I rossi e i neri, vol. 1. Barrili Anton Giulio
di sentenziare che i Montalto erano una buona casata, e che le doleva di vederla cadere a quel modo, per la tua fine immatura.
– E tu non hai risposto nulla?
– Io? bravo! e come vuoi che facessi, se non c'ero? Questa parte della conversazione io l'ho dal Cigàla, che era presente, e sapeva benissimo che quella era una frottola raccolta in piazza, ma voleva godersi la scena, il manigoldo! Quando giunsi io, puoi immaginarti come tutti mi si stringessero ai panni, per sapere se eri morto, o se ti disponevi a morire da buon cristiano. – Non dubitate, – m'affrettai a rispondere, – quello è un uomo che, messo al punto, non fallirà alla fede de' suoi padri; ma fino ad ora, grazie a Dio, egli non è al punto di tirare le cuoia. L'ho lasciato poc'anzi, vivo e fuori del letto, con licenza del medico, e se non è morto per avventura dacchè sono uscito di casa, io credo che egli terrà la promessa di venir domattina a fare una gita in carrozza fino a Nervi. —
Qui il Pietrasanta buttò la sigaretta, che gli si era spenta nella furia del discorso, ne prese un'altra, l'accese e continuò:
– Il piccolo Riario divenne rosso come una ciliegia, e dalle parole che balbettò intesi che lo spacciatore di quella panzana era stato lui. La signora Violante e tutte l'altre persone si rallegrarono, e fu una festa da non dirsi a parole, come nel fine di tutte le favole che mi raccontava la balia quand'ero piccino.
– Sei un bel pazzo! – soggiunse Aloise a mo' di commento.
– Ah, dimenticavo la più bella. Sai tu, Aloise, chi si cura molto di te e della tua salute? Te la potrei dare alle cento, e non l'indovineresti. Il taciturno tiranno di Quinto. —
All'udire quel nome, del quale daremo a suo luogo la spiegazione, Aloise rizzò il capo, ed era lì lì per balzar dal sedile; ma si contenne, pensando che l'amico avrebbe potuto farne le meraviglie e cavarne appiglio a qualche arrisicata congettura.
– Il signor Antoniotto? – chiese egli allora con una cert'aria di candore che pareva tolta a prestanza.
– Sì, – rispose il Pietrasanta, – il signor Antoniotto Torre Vivaldi, tiranno di Quinto e dei paesi circostanti, schiuma di __paolotto__ e assiduo ascoltatore di messe nella chiesa della Maddalena.
– Sta bene; ma che cosa ti ha detto egli?
– «Caro Pietrasanta, mi ha detto, non potete credere come mi prema di quel giovine. Ho conosciuto molto suo padre, e ricordo __eziandio__ che ai tempi antichi i Montalto erano scritti nel nostro albergo». – Avrebbe potuto dire nell'albergo di sua moglie, poichè da lei prende il nome di Vivaldi; ma già tu sai che il marchese Antoniotto si crede anco lui un discendente di quel navigatore… aiutami tu a dire il nome, e la terra che avrà sicuramente scoperto.
– Voi dire Ugolino Vivaldi. E aggiungi il fratello Vadino. Ma anche in due, non scopersero nulla, poveracci, e pare che naufragassero alle coste della Guinea, dove un secolo e mezzo più tardi credette di riconoscerne i discendenti un altro Antoniotto, del casato Usodimare.
– Vedi che combinazione! L'Antoniotto moderno se l'è proprio dimenticata. Ma che i tuoi antenati fossero scritti nel suo albergo, lo ha ben voluto ricordare. Ringrazialo della sua degnazione, come io l'ho ringraziato in tuo nome della sua sollecitudine per te.
– Hai fatto benissimo; – rispose Aloise. – Ma come poteva trovarsi iersera in casa Pedralbes, egli che non esce mai di casa senza… sua moglie? —
Queste ultime parole duravano fatica ad uscirgli di bocca; pure, gli bisognava dirle, se voleva farsi intendere dal Pietrasanta.
– To', – rispose questi, – egli non ha mica il torto! Sua moglie è, per tutti gli Dei, la più bella donna di Genova, e potrei aggiungere anco di altri luoghi parecchi. Hai tu mai notato, Aloise, che grandi occhi verdi?
– Verdi! Questa è nuova di zecca.
– Verdi, sì, verdi; e perchè no? Una volta mi erano parsi neri, un'altra volta azzurri; e siccome io non amo vivere nel dubbio, ho colto il destro di guardarli bene una mattina, alla luce del sole, e ti asserisco che sono verdi, del più bel verde marino, come quelli di Gulnara, la regina del mare, nelle __Mille e una notte__. Io son venuto allora a capo d'intendere come il riflesso della luce o dell'ombra, li possa far parere a volte azzurri, a volte neri. E che magnifici capelli castagni! Tu sai, Aloise, che io non ho mai avuto una gran tenerezza pei capelli castagni; ma quelli della marchesa Ginevra, così fini, così abbondanti e lievemente increspati, meriterebbero di essere posti nel firmamento, invece della chioma di Berenice, se, a dir vero, non istessero meglio su quella testa meravigliosa. E sono poi castagni? Chi lo sa? Sono neri… sono biondi…
– E dàlli con le stravaganze! Perchè non aggiungi che son bianchi?
– Eh, secondo il riflesso, perchè no? – rispose l'impertinente sragionatore. – A me poi la marchesa Ginevra fa questo senso; che cosa ne posso? E la persona! Come è svelta, senza dare nello scarno! Come è piccino quel piede, e come è sottile quella mano! Io non so, Aloise, se tu abbia mai considerato quel naso di purissima forma greca, le grandi sopracciglia, e quei candidi denti e le labbra che paiono di corallo tenero… —
Aloise, in quella che l'amico passava cosiffattamente in rassegna tutte le bellezze della marchesa Ginevra, era rimasto assorto in certi suoi pensieri; ma finalmente, veduto che il ritratto andava un po' per le lunghe, disse al Pietrasanta:
– Ma tu non hai risposto alla dimanda che io ti avevo fatta.
– Ah, è vero, scusami. Ma tu potevi del resto argomentare che se c'era il marchese Antoniotto, c'era anche la signora la quale era bella sai, bella come se il marito fosse stato mille miglia lontano.
– Che altra novità è questa tua?
– Eh, lo sai pure! Un marito ai fianchi, è come una brutta veste od un acconciatura disdicevole, che la più graziosa tra le donne ci scapita a portarla.
– Pazzo! – esclamò un'altra volta Aloise, a cui gli sproloquii del Pietrasanta avevano la virtù di rallegrar sempre lo spirito. – E come accomodi tu tanta ammirazione per la marchesa Ginevra co' tuoi amori da palco scenico?
– Ih, come corri! La mia ammirazione per lei è affetto legittimo del senso artistico, e non altro. Che vuoi si faccia ella di me? Ed io in fin dei conti che potrei farmene di lei? Io penso che sia la donna più fredda del mondo. Già, non potrebbe essere diverso. Dio le fa belle, e poi leva loro l'anima, perchè si conservino meglio, come gli uccelli impagliati.
– Pietrasanta! Tu non sei giusto…
– Bravo, e che cosa ti ho da dire? A me fa questo senso. E poi… e poi…
– E poi, che cos'altro?
– E poi, mi paiono donne da lasciarle dove sono.
– Qui, forse, hai ragione; – disse, aggrottando le ciglia, Aloise.
XI
Dove si viene in chiaro del segreto di Aloise.
In quel mentre, giunse il servo ad annunziare che la carrozza era innanzi all'uscio di strada. La qual nuova, com'è agevole il credere, interruppe il dialogo dei due amici; e il lettore, a cui ne dolesse, non ce l'apponga a noi, sibbene al servitore, che è venuto in mal punto.
Due minuti dopo, Aloise e Pietrasanta salivano in quella vettura di rimessa, fatta venire dal servo, e i due cavalli che v'erano attaccati partivano al trotto verso la Nunziata. Il Montalto era rimasto sovra pensieri, e non badava nemmeno alla lunga e popolosa strada che percorreva, la quale è l'arteria principale, l'arteria aorta di Genova, e piglia tanti nomi diversi ad ogni suo gomito, da via Balbi fino a piazza San Domenico, e di là fino alle porte della Pila.
Giunti all'aperto, il Pietrasanta cominciò uno dei soliti discorsi bizzarri, ai quali Aloise stava attento, secondo l'umore, e rispondeva o non rispondeva, secondo la voglia.
Il discorso importante, quello al quale Aloise di Montalto aveva a stare più attento che mai, cominciò dopo il paese di Quarto, allorquando al girare di una piccola lingua di terra che s'inoltra sul mare, videro un palazzo di campagna, di forme magnifiche e di stile severo, murato sul