Ahi, Giacometta, la tua ghirlandella!. Beltramelli Antonio

Ahi, Giacometta, la tua ghirlandella! - Beltramelli Antonio


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gioia ha fatto sempre un effetto catalettico: mi ha impietrito. Fra le altre disgrazie anche questa doveva toccarmi dal buon Dio.

      Ma, ditemi voi: come potevo io orientarmi dal nord al sud con sì grande velocità? Quando mi sarei logicamente atteso una tutt'altra accoglienza?... Quando ero già nel tristissimo convincimento ch'ella non sarebbe ritornata nè quella notte nè mai?

      Rimasi adunque, con la mia gioia serrata, a guardarla in una estasi immobile la quale non era adatta alla pioggia che scrosciava.

      Ella aveva imprigionato il mattino, con quei suoi capelli biondi, e lo portava con sè come l'anima di questo coso pensante, noto al secolo col nome di Francesco Balduino. Tu discendevi dalla notte, attraverso l'uggia, il freddo, il vento e la pioggia, simile a una radiosità che non può spegnersi, che non soffre mutamento. E chi non ti avesse veduta ancora, era costretto ad averti chiusa nella sua memoria, con la nostalgica malinconia che lasciano le cose troppo belle che non si potranno mai possedere. Tu piccina, esile, diritta, armoniosa, illuminata dai tuoi grandi occhi celesti e dai capelli biondi. Tu, con la tua giovinezza stellare, sola nel mondo, perchè ti si poteva essere accanto accanto senza essere in te.

      E, dopo il bacio, le sue piccole mani inguantate sulle mie spalle, gli occhi negli occhi, mi parlava ridendo, affannata come s'io fossi stato davvero il suo grande amore, nel cuore di quella notte piovosa.

      — Franzi!... Ah, Franzi come hai fatto bene a venire!... Dunque pensavi che Giacometta sarebbe ritornata un giorno o l'altro?

      Sospirai:

      — Se ci pensavo!

      Veniva innanzi, fra le lampade fioche, nella sua lunghezza sbilenca, accompagnato da un facchino carico di valige, lo zio Pertica. Aveva un berretto da viaggio calzato fino alle orecchie e un ombrello sotto il braccio, benchè piovesse a dirotto.

      Non appena mi vide mi salutò senza scomporsi.

      — Buonasera, signor Balduino.

      — Buonasera.

      E Giacometta continuava a parlare.

      — Sai?... Siamo stati a Firenze, poi a Siena, poi a Pisa. Da Pisa lo zio voleva arrivare a Roma ma non ho voluto; e sai perchè?

      — Perchè?

      — Come?... non indovini?... Ma perchè avevo un gran desiderio di rivederti. Ti ho telegrafato. Hai avuto il mio telegramma?

      — No.

      — Peccato! Ho da dirti tante cose. Quando verrai a trovarmi? Domattina?... Sì, domattina. Vieni verso le dieci. Franzi... hai pensato a me?

      — Sempre!

      — Anch'io, sai?... Anch'io! Povero Franzi, ti ho fatto soffrire?

      — Ho pensato al suicidio.

      — Non esagerare.

      — Giacometta, ti dico che ci ho pensato!...

      Uscimmo dalla stazione. Tutti si voltavano a guardarci. Il meno commosso era sempre lo zio Pertica il quale sa il diavolo qual tordo o qual beccafico si pensasse. Il certo si è ch'egli non si occupava di Giacometta la quale mi si era appesa al braccio e continuava a ridere e a cinguettare.

      Quando fummo vicini all'automobile e feci per accomiatarmi, Giacometta disse:

      — No, vieni con noi.

      — Salga, signor Balduino — soggiunse lo zio Pertica. — Ormai ella può considerarsi della famiglia.

      Io ero, quella notte, come l'ombelico del mondo, come il triangolo mistico, come la divina colomba, ero al di sopra di ogni cosa umana e di ogni vita: astro fra gli astri, costellazione fra le costellazioni, l'amore fra tutti gli amori.

      Io, Francesco Balduino.

       Indice

      Se un amico non vale un tesoro che cosa vale allora una formidabile zia?

      Per alcuni giorni io detti il mio nome mortale alla felicità. Ero così pieno di mondo, così compiuto in tutte le cose, che mi parve belloccia anche la signora Adalgisa; la qual cosa non mi era capitata mai, ve lo giuro!

      E la signora Adalgisa ritrovava i sorrisi e le graziette de 'suoi remotissimi sedici anni, tantochè ritenne necessario compilarsi una veste nuova di un gusto fantastico, sbalorditivo.

      Un giorno me la vidi arrivare tutta color zafferano; la vidi folgorare in un involucro di raso e camminar molleggiando. Due grandi boccoli neri le scendevano, attorcigliati come due trucioli, giù dalle tempie fin oltre le orecchie. E aveva le calze gialle, le scarpette gialle, i guanti gialli, il ventaglio giallo e un nastro giallo fra i capelli raccolti a nodo scorsoio sopra la fronte, come una porcheriola che stesse per dirupare.

      Ed era un giallo che prendeva a schiaffi chi lo guardava. Era una signora Adalgisa solare; pareva l'ora della canicola e della insolazione. Eppure si credeva seducente.

      Venne innanzi scodinzolando come se le suonasse dentro un tempo di minuetto, su dai vecchi precordi impolverati. E il suo visaccio, insolcato per tutti i versi, come una strada motosa in un giorno di fiera, cercava una peregrina soavità per intonarsi al nuovo involucro in cui si era infilato il suo corpo civettuolo.

      Oh, zia!... Oh, paterna zia!...

      Ristette alla mia presenza sorridendo anche dai neri vani che avevano lasciato i denti partiti per l'eterno esilio.

      — Cosa ne pensi, Francesco?

      Risposi semplicemente:

      — Sicuro!

      Ella rimase in dubbio; riprese con la sua più piccola voce:

      — Come sicuro?

      — Vi siete fatta una veste nuova.

      — Ti piace?

      — Mah?!... Ecco... il colore...

      — Già, l'avevo detto anch'io alla sarta. Io avrei preferito un verde... un bel verde pisello, ma la sarta mi ha assicurato che questo è il vero colore di moda.

      — Ve l'ha assicurato la sarta?

      — Ma sì!

      — Allora non c'è rimedio.

      — Ti sembra brutto?

      — È piuttosto vivace.

      — Però la confezione è stupenda!

      — Perdio!... Mi sembrate la signora Cagliostro.

      — E chi era questa signora?

      — Era evidentemente la moglie del famigerato Cagliostro. Ora è morta.

      — Povera donna!

      Io frattanto volgevo per la mente un atroce dubbio: perchè mai la mia signora zia si era conciata in quel modo? che pensava fare? quale infernale macchinazione si associava al suo vestito giallo. Le domandai:

      — Perdonate, zia: se non sono indiscreto, perchè vi siete fatta quella veste?

      — Ma per essere degna di te.

      — Di me?... E che c'entra?...

      — Scusa, ma quando si celebreranno le nozze dovrò ben essere presentabile!

      — E chi vi ha detto che io sposi?

      — Come?!...

      — Sì, chi ve lo ha detto?...

      Ella mutò voce e atteggiamento all'improvviso:

      — Non scherziamo, Checco. Tu sai benissimo che su certe cose non amo scherzare. Non avresti scelto, in tutti i casi, il momento buono. Poi ringrazia Iddio di avere una zia come me, che pensa a riparare alle tue balordaggini!

      Nè potei aggiunger parola ch'ella già, voltatami la parte tramontana e infilato l'uscio della


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