Parvenze e sembianze. Albertazzi Adolfo
e ad accarezzare le ragazze. Per dire la verità, che colpa avea lui se le donne vedendolo “fresco, sano, robusto e ben fatto della persona„, gli volgevano occhiate lusingatrici e se egli, piú tosto che ad attendere i beni del sacerdozio, si sentiva “inclinato a godere la dolcezza del maritaggio?„ Basta; còlta un giorno nella chiesa vescovile una bella e docile giovinetta e trattala pudicamente dietro un banco le diede solo sette baci, e poi, cosí per gioco, s'andò a confessare dal cappellano; e questi in penitenza gli ingiunse su 'l serio “di mangiare o almeno ben masticare sette fila di paglia della lunghezza ciascuna di un piede, per causa che la confessione portava sette baci„.36Era dunque l'esorbitanza d'una ridicola e proterva severità, e Gregorio stucco e ristucco piantò lo zio e si recò a Milano dai parenti della madre, presso cui stette due anni.
Ma pur troppo don Augusto Leti saliva rapido la scala degli uffici ecclesiastici, e divenuto vicario d'Orvieto con in vista la nomina a vescovo, volle ancora il nipote con sé.
Lo riebbe infatti, e cominciò ad esortarlo con paterna dolcezza che, non avendo beni sufficenti per vivere gentiluomo, si facesse prete o alla peggio soldato, e onorasse la famiglia nella maniera di suo padre. Gregorio scuoteva la testa: Né armi né brevario! Piú tosto medico o legale; ma lo zio vicario, che con ragione aveva poca fede nella scienza e nella legge umana, scuoteva egli pure il capo sospirando e scongiurando Iddio, e alla fine lasciò Gregorio libero di sé e della roba sua: chi avrebbe potuto frenarlo?
Il giovinotto lieto e avventato come un puledro che si senta le briglie su 'l collo, vagò alcun tempo per l'Italia e sprecò gran parte dei quattrini lasciatigli dalla madre; indi, com'era naturale, fece ritorno allo zio già vescovo in Acquapendente, che l'accolse tuttavia con bontà e con speranza di rimetterlo per la strada buona. Ma in Gregorio non c'era solo lo scapato, c'era l'incredulo, e che guajo per monsignor vescovo avere un nipote il quale non voleva piú comunicarsi!
– Gregorio, Gregorio – gli diceva – : se tu non pigli altra strada, o che tu morrai eretico, o che sarai processato in qualche inquisizione! —37
Quand'ecco un giorno di settembre del 1658 monsignor vescovo cerca il nipote e non lo trova; e una giovine, Antonia Ferretti, che il nipote di monsignore aveva fatta uscire di monastero con promessa di matrimonio, cerca l'amante e non lo trova: né lo zio seppe piú nulla di lui fino a che apprese ch'egli si perdeva in Bologna nell'amore d'una cantatrice; né la fidanzata ebbe piú altra notizia di lui fino al dí in cui le fu detto ch'egli era a Ginevra calvinista e ammogliato! Tutto vero; perché da Acquapendente Gregorio era corso ancora qua e là in cerca di vita allegra, e venuto a Bologna con la cantante e compiute chi sa quali pazzie, aveva poi considerato seco medesimo come seguitando di tal passo avrebbe in poco tempo dato fondo a quel po' di roba che gli rimaneva, e come il meglio gli sarebbe stato recarsi a Parigi per cercarvi fortuna alla corte. Cosí postosi subito in viaggio e giunto a Valenza, vi aveva ottenuta la protezione del marchese di Valavoir generale dell'armi francesi in Italia; s'era inteso con un capitano ugonotto a rilevare i mali della Chiesa di Roma, e poscia s'era invaghito di portarsi a Ginevra, luogo di paradiso per la libertà del governo e per la rettitudine del calvinismo che vi si professava. Rimasto a Ginevra alcuni mesi dopo fatta l'abiura e passato a Losanna, qua aveva stretta amicizia co 'l celebre medico Guerin, padre d'una ragazza bellissima diciottenne; e come il medico filosofo l'innamorava sempre piú della riforma, egli pian pianino innamorava di sé la figliuola di lui, la quale presa in moglie tre mesi dopo, s'era ricondotto in Ginevra.
Appena fu risaputo ch'egli abitava in quel covo di eretici, il povero zio e la povera Ferretti gli scrissero amorosamente che tornasse.
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