La perla sanguinosa. Emilio Salgari

La perla sanguinosa - Emilio Salgari


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come parlando fra sé:

      «Se si potesse sapere il luogo preciso dove quell›uomo si è lasciato andare a picco… chissà!»

      «Ma io lo so, signor Will, – rispose il malabaro. – Mi è stato indicato esattamente da uno degli uomini che inseguivano il ladro sul mare.»

      «E se qualche squalo avesse divorato il ladro e la perla insieme? E poi in due anni il corpo si sarà disciolto e chissà dove sarà andato a finire il terzo occhio del dio cingalese. Tuttavia non disperiamo, – aggiunse poi, vedendo che Palicur impallidiva. – La perla può essersi mescolata alla sabbia.»

      Stette un momento silenzioso, poi riprese.

      «Vorrei sapere perché il Guercio si trovava al penitenziario. Vi è un punto oscuro che vorrei dilucidare.»

      «Io lo so, – disse Jody. – Me lo ha raccontato Foster, una sera che era mezzo ubriaco.»

      «Narra dunque.»

      Il mulatto stava per aprire le labbra, quando avvenne un urto violentissimo che fece alzare di colpo la scialuppa, mentre nello stesso momento uno sprazzo di materia nera come l’inchiostro, che tramandava un acuto odore di muschio, si rovesciava sui banchi, mandando a gambe levate i tre forzati e inondandoli da capo a piedi.

      8. I vampiri dell’oceano

      Passato il primo istante di stupore e, diciamolo pure, anche di spavento, i tre forzati, che grondavano come se si fossero immersi in un tino pieno d’inchiostro, si affrettarono ad alzarsi, afferrando Will la carabina e Palicur la pistola di Jody, che aveva trovato sottomano.

      La scialuppa, dopo quell’improvviso urto, si era arrestata di colpo a causa probabilmente di qualche guasto avvenuta alla macchina o all’elica, e ondeggiava vivamente fra larghi sprazzi di spuma, sollevati intorno a essa dall’essere misterioso che aveva inondato, di quella materia nera puzzolente di muschio, i tre uomini.

      Will, che per primo giunse a prua, mandò tosto un grido d’orrore:

      «Oh! Che orribile mostro! Indietro, amici!»

      Un animale di enormi dimensioni, dal corpo fusiforme, lungo una mezza dozzina di metri, di colore rossastro, con otto braccia munite di ventose che gli coronavano la testa, lunghe ognuna sei o sette metri, si agitava dinanzi alla scialuppa, aprendo e richiudendo la bocca che aveva un’apertura di mezzo metro. I due occhi, che avevano uno sviluppo spaventevole, piatti, glauchi e con un lampo giallo che faceva paura, si fissarono subito sul quartiermastro come se volessero affascinarlo.

      Lo sperone della scialuppa doveva aver ferito quel mostro, poiché fra due tentacoli sfuggiva della materia nerastra e viscida che tingeva la spuma d’un color rosso brunastro.

      «Un millepiedi!» gridò Palicur, che aveva raggiunto il quartiermastro.

      «O meglio una piovra colossale, – aggiunse Will. – Bada, Palicur! Se uno di quei tentacoli ti afferra, ti succhierà il sangue fino all’ultima stilla.»

      «Conosco quelle bestie, signor Will, – rispose il malabaro, che non pareva affatto spaventato. – Ne ho sventrato parecchie nei bassifondi di Manaar; è bensì vero che le mie non erano così colossali.»

      Il calamaro gigante, furioso per la ferita ricevuta, non pareva disposto ad andarsene senza prendersi una rivincita. Agitando burrascosamente le sue otto braccia, due delle quali erano più lunghe delle altre, in un lampo si fece addosso alla scialuppa, cercando di avvincerla e di rovesciarla, cosa certo non difficile per lui.

      «Attenti, amici!» gridò Will, puntando la carabina verso la bocca spalancata del mostro, quantunque non ignorasse che ben poco avrebbe potuto fare una palla su quella massa gelatinosa che non offriva alcuna resistenza ai proiettili. Jody era pure accorso, armato d’un solido coltellaccio, l’arma migliore contro quei mostri.

      La scialuppa, stretta fra quelle poderose braccia, che l’avevano ormai avvinghiata strettamente tutt’intorno, fu sollevata dalle acque. Jody e Will mandarono un urlo di spavento, credendo che venisse capovolta; solo il malabaro non perdette il suo sangue freddo.

      Con una mossa rapida strappò al mulatto il coltello, poi con un salto improvviso balzò in acqua, gridando:

      «Lasciate fare a me!»

      Scomparve per un momento, poi emerse dietro al mostruoso calamaro. Nella destra stringeva sempre il coltello.

      Will intanto scaricò la carabina nella bocca del mostro. La fiamma, che gli bruciò quella specie di becco di pappagallo che formavano le labbra, più che la ferita prodotta dal proiettile, costrinse il calamaro a lasciare la scialuppa, facendola ricadere in acqua.

      Nel medesimo tempo il malabaro si rituffava.

      «Palicur! – gridarono il quartiermastro e Jody, spaventati di vederlo così vicino al mostro. – Pazzo, che cosa fai? A bordo!»

      L’intrepido pescatore di perle, abituato ad affrontare i formidabili abitatori dei fondi sottomarini, non era così pazzo come credevano, perché ad un tratto videro il calamaro vomitare tutta la sua riserva d’inchiostro, poi indietreggiare rapidamente, mentre i suoi tentacoli battevano disperatamente le acque. Il malabaro lo aveva assalito per di sotto e affondava furiosamente il coltellaccio nell’enorme massa gelatinosa, cacciandovi dentro perfino il braccio per squarciare i tre cuori che quei mostri posseggono.

      Invano il cefalopodo si dibatteva forsennatamente, per strapparsi quel nemico che gli era come appiccicato. I suoi tentacoli fischiavano per l’aria colla velocità di altrettante fruste e s’immergevano cercando di afferrare l’audace pescatore e dissanguarlo; i suoi occhi, già enormi, si dilatavano, mentre le sue carni smarrivano il colore rossastro per diventare biancastre, quasi trasparenti. Pareva che perdessero la loro consistenza e si vuotassero, per afflosciarsi come cenci.

      A un tratto il calamaro ripiegò le sue terribili braccia e si lasciò andare a picco, dopo aver scaricato in direzione della scialuppa un ultimo getto d’inchiostro.

      Il quartiermastro e Jody, che avevano assistito con angoscia alla lotta impegnata dall’ardito pescatore di perle con quel formidabile avversario, abitatore delle misteriose profondità del mare, per un istante credettero che il malabaro fosse stato trascinato a fondo dall’enorme massa che calava. Invece lo videro emergere bruscamente a dieci passi dalla scialuppa, stringendo ancora il coltellaccio.

      «Qui, Palicur!» gridarono ad una voce Jody ed il quartiermastro.

      Il pescatore con poche poderose bracciate raggiunse la scialuppa e fu tosto issato a bordo.

      «Hai nessuna ferita?» gli chiese premurosamente Will.

      «No, – rispose il valoroso indiano, sorridendo. – I suoi tentacoli non sono riusciti ad afferrarmi; d›altronde mi sarei affrettato a reciderli con un buon colpo di coltello.»

      «Sei stato pazzo a esporti così.»

      «Se non avessi assalito il calamaro sott›acqua, avrebbe finito col rovesciare la scialuppa. Quantunque gelatinosi, quei brutti mostri posseggono una forza straordinaria, specialmente nelle braccia. Io lo so per averlo provato.»

      «Dove?» chiese Jody.

      «Sui banchi di Manaar. Per due volte, mentre cercavo le perle dieci metri sott›acqua, mi sono trovato alle prese con delle piovre e sono sfuggito per puro miracolo a una morte sicura.»

      «Narra…»

      «La macchina, prima, Jody, – disse il quartiermastro. – Se si è arrestata deve aver subito qualche guasto.»

      «Funziona, signore; è l›elica che deve essere stata contorta o spezzata dai tentacoli del mostro. Fortunatamente ne abbiamo una di ricambio a vite e mi sarà facile metterla a posto. Basta che spostiate il carbone verso prua, in modo che l’albero motore rimanga sopra il livello dell’acqua.»

      «Non perdiamo tempo. Non dobbiamo dimenticare che abbiamo il Nizam alle spalle.»

      «C›inseguirà ancora?» chiese Palicur.

      «Non ne dubito, – rispose il quartiermastro. – Sanno i nostri inseguitori che la nostra provvista di carbone non può durare a lungo, e aspetteranno


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