Non vuole mescolarsi con la situazione tedesca. Al momento stiamo trattando i due casi come scollegati.” Ci fu una leggera pausa e un tono dispiaciuto, quasi di scuse, nella sua voce.

      Adele scosse la testa. “Non possiamo ancora sapere se siano connessi o meno,” disse. “Certo Foucault questo lo sa.”

      Dall’altro capo Renee sospirò, soffiando così forte nel ricevitore che Adele quasi sentì fastidio all’orecchio. Sussultò, ma aspettò che il collega francese continuasse. “Lo so. Lo so. Ma c’è coinvolta la politica.” Disse ‘politica’ come se stesse pronunciando una parolaccia.

      “Oh? Che politica?”

      “Mettiamola così. Chi è il tuo babysitter?”

      Adele lanciò un’occhiata furtiva alla giovane agente tedesca che si trovava sulla soglia. Si schiarì la gola e disse delicatamente: “Una vecchia conoscenza.”

      “Giusto. Ma sempre BKA, eh?”

      “Affermativo.”

      “Ecco la politica. Tu hai gli scarponi del BKA piantati a terra, insieme alla gente del posto, e considerato il nostro caso, i francesi stanno annusando in giro, e anche l’Interpol. Anche gli italiani, mi dicono, vogliono ficcare il naso nelle indagini, vista la nazionalità delle vittime.”

      Adele si grattò il mento. “Ah. Allora quali sono le probabilità di coinvolgere il DGSI?” disse, sentendo la speranza che l’abbandonava.

      Un altro sbuffo da parte di John. “Fuori discussione. Il DGSI se ne sta alla larga. Foucault ha detto qualcosa tipo tanti galli e niente sole che sorge. Non ho capito. Fondamentalmente, penso mi abbia rivolto una metafora per dirmi che sono un pollo.”

      Adele sospirò, passandosi la mano libera sugli occhi e spostandosi lentamente dalla grande vetrata al piccolo cucinino vicino all’ingresso. Prese un bicchiere dallo scaffale più basso e iniziò a versarsi dell’acqua, ruotando però il pomello solo di poco per evitare di fare troppo rumore.

      “Ok,” disse quando John ebbe finito. “Ma la coppia svizzera: stai seguendo il caso?”

      “Giusto. Io e Robert siamo in coppia. Devo dire che il tuo vecchio capo è quello che i ragazzi di una volta nella squadra avrebbero chiamato un finto addormentato.”

      “Un finto addormentato?”

      “Non chissà che di facciata, ma fenomenale quando inizi a bazzicarci attorno. Tipo sveglio. Strano. Mi piace.”

      Adele sorrise della descrizione del suo vecchio mentore. Si figurò mentalmente Robert: un ometto basso e ordinato, elegante, con le basette ai lati e due denti mancanti. Era stato un padre per lei, ed era il miglior detective che conoscesse.

      “Ehi, ah, merda, devo andare principessa americana. Ti mando un messaggio se ho qualcosa. A dire il vero, lascia perdere. Te lo manderà Robert.”

      “Non mi dire che farai ancora a meno di salvare il mio numero,” disse Adele giocosamente.

      John rise. “Forse un giorno, eh? Un’altra cosa… aspetta.” La voce di John si fece più bassa, suggerendo che si era spostato il telefono dalla guancia. Adele lo sentì chiamare in lontananza. “Arrivo subito! Non farti un nodo con quei gemelli! Aspetta!” Poi, di nuovo con voce vicina e squillante. “Devo andare. Ma, Adele, fai attenzione.”

      Adele tenne sospeso il bicchiere d’acqua, fissando le costose credenze in legno del cucinino. “Come sempre. Per quale motivo in particolare?”

      “Non parlo dei tuoi grizzly assassini, o qualsiasi cosa sia. Intendo il tuo babysitter, i media. La politica.” Raddoppiò l’enfasi per l’ultima parola, caricandola di astio.

      “Starò attenta anche lì.” Adele bevve un sorso dal suo bicchiere, gli occhi che si rifiutavano di voltarsi verso l’agente Marshall che pazientemente aspettava accanto alla porta.

      “Sì, ma dico sul serio. I piani alti vogliono evitare a tutti i costi qualsiasi contatto tra le due coppie scomparse. Capito? Parliamo di fine carriera qui, se vogliamo proprio dirla tutta. Ora, normalmente non me ne frega un cacchio di quello che vogliono quei rotti in culo, ma tu sei più il tipo che potrebbe puntare alla carriera, eh?”

      “Farò attenzione. Grazie, John.”

      Senza aggiungere neanche un ciao o un arrivederci, John chiuse la chiamata e Adele si trovò ancora una volta ad ascoltare il silenzio. Arricciò il naso e infilò il telefono in tasca, sorseggiando ancora l’acqua dal suo bicchiere mentre cercava di elaborare quello che le aveva appena detto.

      “Ah, scusa?” la chiamò la Marshall dalla


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