Il Castello Della Bestia. Aurora Russell
volta una bestia che viveva da sola in un castello.»
«Questa la conosco già!» si lamentò Jean-Philippe, ma Veronica scosse il dito e poi si toccò delicatamente l’orecchio.
«Ascolta. Magari conosci una storia su una bestia, ma questa è diversa.»
Sembrò che lui volesse discutere, ma rimase in silenzio.
«La bestia aveva un aspetto spaventoso e sembrava feroce. I suoi ringhi erano così forti che echeggiavano sulle montagne e sulle colline. Tutti gli abitanti del villaggio avevano paura di lui.»
Gli occhi di Jean-Philippe si spalancarono. «Aveva i denti grandi?»
Lei annuì enfaticamente. «I più grandi! Come coltelli da bistecca, lunghi e perfidamente affilati. A volte ferivano persino le labbra della bestia, il che lo faceva sembrare ancora più terribile. Vedi, quello che gli abitanti del villaggio non sapevano era che la bestia non era pericolosa, ma era solo triste. Nessuno degli abitanti del villaggio lo sapeva, tranne un bambino, che si chiamava Ludo. Un pomeriggio, mentre stava raccogliendo delle bacche, Ludo cadde e si fece male a una caviglia. Si era allontanato da casa più di quanto avrebbe dovuto.» Quando Veronica si fermò, Jean-Philippe sembrava ascoltare avidamente. «Il suo piede era rimasto bloccato sotto la radice di un albero in un canalone...»
«Cos’è un canalone?» chiese Jean-Philippe.
«È un’altra parola per dire un fossato, come una piccola valle.»
Lui annuì e Veronica continuò, ma notò che gli occhi del bimbo cominciavano a sembrare stanchi e le sue palpebre avevano iniziato ad abbassarsi, anche se stava chiaramente combattendo contro il sonno.
«Ebbene, la famiglia e gli amici di Ludo uscirono a cercarlo, lo chiamarono e guardarono in ogni caverna e buco che poterono trovare, ma non si spinsero più lontano, nel bosco, vicino al castello della bestia e così, quando iniziò a fare buio, lui era ancora bloccato nel canalone. Aveva freddo e fame, e la caviglia gli faceva davvero male, quindi iniziò a piangere. E fu così che la bestia lo udì e lo trovò.»
Quando smise di parlare, gli occhi di Jean-Philippe, che si erano appena chiusi, si spalancarono immediatamente.
«Non fermarti! Voglio sapere cos’è successo a Ludo!» protestò.
«Sono felice che ti piaccia, mon petit, ma adesso si sta facendo tardi. Che ne dici se ti racconto il resto domani?»
«Promettez?» chiese, usando la parola francese per chiederle se lo prometteva, mentre parlava assonnato.
«Lo prometto» acconsentì lei, e si sedette accanto a lui ancora per un momento, finché non fu sicura che stesse dormendo, con le guance rosee e il petto che si muoveva uniformemente su e giù sotto il copriletto nero. Con sua sorpresa, Veronica si sentiva in pace, più di quanto non lo fosse stata da molto tempo.
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