La legge Oppia : commedia togata in tre atti. Barrili Anton Giulio
uno schiavo…
Che può diventar liberto da un momento all'altro, e tra liberti… Ma che siete voi, uominacci stupidi, da non intender mai per loro verso le nostre parole?.. Mirrina, quantunque fatta libera, è sempre Mirrina. Tu pure, se andrai a' versi alle padrone… Una parola detta alla nobile Claudia Valeria dalla sua prediletta ornatrice, mentre sta acconciandole il capo, e la tua sorte è cangiata.
(porgendole la guancia)
Briccona! Dà il pegno!
Eccotelo!
(dandogli della mano sul volto)
Un altro schiaffo?
No, una carezza. Non hai notato il divario?
Poh, non guari; ma spiegata così, può anche passare. Basta, sappi; non è niente vero del ritorno del Console.
Ah, furfante di tre cotte! M'hai dunque ingannata?
Ti restituisco i tuoi doni.
(accennandole una guanciata)
Grazie; non ripiglio mai nulla.
Suvvia, Mirrina, figlia di Venere, o sorella, o nipote, che certamente qualcosa le sei, facciamoci a parlar chiaro. Che è questa ascosaglia della porticina? s'inganna il Console qui?
Oh, non c'è niente di male, sai? Non far giudizii temerarii! Ma ecco le padrone; odo la lor voce; va via; il tuo lavoro è finito.
Mi dirai tutto?
Sì, tutto, ma vattene.
Un altro di quegli schiaffi!..
Va in tua malora!
Udite, o Dei Lari, i dolci augurii di quelle labbra di rosa?
(esce dalla fauce a sinistra)
(Con poche differenze ne' particolari, Claudia Valeria, Marzia Atinia e Volusia, sono vestite ad un modo. Stola di lana bigia, per Claudia, bianca per Marzia e Volusia. Maniche lunghe, serrate al pugno con una fibbia. Due cinture; la prima sotto il seno, l'altra sui fianchi. Capo scoperto. Calzari di cuoio.)
Che ora?
(guardando in alto, all'orologio solare, fuori della scena)
Siam presso alla quinta.
Così tardi? Le nostre vigile non istaranno molto a giungere. Bada, Mirrina, tien d'occhio tu stessa l'uscio là in fondo!
(accennando dietro la scena a Mirrina, che esce dalla fauce a destra)
Ah che la vada bene, figliuole mie! Ci siam messe ad una bella impresa!
Eh via, di che temi? Il dado è tratto.
Pur troppo! Ma che dirà vostro padre, quando saprà che s'è aspettata la sua partenza, per metter mano in un intruglio cosiffatto?
Eh via! Il babbo ci ama e ci perdonerà questa alzata d'ingegno. – Infine, che gran male si fa? E operiamo noi diverso da quante sono, non dirò matrone, ma femmine in Roma? Tutte, sai, tutte ad una! Albina Lutazia, Giulia Flaminia, le tre di casa Cornelia, il meglio di Roma, sempre dopo la casa Claudia donde tu nasci, dànno l'esempio alle altre. Oramai la è una corrente, e noi non facciamo che andar pel suo verso.
Sì, sì, sta bene; ma tutte quelle che mi hai noverate fin qui, non son donne di magistrati.
Ci vengo. Anna Luscina, moglie a Fabrizio Luscino, pretore civile; io, io Marzia Atinia, moglie di Caio Atinio Labeone, pretor peregrino; eccotene due, donne di magistrati. E non puoi esserci tu, moglie di console, segnatamente dopo che le donne di casa Claudia, tua sorella e tua cognata, hanno mostrato di voler fare lo stesso?
Ed io, mamma?
Tu? sentiamo un poco che cosa sei tu.
Non sarò io moglie, appena torni il babbo, a Caio Claudio Pulcro, mio cugino, eletto e consacrato àugure l'altro dì?
Ah, sì, dimenticavo che esistevi tu pure.
Insomma, non temere. Il babbo tornerà vincitore dei Galli e non gli dorrà troppo di trovarsi vinto in cosa di minor conto. E poi, non saremo noi che glielo diremo, e neppure Marco Fundanio nostro alleato.
Un tribuno! È pur dolorosa! La gente Claudia ha sempre avuto a dirla con questi tribuni; e adesso…
E adesso si è fatta la pace. Storia romana in tre libri! Da principio furono i re. Poi comandò il Senato. Ora, la mercè dei tribuni, comanderanno un pochino le donne.
(Vestita come le precedenti, ma colla giunta del ricinio sul capo, i cui lembi le scendono sugli òmeri.)
Che gli Dei ascoltino l'augurio, mia bellissima, e custodiscano te al nostro amore, nobilissima Claudia, e te Volusia, facciano felice col più leggiadro degli Auguri.
Come sei rossa in volto, Dei buoni!
Ah lasciatemi stare! Dal Viminale fin qua! Un tremila passi a piedi, nè più, nè meno. È una indegnità. Vorrei averlo io tra le mani, quel tribuno che ci vietò d'andare in cocchio. A piedi! e con questi cenci, poi…
Ah, i tribuni! Stavo per l'appunto ragionando dei fatti loro con Marzia.
Ma, domando io, che cosa gli avean fatto le donne? E' doveva esser brutto, ma brutto assai, questo Caio Oppio! Tu certamente lo hai conosciuto, nobilissima Claudia, poichè la legge è… recente.
Eh… Di venti anni fa. Li ho contati tutti, io, e con essi se n'è andata la mia gioventù. Gli era brutto davvero, più brutto di Annibale, e parve anche peggio, quando la sua legge fu promulgata. I tribuni! Io non li ho mai potuti patire, e quando penso che per voi, pazzerelle, dovrò accoglierne uno in mia casa… Sarà la prima volta, io credo, che un tribuno varchi la soglia di un Console.
Perdonami, Claudia. Anche Lucio Valerio è tribuno, insieme con Marco Fundanio e coi due Bruti. Or non va egli in casa del collega di tuo marito, del ruvidissimo e burberissimo Marco Porcio Catone?
Ah, sì, quegli ci va, se la voce è vera, per sposarne la sorella.
Ma sì! Che te ne pare, bellissima?
(volgendosi ad Annia)
Valerio, l'elegante Valerio, innamorato della nostra Fulvia, di quella campagnuola, che, due mesi or sono, non era anche uscita da Tuscolo!
Ma!.. così è. Catoneggia, sia detto con tua licenza, o Claudia, catoneggia Valerio, console e patrizio; catoneggia Valerio, tribuno e plebeo. Ora, tra i varii modi di catoneggiare, c'è quello di corteggiar la sorella del Tuscolano. Dov'ella è, si può metter pegno che egli sia, o non istia molto a capitarci… L'altro dì, ai giuochi Megalensi, l'avete veduto?
E dove?
In teatro, alla recitazione dell'Epidico, di quel loro Tito Maccio Plauto. In cambio di rimanere a posto co' suoi colleghi, il leggiadro tribuno, già così alieno dalle donne, da passare in proverbio, è andato a sedersi più in alto, presso a lei, cogli occhi rivolti al suo òmero, anzichè alla scena. Si sarebbe detto che volesse contar le pieghe del suo velo… o