Il trionfo: Dramma in quattro atti. Bracco Roberto
pochino tiranna?
È la tirannia della Saggezza.
Ah, sì?
(piano a Ziegler:) Ti secca di non restar qui con lei?
(piano a Giovanni:) Per carità, Giovanni, non dirlo neanche per ischerzo.
(a Lucio:) Noi ce ne andiamo, Lucio. (Indicando Nora) È lei che lo esige… A domani, dunque.
(a Lucio:) Domani, senza febbre e con gli occhioni luminosi e irrequieti come due fari. Mi sono spiegato?
(sorridendo dice di sì col capo.)
(a Nora.) Buona veglia, Norina! (E via.)
(stringendole la mano) A rivederci…
Ahi! Ahi! Mi fate male…
Eh!.. Troppo fragile per essere una tiranna, troppo sensibile per essere un fantasma!
(quasi fra sè, con rancore) Cattivo!
SCENA IV.
LUCIO e NORA
(si accinge a mettere in ordine gli oggetti che sono sulla tavola.)
Fa freddo, fuori?
Un poco. Voi avete freddo?
Sento che fa un poco di freddo, ma io non ho freddo.
Invece, io credo che abbiate freddo. Volete uno scialle?
No.
Lo volete?
Siete voi che volete darmelo. Ebbene, io lo voglio.
(stende sul letto uno scialle bianco, e ritorna a rassettare gli oggetti sulla tavola.)
Nora…
Signor Lucio?
Perchè odo la vostra voce meglio di quella degli altri?
(con lieve celia gentile) Perchè le medicine che momentaneamente potevano indebolirvi l'udito ve le ho somministrate io. È giusto che esse abbiano fatta una eccezione per me.
(sorride) Ah?.. Ho inteso. (Pausa) E adesso che fate?.. Sedete, adesso… Raccontate.
Un momento… C'era una gran confusione quassù… Tutta colpa del signor Giovanni! (Seguendo il zig-zag del suo pensiero) Un po' matto, ma vi vuole molto bene anche lui.
Sì. Giovanni e Ziegler sono due amici eccezionali.
Ed io? (Poggia il paralume verde davanti alla candela. Si volta, e ascolta.)
Voi, no.
No?!
Voi, non siete… un'amica.
E che sono, io?
Ecco. Pocanzi il dottor Felsani diceva che la scienza mi ha ridata la vita…
È vero!
Io sono convinto che me l'avete ridata voi.
Oh Dio! In che modo? (Ascoltandolo, muoverà impercettibilmente verso di lui, e si fermerà un po' discosta dal letto.)
In che modo?.. La vita è la vita. Si sa come si scompone il corpo d'un uomo; non si sa… o, meglio, io non so di che si componga la sua vita. Quel che io so è di averla riavuta a guisa d'un dono… di averne sentita la trasfusione. (Pausa.) Ricordate?.. (Pausa.) Agonizzavo… Cominciavo a morire… La mia anima, liberandosi a poco a poco dalle sue spoglie, già si affacciava al mondo dì là… Vedeva!… Vedeva!… Comprendete?
Sì.
Poi… un alito dolce, in cui era una segreta intercessione, un segreto richiamo, la trattenne, la fece retrocedere, me la ricondusse… e la congiunse, di nuovo, completamente, a questo misero corpo… restituendogli la vita, che – demeritata – gli si era dispersa. (Come in una ispirazione) Chi aveva richiamata l'anima mia?
Chi?
Voi. E, difatti, mentre essa mi ritornava dentro, mentre io… rinascevo, voi mi stavate vicina, vigilando… aspettandomi… Mi stavate vicina…
(intenta, si accosta ancora un poco e, a piè del letto, resta fissa, dinanzi a lui, suggendone ogni parola.)
(Il biancore del suo abito, il cui strascico si distende, e quello del letto compongono, nell'ombra, tutta una vaga forma bianca.)
… Così… Così… come state ora: secura, diritta, solenne, grande, eppure umile… Assai umile… assai umile…
(assorta) Lucio…
(spalancando gli occhi che diventano d'una luminosità soave) E così, con questa voce, con una voce che è soltanto vostra, mi dicevate: Lucio… Lucio…
(Muti, immobili, si guardano. – Il silenzio incombe.)
ATTO SECONDO
La medesima stanza. Ma l'ambiente è divenuto quasi gaio. Non c'è più il letto. Dove erano le fiale e i medicinali, si vedono, ora, piatti, bottiglie di vino, un fornello con su una caffettiera, una zuccheriera e parecchie tazze. Nel mezzo della stanza, una mensa. Son le prime ore del pomeriggio.
SCENA I.
LUCIO, DON PAOLO, NORA, GIOVANNI e ZIEGLER
(Essi stanno seduti intorno alla mensa. Don Paolo ha a destra Nora, a sinistra Ziegler. Lucio è alla destra di Nora. Giovanni è fra Lucio e Ziegler. Si è alla fine del pranzo. Si mangia la frutta. Si chiacchiera. Si beve. – Il fornello del caffè è acceso.)
(sbuccia una mela e ne offre una fetta a Don Paolo.) Un'altra fettina di mela, Don Paolo?
(condiscendente) Un'altra fettina di mela. (La prende e la mangia.)
Ancora?!
Lasciate fare! (Ride) Ah ah ah! Sono i piccoli vantaggi dell'innocuità.
Se c'è l'innocuità, non ci sono i vantaggi.
Dal vostro punto di vista è vero. Ma dal mio, (ridendo) ah ah ah!, è un altro paio di maniche.
Voi le avete larghe le maniche…
E me ne tengo! Sono misericordioso, io.
La misericordia è stoffa a buon mercato. Si dice che anche il Signore Iddio se ne sia fatto un manto assai largo.
Che ne pensate voi, Don Paolo?
Io penso… (beve con voluttà un ultimo bicchiere di vino) penso che con queste cose è meglio di non scherzare.
(a Giovanni e a Ziegler:)