Tragedie dell'anima. Bracco Roberto
ora… guàrdati in uno specchio… Vedi che cèra hai fatta! E perchè?.. Perchè io volevo dare la buona notte al piccino.
E corri… Io non te l'impedisco… Ma se me lo fai svegliare…
Va' là, che glie la ricanto io la ninna-nanna. (Canzonandola affettuosamente:)
Ninna-nanna,
un vecchio canuto…
Che credi? Non è una cosa tanto difficile…
E corri… Fa il comodo tuo…
Dio! Che faccia di rabbia! (Pausa. – Diventando triste) Ma sta tranquilla: non ci andrò. Non mi piaci più quando metti quel muso. (Risedendo presso la scrivania e celiando come se parlasse tra sè:) Andate a fare dei figliuoli sul serio, vedete quel che vi capita! (A lei, in tono fanciullesco) Del resto, io mi vendico; e come mi vendico!.. Gli dedico dei versi…
A chi?!
Oh bella! A mio figlio. Da che campo, è la prima volta che commetto questa corbelleria. Ma che vuoi! Ho capito che in certi casi si debba sentire il bisogno di… verseggiare. Decisamente, ci sono cose le quali non si possono pensare che in versi… Siedi, siedi vicino a me. Te ne voglio offrire un saggio… È tanto tempo che non mi stai vicino mentr'io lavoro!
(sedendogli dirimpetto) Per non farti distrarre…
Ma che distrarre! che distrarre! Quando sedevi sempre a questo posto per leggere o ricamare, le mie idee si succedevano così fluenti e facili che mi sembrava di scriverle come se qualcuno me le dettasse… (Tira un cassetto della scrivania e cerca.) Li tengo ben nascosti i miei versi, sai, perchè, modestia a parte, sono di una bruttezza rara. (Ridendo) Ah ah ah, addirittura infantili. Nondimeno, dicono quel che devono dire, e, conveniamone, da un sociologo noioso come me ci sarebbe da aspettarsi di peggio. Vedrai. (Con in mano alcune pagine scritte) Leggerò il primo sonetto. Ti secca?.. Eh sì, lo vedo che ti secca.
(inquieta – dissimulando) Leggi… Tutto ciò che è tuo m'interessa: ne sei persuaso.
(con un pudore di collegiale) Mi dài soggezione, mi dài. Basta! Animo, Ludovico! (Legge:)
Vagisci, o bimbo, e il tuo vagito pare
non so quale prodigio d'eloquenza.
Non pensi, è ver, ma a tutto fai pensare
in questa tua dolcissima incoscenza.
(A Caterina) Non ti va?
(soffrendo) Sì sì, continua.
(prosegue a leggere:)
Non pensi, è ver, ma quante cose care
al babbo dici, inconsciamente, senza
che l'aria stessa le possa rubare
alla felice tua breve innocenza.
O bimbo mio…
(Interrompendosi) No, no, è inutile, non ti va, non ti va. Non so se per le idee o per la forma, ma è indubitato che non ti va; ed io non me ne dolgo punto. Che diamine! Te l'avevo detto: sono versicoli che metto insieme per mio sfogo. E non temere: ti risparmio il resto… (Sforzandosi di scherzare) Abbasso il poeta! (Ripone nel cassetto le paginette.) Sei contenta?
Ma ti sembra che io mi permetta di giudicare quello che tu scrivi?
Giudicare no. Ma non ti piace quello che non ti piace. Che male c'è? Non ne parliamo più…: non ne vale la pena. Lascia, lascia che io mi goda bene la tua presenza. Ti vedo qui, seduta presso la mia scrivania, come nel tempo buono, e non mi par vero. È così eccezionale ed è così bello che… non so… vorrei solennizzare questo avvenimento, vorrei fare il chiasso, vorrei farti festa insomma…
Dammi qualche libro da leggere.
Vado in biblioteca…
No, un libro qualunque. Piglio questo. (Ne prende uno di su la scrivania) Permetti?
Ma questo è il Codice.
E tu studii il Codice?
Lo studio, sì, lo discuto, lo combatto…
E perchè?
Perchè esso è quasi sempre la negazione dell'indulgenza e del perdono. Un cattivo libro!
(lasciandosi cadere il libro dalle mani) Già.
(alzandosi) Eh, sì! Altro che saltare e fare il chiasso e festeggiarti! È da un pezzo che tu non me ne dài più agio… Sei triste, tanto triste! Non sorridi più! Mai! (Pausa.) E dire che ci siamo amati così bene che a me pareva di vivere… non so… in un'atmosfera d'amore. Credevo che a completare la nostra felicità non ci mancasse che un piccolino, e, ora che abbiamo anche questo, invece di vederti contenta, io ti vedo pensosa, sofferente, tutta avvolta in te stessa. Tu sei infelice, Caterina! (Pausa.) E non protesti, non mi correggi, non mi smentisci!.. Ma dimmi, almeno: è per colpa mia che sei infelice?
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