Èl Sgner Pirein. Antonio Fiacchi

Èl Sgner Pirein - Antonio Fiacchi


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il Rabelais fu correttore nella tipografia del Grifio e il Dickens era resocontista parlamentare quando esordiva coll'immortale Pickwick. Pare che l'arte di mascherare le miserie della vita sotto il lepore della forma sia il retaggio della famiglia di Monsù Travet!

      Fatte le necessarie proporzioni, anche il Fiacchi fu di questi minuti funzionari la cui opera, spesso dialettale, lascia per lo più la impressione salsa ed amara di una ingenuità disarmata contro gli assalti della mala fortuna attribuita a personaggi deboli, candidi e quasi deficienti, facile preda d'ogni più facile astuzia, vittime destinate del superiore imbecille, della moglie inacetita, del collega crudele o del primo raggiratore che capita. Tipi ferravilliani e pur veri, tipi che da Giovannin Bongée ad Oronzo E. Marginati ci passano accanto ogni giorno e che, appena esagerati dall'arte, ci muovono prima alla ilarità, poi alla compassione.

      Ai tempi dei tempi, viveva in Bologna un giornaletto ebdomadario nel quale era in grande onore il dialetto e che perciò non usciva dalla cerchia delle mura cittadine e in dialetto si intitolava «Ehi! ch'al scusa...» formula garbata che si adopera per fermare qualcuno e parlargli. E garbato era il giornaletto che aveva per impresa — «Colle persone usare modi gentili» —, massima del Galateo. Non conosceva politica e non si mischiava nelle piccole contese municipali, ma si volgeva specialmente ad un pubblico simpatico di signorine e di signore cui tributava l'omaggio di sonetti lusinghieri e di allusioni urbanamente madrigaleggianti.

      A questo giornaletto il Fiacchi recò fortuna colla creazione di un tipo comico — Èl sgner Pirein Sbolenfi — incarnazione di un petroniano antiquato, pesce fuor d'acqua nella vita moderna, alle prese col tenue bilancio famigliare e afflitto dalla moglie Lucrezia incresciosa e pettegola e dalla figlia Argia, già allieva delle Scuole Normali, sempre nubile, con pretese letterarie ed isterismi romantici che la condussero poi a non bella notorietà. Le risibili tribolazioni del povero uomo, esposte in lettere stravaganti ed infarcite di bizzarri idiotismi, ebbero in Bologna così allegra fortuna che in un lieto Carnevale fu eretto un villaggio di legno di cui fu acclamato Sindaco èl Sgner Pirein, sotto le spoglie dei povero orefice Magagnoli il quale fece discorsi, emanò regolamenti e mise fuori certi ameni manifesti che molti Sindaci del Regno dovrebbero invidiargli per lo spirito fine e l'acuto giudizio.

      Ma il creatore del Sgner Pirein era impiegato alle Poste e fu trasferito a Roma. Lasciò qui gli amici, il giornaletto, le piacevoli consuetudini ed ogni cosa più caramente diletta per andar lontano dalla sua materna Bologna a riassumere pratiche, ad evader note e a rivedere statistiche. Così la radice era strappata dal suolo nativo. Mandò parecchie lettere datate «dalle rive del Colosseo», ma ben presto il giornaletto sfiorì e morì ed anch'egli si spense quando la vita gli sarebbe stata più benigna e ridente.

      I bolognesi però non hanno dimenticato ancora il loro Sgner Pirein e ricordano la sua cara e buona imagine, tanto argutamente sincera, anche nella caricatura, così che ne vollero raccogliere alcune pagine calde ancora della festività antica, non per sforzarne il valore oltre quella misura che al Fiacchi piacque, ma come affettuoso e pietoso ricordo di un egregio uomo che in altre condizioni avrebbe senza dubbio prodotto di più e di meglio che un giocondo epistolario la cui vivace genialità male si può intendere da chi non vive all'ombra della torre degli Asinelli. Pietoso ufficio al quale attese con animo devoto il signor Oreste Trebbi, amico e collaboratore del Fiacchi nei giorni sereni in cui questi scherzi uscivano dalla facile vena di un umorista che non potè e forse non volle tentare le aspre vie che conducono alle cime. Pietoso omaggio di concittadini a chi tanto amò il suo nido natio e lumeggiò, sia pure con lo sarcasmo che nasconde la pietà, l'uggia dolorosa che incombe su quegli umili pei quali la rassegnazione è la sola ragione del vivere.

      Sia leggiera la terra del sepolcro al povero Fiacchi e leggero il giudizio dei lettori per queste reliquie sue!

      (1912)

      L. Stecchetti

       Indice

La nonna — Il nonno — Il papà

      dall'Ehi! ch'al scusa... del 9 febbraio e 16 aprile 1888.

Èl sgner Pirein (dall'infanzia all'adolescenza) — La famiglia Sbolenfi

      LE VICISSITUDINI DÈL SGNER PIREIN

       Indice

      Sissignore, se fosse vero non lo negherei e a dirè senza renitenza: sè, èl prem dè d'avrel mi hanno fatto caminare; avrei èl curagg ed direl... Percossa far di misteri?, dseva quèl ch' guardava èl pordgh ed S. Lùcca, ma questa è un'idea dia mî famèja, che anche lui, quant al sintirà comme è la fazzènda, converrà nella negativa. Dònca sabet, l'era ott òur che am era livà in quèl mumèint e mi affibiavo i tirant del bragh, lo so che non usano più, ma d'altra banda mî mujer l'am dis sèimper ch'am tegna sù, e che mi tenghi su, per via del decoro, e come si fa a tenersi su sèinza i tirant?! Al dis al fa, si metti la cinghia, ma nossignore che quel restringimento a travers fa male alle viscere del padre com l'ha fatt mal a quèlli dla fiola, il quale ci è una delle mie ragazze che dòp che si ostinò a andare in cinta, dsevla lî, e strecca e che te strecca, ha finito per prendersi un'applicazione di cuore, una spezia d'urisma, che quando ci vengono gli eccessi la fa pietà a tutti quelli che la circondano. Ma dscurrèin ed coss alligri, dseva quèl marè ch'cuntava la mort ed la sô spòusa... e si torni nell'argomento.

       Dunque mi affibbiavo i tiranti, quand viene dentro la Lucrezia con una cassettina che fava molta fatica a portarla... e dice: Pirein, auf! cum l'è pèisa sebbèin che sia piccina... al la manda èl sgner Vermicelli e ti prega ed purtarla alla Madonna grassa, da Stricchetti... bada però ch' l'è èl prem dè d'avrel.

      L'usservaziòn era giusta, chè mî mujer l'è una furba e mèzz, ma d'altra part io non conoscevo èl sgner Vermicelli e tanto meno il signor Stricchetti: su la cassettina c'era l'indirizzo, dunque? non ci poteva essere inganno, qualunque nei suoi pagni avrebbe detto lo stesso.

      A ciap sù la cassetta che pesava, e dalla porta della Mascarella dove cè la civica mia abitazione, am l'avvei vers la Madonna grassa... una bella aguliata! Quand a fo lè da Bentivoglio apponzai sul murizzolo la cassareina, e sudavo come se fossi una bestia.

      In quèl mèinter però che am spazzava la fronte ammatita di sudore, a pinsava che l'era una cossa uriginal che uno che non sapevo chi fosse mi caricasse di un carico da purtar a un'altra persona incognita... ma poi pensavo quanto si è serviziali non bisogna guardare in faccia a nessuno e prestarsi per la umanità in genere. E acsè a fe, con uno strascino che en vlènd sagattar il continente nella cassetta che si erano raccomandati che la portassi para, non potetti neppure profittare dell'Omnis e tanto meno del Tramwaj che è quello senza le rotatorie fora ed porta[1] che cè il caso che i cal, con rispetto dei piedi, vadino a finire nella punta dei capelli e vice versa. Basta, uscito di casa alle 9, arrivai dai signori Stricchetti al 12 e mèzz, tutto trasudato, e anellante che mi favo compassione da per me. Mi viene aprire una ragazza e mi si butta a riddere in faccia e mi pianta lì come un palio.

      Finalmente arriva un zuvnein ducatissimo, che con un ammasso di complimenti, mi dice:

      Am indspias, ma ci è un equivoco, quella cassettina che lì va a degli altri Stricchetti che stanno alla porta di S. Felice, sono nostri cucini; in quèl mèinter dedrî da di ùss saltava fora del tèst cun del stiuppà, delle schioppettate, di ridere.... Bella ducazione! Eh, a sfid, esclamai, l'è bèin lunghètta, ma bisugnarà rasegnarsi e andar alla porta ed S. Flis.

      Nella fretta d'uscir di casa am era dscurdà anch èl portafoi, una cossa che mi va succedendo, e per conseguèinza aveva una gran fam, e non potevo pagarla. Con quèl car pèis sotto il braccio e dei finimenti di stomaco che si poteva vedere, arrivo


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