La guerra del Vespro Siciliano vol. 2. Amari Michele
rel="nofollow" href="#n67" type="note">67 in Provenza, al quale al papa mandava i due cardinali Gherardo da Parma e Benedetto Gaetani68, perchè tra la riputazione della porpora e la capacità degli uomini, ogni cosa andasse a posta loro, alla prima si disse a Giacomo ch’inviasse suoi oratori, o si fece sperare d’ammetterli; ma quand’ei spacciò di giugno milledugentonovanta Gilberto di Castelletto e Bertrando de Cannelli, il re d’Aragona rispondea: si stessero; non gli sturbasser la pace sua; ferma quella, più agevol sarebbe a Giacomo69. Intanto i cardinali legati a diciannove agosto del novanta avean fermato un patto con Carlo II e Filippo il Bello, che fatta la pace con Aragona, ma persistendo la Sicilia, il re di Francia si godesse sempre la decima accordatagli per tre anni, e l’avesse per altri anni due con pagare al papa per le spese della guerra di Sicilia quattrocento mila lire tornesi, che si ridurrebbero a trecento mila racquistandosi l’isola entro un anno e due mesi. Non conchiusa la pace con Alfonso, il re di Francia darebbe dugento mila lire solamente; sarebbe aiutato dal papa contro l’Aragona, e anco da Carlo II, se questi riavesse la Sicilia nella quale dovea principiarsi la guerra70. E’ manifesto così qual pace serbassero a Giacomo: nè allora l’ignorava alcuno. Andò al congresso re Carlo co’ dodici commissari di re Alfonso e delle corti d’Aragona, presenti i due legati del papa, e quattro d’Inghilterra. Adunaronsi in Tarascon; e segnarono il trattato a Brignolles, il diciannove febbraio milledugentonovantuno.
Nel quale umiliossi Alfonso a promettere di chieder perdono al papa, dapprima per legati, indi entro dieci mesi anco in persona; di guerreggiar in Terrasanta; di rendere a Carlo gli statichi, la moneta, i prigioni di guerra; di richiamar tutti i sudditi suoi di Sicilia, e togliere a Giacomo ogni aiuto. S’ingaggiò Carlo in cambio a procacciar l’assentimento di Filippo il Bello e del Valois: vedrebbe la Chiesa di rivocar la concessione del reame a costui, e ribenedir l’Aragona. Lasciossi luogo ad entrar tosto nella pace al re di Maiorca, e a quel di Castiglia, se si potesse71. Il dì appresso i due cardinali intimavan questo trattato a Francia e alla corte di Roma72. Tanto si legge ne’ diplomi. Il Neocastro a queste condizioni aggiugne: riconosciuta l’alta signoria d’Alfonso su Maiorca; fermato censo annuo di trenta once d’oro, che pagasse Aragona alla corte di Roma; stabilito con quali forze dovesse andar Alfonso in Roma e indi in Terrasanta, e in Sicilia a procacciar anche con le armi la sommissione di Giacomo. Fu tolto allora ogni ostacolo al matrimonio d’Alfonso con la figliuola d’Eduardo d’Inghilterra: e un altro poco appresso ne strinse re Carlo per ottener la rinunzia del Valois, dando a Costui in isposa la sua figliuola Margherita, con le contee d’Angiò e Maine73.
Non ebbe tempo Alfonso a raccoglier di questa pace altro che il biasimo. Accrebbelo con fornir munizioni navali a Genova, per l’armamento di sessanta galee agli stipendi di re Carlo; che ripigliato animo alla impresa di Sicilia, di marzo andò in Genova, co’ due cardinali legati, a invitarvi que’ mercatanti guerrieri74. Ma quando più lieto si dipingea l’avvenire ad Alfonso, robusto e sano a ventisette anni, assicuratosi il reame, vicine le nozze con la bella figliuola d’Eduardo, una malattia di tre giorni l’uccise, il diciotto giugno del medesimo anno, pria che si fosse mandata ad effetto alcuna parte del trattato. Per non essere di lui figliuoli, ricadea la corona a Giacomo re di Sicilia. Talchè a un tratto dissipò la fortuna le meditazioni di chi avean intrecciato sì sottilmente la pace; e arrise alla Sicilia, per apparecchiarle più torbidi tempi, e poi maggior gloria. Giacomo, al primo avviso, convocato in fretta un parlamento a Messina, con molto affetto parlò; e, come suolsi sempre partendo, giurò eterno l’affetto, accomiatandosi da’ popoli in Messina, Palermo e Trapani; donde entrò in nave il dodici luglio. Lasciò luogotenente il fratel suo Federigo; una forte armata; assai acquisti in Calabria; e chiara fama di sè. Perchè negli otto anni che resse di presenza lo stato, dapprima vicario, poi re, s’ei fu in qualche incontro ingannatore e crudele, ne fece ammenda con la benignità nell’universale, i larghi ordini delle leggi, la virtù di guerra, le avventurate imprese contro i nimici della Sicilia. Oltre a ciò, sotto il suo governo ristoravasi la nazione a floridità e ricchezza; alleviata dalle tasse, e dalla tirannide che tutto soffoca in disperato letargo; francheggiata da sicurezza di buone leggi, e dalla virtù della rivoluzione che animava ogni parte del viver civile. Per le quali cagioni, accompagnavano amorosamente i Siciliani coi lor voti quel principe, che pochi anni appresso dovea meritare le più disperate maledizioni75.
CAPITOLO XIV
Primordi del regno di Giacomo in Aragona. Raffermata amistà tra Sicilia e Genova. Per quali ragioni allenava la guerra. Fazioni di Ruggiero Loria nel reame di Puglia e in Grecia. Giacomo si volge alla pace. Opinione pubblica in Sicilia; patriotti, Federigo d’Aragona, fazione servile; primi oratori al re. Primo trattato di Giacomo con re Carlo. Celestino V ratifica la pace. Più vigorosamente la procaccia Bonifazio VIII. Pratiche delle corti di Roma e d’Aragona con l’infante Federigo. Nuovi oratori a re Giacomo. Federigo chiamato al regno di Sicilia. Vana prova di papa Bonifazio a impedirlo. Settembre 1291 – gennaio 1296.
Volle re Pietro disgiunti i due reami d’Aragona e Sicilia, che per la distanza di tanto mare, e più per la libertà degli spiriti ed ordini pubblici, mal si potean reggere insieme, nè l’uno avria sofferto la dominazione dell’altro. Però chiamava a succedergli in Aragona Alfonso; Giacomo in Sicilia; quegli per testamento a Port Fangos pria dell’occupazione dell’isola; questi nel parlamento di Messina76: e venendo poi a morte, per fuggir viluppo novello di scomuniche, non fe’ altro lascio delle due corone combattutegli sì acerbamente dal papa; ma probabil è che desse in voce alcun solenne ricordo a tenerle divise per sempre77. Perchè a dieci marzo dell’ottantasei, Alfonso, giovane e ne’ principi d’un regno, piuttosto per compier tale ordinamento politico del padre, che per pensiero ch’aver potesse della morte, istituiva erede Giacomo, sì veramente che lasciasse la Sicilia a Federigo; e dava a Federigo la seconda aspettativa del reame d’Aragona, se Giacomo avesse più a grado la corona dell’isola, o si morisse senza figliuoli; nel qual caso poneva a Federigo ugual legge di risegnar la Sicilia a Pietro, lor ultimo fratello78. Ma Giacomo, che in fatto di principato mai non guardò misura, dapprima rimettea al caso della sua morte senza prole il partaggio delle due corone79; e allontanato di Sicilia, più aperto dinegava quei termini, che non eran legge scritta del padre, nè Alfonso li potea comandare. Non ceduta l’isola dunque; nel coronarsi a Saragozza il ventiquattro settembre del novantuno, protestò ascender quel trono per ragion del suo sangue, non per lascito di Alfonso80. Fortificovvisi con assentir quante più larghe franchezze e guarentige sepper chiedere le corti; con fidanzarsi a una fanciulla di nove anni, figliuola di Sancio re di Castiglia; e fermar di novembre del medesimo anno la pace con questo vicino, stigator delle civili turbolenze d’Aragona81. Raffrenò anco le guerre private; spense i ladroni che infestavano il paese82; spinse suoi maneggi fino a chieder aiuto di danari al soldano d’Egitto, al quale mandò Romeo di Maramondo e Ramondo Alamanno a vantar le sue vittorie e la sua possanza su tutte le corti cristiane della Spagna83: e fin qui rideasi della corte di Roma, fattasi a vietargli, con parole più che fermi colpi, il possedimento dell’Aragona84.
Tornaron vane del pari le pratiche di suscitar Genova a gagliardi aiuti contro la Sicilia, tentate come dicemmo fin dai primi principi di quella guerra, e ripigliate da Carlo lo Zoppo dopo la pace con Alfonso, e or incalzate con maggior calore anche dal papa85. Ma Genova in quel tempo non curava nelle cose temporali l’autorità della cotte di Roma; e quanto alla corte di Francia, se volea tenersela amica per comodo de’ commerci, il medesimo interesse la tirava a restare in pace con Aragona e Sicilia, nè
68
Bart. de Neocastro, cap. 112.
Raynald, Ann. ecc., 1290, §§. 18 e 19, breve del 23 marzo 1290, e §. 20, diploma del 20 gennaio
69
Bart. de Neocastro, cap. 114.
La testimonianza di questo scrittore intorno al permesso dato a Giacomo di mandare ambasciadori, è confermata da un breve di Niccolò IV, indirizzato il 16 gennaio 1291, a Carlo di Valois richiedendolo di lasciar passare ne’ suoi domini questi oratori. Negli archivi del reame di Francia, J. 715, 26.
70
Diploma de’ cardinali di Sabina e di San–Niccolò in carcere Tulliano, convalidato co’ suggelli dei re di Francia e di Napoli, negli archivi del reame di Francia, J. 511, 8.
71
Diplomi del 19 febbraio e 12 aprile 1291, in Rymer, tom. II, pag. 501 e seg. Esiste ne gli archivi del reame di Francia J. 587, 16, l’originale trattato dei 13 febbraio.
72
Rymer, loc. cit., pag. 504, diploma del 20 febbraio 1291.
73
Bart. de Neocastro, cap. 114.
Montaner, cap. 173, il quale con molti errori porta tutto questo trattato. Per altro egli il dice fatto in Tarascon, che si riscontra co’ diplomi; ma il Neocastro lo suppone in Aix, forse dalla vicinanza de’ luoghi, o perchè qualche conferenza veramente si fosse tenuta in Aix.
Veggasi per le nozze della figliuola di Carlo II con Carlo di Valois, il diploma del 18…1290, in Lünig. Cod. Ital. dipl. tom. II, Sicilia e Napoli, n. 62; e in Martene e Durand, Thes. Nov. Anecd. tom. I, pag. 1236.
Due diplomi di Carlo II, negli archivi del reame di Francia, J. 511, 7, dati il.. dicembre 1289 e il 18 agosto 1290, contengono le condizioni del matrimonio; tra le quali la principale è, che le due contee si trasferivano al Valois anche nel caso di morte di Margherita, quand’ei cedesse il dritto su l’Aragona. Premorendo Valois alla moglie, costei avrà l’usufrutto, e Filippo il Bello la proprietà. Il secondo dei diplomi si trova in Dumont, Corps diplom., tom. I, part. 1, pag. 420.
Un altro diploma di Filippo il Bello, dato in Parigi, settembre 1290, dice già celebrato il matrimonio del Valois. Papon, Hist. gén. de Provence, tom. III, docum. 23.
74
Annali genovesi, in Muratori, R. I. S., tom. VI, pag. 600
75
Bart. de Neocastro, cap. 114, 115, 116, 117.
Nic. Speciale, lib. 2, cap. 17.
Montaner, cap. 174, 175, 176.
Anon. chron, sic., cap. 48, il quale scrive:
La rinomanza a che salì Giacomo per la difesa della Sicilia, è toccata leggiadramente da Amanieu des Escas in una poesia provenzale in cui il trovadore esalta il valor della sua donna su quello del
Il titolo dì Federigo, Infante dell’Illustre re d’Aragona, Luogotenente generale del regno di Sicilia, si legge in parecchi diplomi. L’uno ne la chiesa di Cefalù, dato in Palermo 30 dicembre settima Ind. (1294), ne’ Mss. della Bibl. com. di Palermo, Q. q. fog. 70, pubblicato in parte dal Pirro, Sic. sacra, Not. ecc. Ceph. xv. e dal Testa, Vita di Federigo, docum. 11.
L’altro del 24 gennaio quinta Ind. (1292), Testa, Ibid. docum. 15.
76
Veggasi i cap. VIII e IX e in particolare la not. 1 alla pag. 226, t. I.
77
A questo supposto ci conducono i testamenti di Alfonso e di Giacomo citati qui appresso, e il vario linguaggio degli storici intorno le ultime disposizioni di Pietro. Veggansi il Montaner, cap. 185; Bartolomeo de Neocastro, cap. 124, ove si legge:
78
Diploma nel Testa, Vita di Federigo II di Sicilia, docum. 3.
Scurita, Ann. d’Aragona, lib. 4, cap. 120.
79
Testamento di Giacomo, dato di Messina a 15 luglio 1291, in Bofarull, tom. II, pag. 251, citato da Buchon, edizione di Montaner, 1840, pag. 388.
80
Surita, Ann. d’Aragona, lib. 4, cap. 123.
81
Ibid., cap. 124; Bartolomeo de Neocastro, cap. 118.
Mariana, Storia di Spagna, lib. 14, cap. 15.
82
Surita, Ann. d’Aragona, lib. 4, cap 125.
Montaner, cap. 177, 178.
83
Diploma dei 10 agosto 1292, in Capmany, Memorias, etc., tom. IV, docum. 8.
84
Raynald, Ann. ecc., 1291, §§. 53, 55.
Un’altra bolla di Niccolò, data il 13 dicembre 1291, concedea al vescovo di Carcassonne, e all’abate di S. Germain di ribenedir gli scomunicati d’Aragona, per favorire il Valois. Questi, per un diploma del 13 ottobre 1292, diè larga autorità a perdonare e ricevere omaggi in Aragona a Eustachio di Conflans, governatore di Navarra e a Giovanni di Burlas; negli archivi del reame di Francia, J. 715, 15, e J. 587, 17.
85
Raynald, Ann. ecc., 1291, §. 59; e 1293, §§. 15 e 16.