Le ore inutili. Guglielminetti Amalia

Le ore inutili - Guglielminetti Amalia


Скачать книгу
l'amica che impallidiva alle sue parole crudeli.

      — Ti aspetterò domani tutto il giorno, — ella sospirò a guisa di commiato.

      — Forse inutilmente, — le rispose l'amico con un ultimo freddo sguardo, e richiuse adagio il battente, ritornò nel suo studio, s'abbattè sulla poltrona, trasse un lungo sospiro iroso, quindi si raccolse a meditare.

      Era stato duro, era stato malvagio, ma non se ne rammaricava nè se ne pentiva. Quella donna lo amava: glie ne aveva dato prove sicure, eppure egli provava un acre, egoistico piacere nel ferirla così, senza ragione, nel pungerla di sospetti infondati e di accuse ingiuste, sfogando su di lei, docile e innamorata, i suoi nervi troppo vibranti di intellettuale raffinato e insodisfatto.

      Ora lo irritava quella sua partenza per la villeggiatura mentre egli se ne rimaneva solo a lottare col suo assillante lavoro letterario che lo deludeva e lo inaspriva. E s'era compiaciuto, forse soverchiamente, di quella sua voce così tremante e supplichevole nell'ultimo saluto.

      Tanto se n'era compiaciuto che gli pareva quasi di non amarla più, di sentirla già estranea al suo cuore e indifferente al suo desiderio d'amante.

      Che cosa contava finalmente quella donna nella sua vita? E se anche l'avesse lasciata? Non ne esistevano al mondo tante altre più belle, più intelligenti, più appassionate?

      Gustavo Ardenzi crollò sdegnosamente le spalle e andò a fumare una sigaretta presso la finestra aperta, la quale s'affacciava sopra un immenso parco folto d'ombre e sonante di gorgheggi.

      — Ora mi pongo serenamente al lavoro, col pensiero libero da qualunque ossessione femminile, — rifletteva. — In fondo le donne sono i peggiori impacci allo svolgersi delle nostre facoltà superiori. Occorre eliminarle, per quanto è possibile, dalla vita del nostro spirito.

      Buttò dalla finestra il residuo della sigaretta e si volse per sedere allo scrittoio riordinando i fogli sparsi e riprendendo la penna.

      Ma in quel momento il campanello del telefono squillò acutamente e lo scrittore afferrò con mal garbo l'apparecchio ricevitore e se lo portò all'orecchio. Rimase un attimo in ascolto pensando:

      — È lei, ancora lei — e sospirò con gli occhi al cielo, infastidito e insieme lusingato.

      Invece una voce dal timbro maschile suonò nell'incavo.

      — Parlo con Gustavo Ardenzi?

      — Sì.

      — Permette a un suo ammiratore sconosciuto di rivolgerle la parola?

      — Dica rapidamente. Ho poco tempo a disposizione.

       — Mi perdoni, la prego. Mi trovo in un momento così sconvolgente della mia vita che ho bisogno di comunicare la mia pena a qualcuno che mi comprenda, a un conoscitore d'anime, a un forte, a un consolatore come lei, per non restarne vinto e sopraffatto.

      La voce lontana e ignota s'abbassò e tremò nell'apparecchio trasmettendo a colui che ascoltava la sensazione di un dolore intensamente sentito, di un affanno trepido, in attesa.

      Ma colui che ascoltava attraversava l'ora dello scetticismo arido e freddo e non se ne commosse.

      — Voi soffrite per una donna? — domandò con un lieve accento di ironica commiserazione.

      — Sì, per una donna che mi ha lasciato, che ho supplicato con tutte le umiliazioni di tornare a me, e che attendo ormai da tre giorni invano. Sono all'estremo della mia resistenza, mi trovo ridotto a un miserabile brandello d'umanità. Ditemi voi, ve ne scongiuro, una parola che mi consoli e che mi sollevi; datemi la forza di attenderla ancora e di credere ancora in lei, datemi conforto, datemi soccorso, prima che....

      Gustavo Ardenzi sbuffò d'impazienza e battè il piede in terra. Quella lamentela diventava troppo prolissa e la ragione di tutti quei gemiti, quei sospiri, quegli spasimi gli pareva così futile e così sciocca! E perchè confidare proprio a lui quelle troppo vane e troppo solite pene d'amore? Che importava a Gustavo Ardenzi se una donna si faceva aspettare dal proprio innamorato, e se costui smaniava nell'attenderla inutilmente? Che gli importavano i casi di quello sconosciuto?

      Lo sconosciuto dovette sentire, attraverso al filo sottile che portava la sua voce, l'impazienza sdegnosa di colui che l'ascoltava, perchè s'interruppe d'improvviso quasi intimidito e timoroso.

      — Voi siete un povero ingenuo od un povero illuso. Non ho altro a dirvi, — dichiarò Gustavo Ardenzi duramente, e troncò la comunicazione.

      Quindi sedette allo scrittoio, afferrò la penna e si pose a scrivere.

      Lavorò fino a sera e parte della notte a quel suo romanzo di violenta passione, egualmente lontano e staccato col pensiero dalla donna dolente ch'egli aveva angustiato con le sue amare parole e dal triste sconosciuto che invano aveva implorato da lui una consolante espressione di fede nella vita. Lavorò fino ad ora tardissima, chiuso in quell'egoistico cerchio di ardente cerebralità in cui lo scrittore s'isola con le creature del suo spirito sereno e s'apparta con esse in un suo mondo irreale, così vero tuttavia per la propria esaltazione che il mondo reale gli diviene invece fittizio e inesistente.

      Quando si coricò era quasi l'alba e quando, dopo un sonno pesante e senza sogni, egli si destò suonavano a tutte le torri le campane del mezzogiorno.

      Il cameriere gli portò il caffè e i giornali ch'egli aperse distrattamente e che percorse con lo sguardo svagato, qua e là, senza soffermarsi.

      Ma nella cronaca della città un titolo più vistoso lo attrasse: — Un noto artista suicida per amore.

      I fatti passionali interessavano sempre in lui lo studioso dell'umanità d'eccezione, ed egli lesse con attenta curiosità la narrazione minuta di quel dramma, avvenuto il giorno innanzi al tramonto.

      Il suicida era un pittore trentenne già molto apprezzato nel mondo dell'arte e ch'egli rammentava per aver acquistato in una esposizione, pur senza conoscerlo, un suo piccolo studio di testa femminile.

      Con la brutale profanazione d'ogni segreto che la tragicità d'un suicidio permette, il giornale raccontava come il giovane fosse stato abbandonato un mese innanzi dalla propria amante, una bellissima mondana, la quale gli serviva spesso da modello e che il dolore d'averla perduta e l'inutile, spasmodica attesa del suo ritorno lo avevano spinto alla volontaria morte. La madre del pittore visitandolo verso sera allo studio lo aveva trovato al telefono intento a comunicare con qualcuno, e sembrandole abbastanza calmo se n'era andata senza sostare.

      Venti minuti dopo il giovane si sparava al cuore un colpo di rivoltella e cadeva riverso ed esanime ai piedi dell'apparecchio telefonico.

      Gustavo Ardenzi, giunto a questa parte della narrazione, si fermò a meditare con la fronte segnata da due profonde rughe e lo sguardo veemente fisso al suolo. Il vago dubbio che gli era balenato al principio della lettura si faceva a questo punto rodente certezza.

      Lo scioglimento sanguinoso di quel dramma era dovuto a lui. La voce lontana che lo aveva implorato la sera innanzi al tramonto, il grido angoscioso che chiedeva soccorso ed al quale egli aveva freddamente, beffardamente negato aiuto era quello del giovine morituro che invocava da lui, esperto conoscitore d'anime, indulgente rivelatore delle umane miserie, una piccola luce di speranza o d'illusione per resistere al desiderio di morire.

      La luce non era apparsa a rischiarare l'ombra della sua disperazione, il conoscitore d'anime, il rivelatore indulgente aveva risposto con uno sdegnoso motteggio; colei ch'egli attendeva attaccato tenacemente a un inganno estremo non sarebbe più tornata alle sue braccia protese, e la forza di vivere gli era mancata d'un tratto, la volontà della fine di tutto era sopravvenuta all'improvviso, come il bisogno d'una liberazione e d'un riposo, e il gesto tragicamente definitivo, che tronca ogni male ed ogni bene, era stato compiuto.

      Lo scrittore, col capo fra le palme, rifletteva su quel triste caso umano del quale egli era stato involontariamente partecipe, e un'angoscia irosa verso se stesso lo mordeva, quasi col tormento sottile d'un rimorso.

      Perchè non s'era piegato più fraternamente verso quell'afflitto, il quale gli dimostrava tanto abbandono di confidenza da


Скачать книгу