Le stragi delle Filipine. Emilio Salgari
a quella costruzione si estendeva un ampio parco, dove crescevano i piú pregiati alberi della flora spagnuola ed indo-malese, difeso da alte muraglie di recente costruite e che all’opposta estremità terminava in un chiosco graziosissimo, colle pareti di pietra ed un tetto acuminato, sormontato da un’alta antenna sostenente un drago argentato.
Le finestre della palazzina erano chiuse, ma a Romero parve di scogere attraverso le fessure d’una persiana, un raggio di luce.
– Al chiosco, – diss’egli ad Hang-Tu, che pareva attendesse una risposta. – Là non correremo alcun pericolo.
Disgraziatamente, proprio in quel momento, due ribelli attraversavano correndo la piazza, inseguiti da lontano da alcuni cacciatori.
– Troppo tardi, – disse Hang-Tu.
– Seguitemi, – rispose invece Romero.
I cacciatori li avevano però veduti e supponendo d’aver da fare con degli insorti, avevano sparato contro di loro alcune fucilate, senza però colpirli. Romero lanciò il suo cavallo lungo le mura del parco che in quel luogo descrivevano una curva, seguito dai compagni.
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