Tragedie dell'anima. Bracco Roberto
o
Tragedie dell'anima
Caterina Nemi
Ludovico Nemi
Francesco Moretti
La signora Teresa, nonna di Caterina
Elena
Felsani
Betta
Luisa
Lena
Biagio
ATTO PRIMO
Una camera severa. Forma ottagonale. Se ne vedono cinque pareti. Alla prima parete a destra, una porta. Un'altra porta alla seconda. Un'altra – che è la «comune» – alla parete in fondo. Alla prima parete a sinistra, un caminetto. Alla seconda a sinistra, una finestra. Quasi davanti al caminetto, un'ampia scrivania, con su molti libri. È sera.
SCENA I
Ludovico e Francesco sono seduti quasi nel mezzo della camera, Ludovico sopra una poltroncina, Francesco su una sedia. I loro ginocchi si toccano. Ludovico, con le braccia penzoloni, cerca di stare immobile. Francesco, con le braccia piegate, lo fissa negli occhi acutamente e il suo viso, cachettico, emaciato, ha, nell'atteggiamento dell'ipnotizzatore improvvisato, qualche cosa di comico e di sinistro. Con una sigaretta fra le labbra, fuma avidamente. Durante tutta la scena, egli fumerà di continuo: appena consumata una sigaretta ne accenderà un'altra.
(muove un po' il capo.)
E no!.. Tu ti distrai… Lo fai apposta.
Io ci metto tutta la mia buona volontà a non distrarmi. Sei tu che non vali niente. (Passa ancora un minuto.) (Trattenendo il riso) Ma sai che mi vien da ridere?
(celiando con acredine) E dire che mi farebbe tanto piacere vederti piangere!
(celiando, al contrario, bonariamente, si alza.) Va' là che sei un impostore.
Io non t'ho mica detto che sono sicuro di me. T'ho detto solamente che da un certo tempo in qua io credo di avere un po' di quella facoltà suggestiva che hanno gl'ipnotizzatori.
Neanche per sogno!
E intanto, l'altra sera, ho fatto, senza volerlo, un bellissimo esperimento.
Con chi?
Con la piccola Jeannette, la nuova pupilla inventata da quel rudero di Fanny… Sono persone che tu non conosci.
E che cosa accadde? Sentiamo.
O Dio! I tuoi orecchi casti non mi permettono di raccontartelo.
Ah! Ho capito di che genere è stato il tuo bellissimo esperimento. Di' un po': quanto ti è costato? Io non me ne intendo, ma suppongo che per quella gente lì non ci sia nulla di più suggestivo che un biglietto da mille.
Non posso darti delle spiegazioni. Sei troppo ingenuo. A chi legge i tuoi libri, tu sembri un uomo di mondo, ma a me, che non li leggo, tu non sembri che un fanciullone.
Soltanto perchè non conosco Jeannette e Fanny?
Ecco, tu ne parli con disprezzo, ed hai torto. (Alzandosi e continuando con enfasi mefistofelica) Le donne come quelle lì portano scritto in fronte il menu della loro esistenza. Niente d'impreveduto. Si sa quel che ci si trova. Sono, nel loro sesso, ciò che, fra i giuochi, è una brava partita al whist o all'écarté. Un po' di buona memoria, un po' di praticaccia… e si va avanti. I limiti della perdita o del guadagno sono fissati a principio di partita. Ma quelle altre – le oneste – non sono, mio caro, che dei giuochi di azzardo. Dove si arriva? Che cosa vogliono? Che cosa danno? Che cosa ci si può rimettere di nervi, di cervello, di cuore? Mistero! (Pausa.) No?
(rabbuiandosi molto) Eh!.. C'è del vero in quello che dici!
(risedendo a cavalcioni d'una sedia) Sì, ma non farmi quella faccia da vittima. In tutto questo, tu non ci entri per nulla. Tu sei un uomo ammogliato e il tuo matrimonio è già una partita vinta e stravinta. Non seccarmi con le tue lamentazioni, veh!..
(passeggia inquieto.)
Che c'è? Qualche novità?
Purtroppo, no.
Perchè «purtroppo»?
Vieni a stuzzicarmi? Non lo sai che il contegno di lei mi esaspera?
È la tua immaginazione.
Già, la mia immaginazione!.. Stamane, ne ho parlato anche a sua nonna…
(sùbito) Che t'ha detto la nonna?
Ha convenuto perfettamente che Caterina non è tranquilla; e t'assicuro che quella vecchietta le sa leggere nell'anima come in un libro aperto.
Se non t'ha detto altro, non mi pare che la sua lettura sia molto proficua.
Ma io non le ho poi fatto un interrogatorio.
Male! Se io fossi al tuo posto…
Che faresti?
O non mi darei nessuna pena, o andrei diritto sino in fondo.
Che pensi, adesso?! Caterina è un angelo.
Non sono io che lo nego.
Tanto meno io.
E allora di che ti preoccupi?
Giusto perchè è un angelo la sua malinconia mi turba, la sua freddezza mi affligge. È virtuosa, è onesta, è fedele: di questo sono convinto…
(interrompendolo) Alla buon'ora!
Ma a che serve tutto ciò? Serve a garantire l'onor mio ed il suo. Serve, cioè, a un fatto che non ha niente di comune con la nostra vita interiore, con la nostra unione… Io sono innamorato di mia moglie, capisci? Ne sono ogni giorno più innamorato; e se nel primo anno di matrimonio io potevo qualche volta astrarmi da lei e preferirle i miei studii e l'esercizio d'una chimerica missione umanitaria, adesso no, non lo posso, perchè al di sopra di ogni mio ideale io vedo lei – lei moglie, lei donna, donna nel senso più complesso della parola – e non so pensare al bene del prossimo che subordinatamente ad un egoismo, che non avevo mai provato e che in lei concentra l'attività più essenziale e più sincera del mio spirito.
(con umorismo freddo e sarcastico) Glielo hai mai detto che ne sei innamorato?
Che sciocchezza! Non sono forse suo marito, io?
Ragione di più per dirle delle cose di cui i mariti sono raramente capaci. Come fa una povera moglie a sapere che suo marito è innamorato di lei? Quando l'amore è un dovere, è molto facile dubitarne.
Caterina non ne dubita.
Ma non ti contraccambia.
Non è esatto neanche questo. Se tu sapessi quante volte io sorprendo, in un suo sguardo quasi furtivo, o in un tremito di voce,