La favorita del Mahdi. Emilio Salgari

La favorita del Mahdi - Emilio Salgari


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E perchè no sul mio? domandò Notis.

       L’eroe è sempre più forte, disse l’almea.

      Il greco aggrottò la fronte e strinse le pugna con dispetto.

       Ah! mormorò egli. Eroe!… Lo vedremo, Abd-el-Kerim!

      L’arabo salì sul mahari, allungò le braccia all’almea e la trasse in groppa, facendola sedere sulle proprie ginocchia e circondandola delicatamente colle braccia. Notis da canto suo s’accomodò sulla sella del suo animale.

       Va, mio nobile amico, disse Abd-el-Kerim, prendendo la correggia a facendola fischiare nell’aria. Tu sei abbastanza forte per portarci entrambi.

      I mahari ripigliarono la disordinata loro corsa in mezzo alla pianura, divorando la via con crescente rapidità.

      Fathma, abbandonata fra le braccia dell’arabo che talvolta se l’accostava al petto in modo da sentire i battiti del suo picciol cuore, non diceva parola. Solo di tratto in tratto girava la testa verso colui che la reggeva, figgeva i suoi neri e grandi occhi sul di lui volto, e le sue labbra coralline aprivansi a un sorriso affascinante.

      Abd-el-Kerim, nel sentirla appoggiata così mollemente sulle ginocchia, nel sentire la lunga e nera capigliatura sferzargli il volto, e talvolta circondare e arrestarsi intorno al suo collo, nel respirare l’ardente alito di lei, nel guardarla, provava delle emozioni così strane, così voluttuose, così dolci, che parevagli talvolta di sognare. Il sangue gli montava alla testa e gli circolava più rapido nelle vene, il cuore battevagli febbrilmente, i suoi occhi si fissarono involontariamente su lei, e, per quanto facesse, non riusciva a staccarneli.

      In mezzo a quelle emozioni che a poco a poco facevansi più forti, l’immagine abbagliante della fiera Elenka s’oscurava, sfumava, scompariva. Persino l’immagine di Notis s’abbuiava e cancellavasi, e a segno che l’arabo credevasi di essere solo con Fathma a percorrere la pianura.

       Fathma, disse d’un tratto egli, con una voce nella quale suonava un accento infinitamente accarezzevole.

      L’almea, nell’udirsi chiamare, si scosse e volse il capo verso di lui.

       Fathma, dove andrai quando saremo a Hossanieh?

       Perchè? chiese ella.

       Perchè?… Ma…

       Ti interesserebbe forse il saperlo?

      L’arabo sussultò e ammutolì.

       Rimarrò in Hossanieh.

      Abd-el-Kerim la trasse vivamente sul petto. Egli si chinò verso di lei, come volesse dirle qualche cosa, ma non ne ebbe il tempo.

       Abd-el-Kerim! gridò Notis in quell’istante.

      L’arabo tremò e si volse indietro come se una vipera l’avesse morso.

       Siamo in vista del campo!

      Un profondo sospiro uscì dalle sue labbra.

      CAPITOLO III. I due rivali

      Il campo egiziano era piantato in una pianura aridissima, solcata però qua e là da piccoli ruscelli e sparsa di antichi bir o pozzi, a pochi passi dalle ultime capanne o tugul del villaggio d’Hossanieh. Si componeva di un trecento tende, disposte su tre ordini, che si piegavano cingendo la gran tenda del pascià sulla quale sventolava la bandiera egiziana, e quelle inferiori ma non meno elevate, degli ufficiali.

      Ottocento uomini, la maggior parte dei quali nubiani e sennaresi, con pochi pezzi d’artiglieria e una compagnia di basci-bozuk a cavallo, erano tutti quelli che occupavano il campo, sotto il comando di Dhafar pascia, uomo agguerrito ed intrepido che conosceva a menadito e l’Hossanieh e il Sudan, e che si era proposto di raggiungere, nonostante che il paese fosse battuto da numerose orde del Mahdi, l’esercito di Hicks e di Aladin pascià che operava verso El-Obeid, la capitale del Kordofan.

      I due mahari, appena che ebbero fiutato la vicinanza dell’accampamento, s’affrettarono ad allungare il passo, sicché pochi minuti dopo arrivarono alle prime sentinelle, le quali conosciuto in coloro che li montavano due ufficiali, li lasciarono passare senza dare l’allerta né chiedere chi fossero.

      Abd-el-Kerim s’arrestò dinanzi alle ultime capanne d’Hossanieh.

       Dove vai, Fathma? chiese egli all’almea.

       A quella casipola che vedi laggiù sull’orlo di quel campo di durah, rispose Fathma con voce dolce. Non occorre che tu mi accompagni, il leone che uccise il povero Daùd non mi minaccia più.

      Notis era disceso da sella e si era avvicinato al mahari dell’arabo. Egli tese ambe le mani, sulle quali s’appoggiarono i piccoli piedi dell’almea, tanto piccoli da muovere ad invidia quelli delle chinesi, e la depose a terra.

       Ci rivedremo ancora, adorabile creatura? domandò il greco.

      Un sorriso leggiadro sfiorò le labbra di Fathma.

       Se Allàh lo vorrà, rispose ella.

       Proverei gran dispiacere se tu avessi a scomparire per sempre.

       Ah!…

       Sei bella, Fathma.

       Non te lo domando.

       Sei più bella delle urì del paradiso. Ed io…

      L’almea gli lanciò un’occhiata fulminea e aggrottò la fronte.

       Notis, disse l’arabo gravemente.

      Il greco, che stava allungando le braccia verso l’araba, si arrestò.

      – Allàh ybàrek fik, (Iddio ti benedica) disse Fathma, alzando le mani verso Abd-el-Kerim.

      Si gettò la carabina ad armacollo, s’avvolse nel suo bianco taub e s’allontanò con passo rapido, con andatura fiera e maestosa facendo tintinnare graziosamente le numerose anella che ornavano le sue braccia.

       Per Allàh! esclamò Notis quasi con collera. Non ho mai trovato in vita mia un’almea simile. Da quando una donna che va a danzare pegli accampamenti, torce il viso per una parola melata?

       Ti sorprende forse? chiese Abd-el-Kerim, con un tono di voce sotto il quale sentivasi una leggiera vibrazione ironica.

       E sfido io!

       Fathma, non è un’almea comune.

       E nondimeno s’abbandonò fra le tue braccia. Ah! Abd-el-Kerim tu sei fortunato.

       Perchè?

       Avrei pagato mille piastre per sentirmela pur io adagiata sulle mie ginocchia, colla sua testolina appoggiata sul mio petto.

       Sei pazzo, Notis. Saresti per caso innamorato morto di lei?

       Non ti pare che sia bella?

       Più bella di tutte le donne che vidi da venticinque anni a oggi.

       Anche più bella di mia sorella Elenka?…

      L’arabo preso alla sprovveduta si turbò e non rispose.

       Ah! fe’ il greco ironicamente. Elenka adunque la trovi inferiore a quell’almea, tu, l’innamorato, il fidanzato di mia sorella.

       Tu discorri senza riflettere, disse Abd-el-Kerim, rimettendosi prontamente, come vuoi che io, che adoro Elenka, trovi che un’altra donna, che non mi interessa nè punto nè poco, la sorpassi in bellezza! Hai torto di dubitare di me.

       Sono pazzo, amico mio, lo so, a dubitare di te. Orsù, riparliamo di Fathma.

       Come vuoi Notis.

       Sai innanzi a tutto chi è e da dove venga?

       L’ignoro. So che chiamasi Fathma


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