Della scienza militare. BLANCHY

Della scienza militare -   BLANCHY


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Tutti i poteri aveano pretensioni esclusive, ma mancavano di forze preponderanti per effettuare le pretensioni e ridurle a realitá. Ecco perché vi erano urti continui e poi transazioni, le quali tutte cedono alle circostanze cercando di salvare il principio per farlo valere a miglior tempo. Epoca di tregua e non di pace, ma che mentre non impediva il progresso della societá e la lenta migliorazione delle condizioni delle ultime classi, rilevava l'importanza delle medie, le quali entravano nelle politiche riunioni in Francia, in Inghilterra, in Germania ed in Ispagna. Quando si paragona questa combinazione di monarchia in avanzamento, di aristocrazia in insensibile decadimento e dei comuni che progrediscono con eguale lentezza, se ne trova il compiuto nesso negli eserciti, i quali erano formati di gendarmeria nobile che rappresenta la feudalitá combattente, composta ed armata come nel medio evo; delle truppe leggiere, cerne delle comuni armate con le armi da trarre, le quali debbono predominare nell'avvenire dell'arte, ma che nel momento non rappresentano che un'arma ausiliaria; della fanteria mercenaria che rappresenta con la sua organizzazione il potere centrale reso sempre piú dominante; delle artiglierie e degli attrezzi di guerra che sono il mezzo piú naturale e al tempo stesso la dimostrazione della vittoria indistruttibile riportata sulla federazione feudale e della unitá della forza pubblica nello Stato. Ecco come questo periodo di fatica, ove nello scibile e nella societá si vede riunirsi, coesistere e combattersi elementi diversi, trova il suo compiuto simbolo nello stato dell'arte militare dai suoi elementi fino alla sua parte trascendentale. I politici e morali effetti delle guerre di questo periodo e quindi dei progressi dell'arte militare possono ridursi alla distruzione dell'impero greco e all'occupazione di quelle contrade dai turchi, che creavano in Europa un interesse comune in politica, ed al sistema di equilibrio che era il prodotto naturale dei rapporti che le nazioni acquistavano tra esse per operare con interessi comuni al di fuori del loro territorio. In conseguenza l'adoperare dei negozianti e delle negoziazioni, vale a dire la creazione della diplomazia, faceva presentire che la giurisprudenza sarebbe stata applicata alle quistioni tra le nazioni; il che doveva produrre la scienza del dritto pubblico, ch'è la misura del progresso della civiltá e ch'era ignota alla colta antichitá, l'abbassamento degli Stati repubblicani e quindi dell'Italia, contro la quale si rivolgevano le grandi scoperte di quell'epoca, cioè quelle dell'America e del passaggio pel capo di Buona speranza.

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      Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, libro III, capitolo XXXVI.

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      Questa nostra opinione può esser impugnata coll'appoggio dell'opinione di chiari uomini i quali sostengono ch'era un vero progresso il sistema d'attacco dell'Oriente, cioè quello seguito da san Luigi di portare la guerra in Egitto per farne sua base contro la Terra santa. Ammettendo anche questa idea, ci permettiamo di far osservare quanto siegue:

      1. Che la conquista dell'Egitto, benché desse il vantaggio innegabile di evitare la strada di terra ch'era cosí lunga, pur nondimeno rendeva necessario il risalire fino ad una certa altezza la valle del Nilo, per assicurare il fianco dritto della linea di operazione contro tutto ciò che naturalmente si riuniva nell'alto Egitto, a fin di riprendere l'offensiva nel momento che il resto dell'esercito europeo operasse nella Siria; il che è confermato storicamente dalla spedizione di Napoleone nel 1799 in quelle contrade.

      2. Che ciò supponeva una quantitá di forze, di numero e di disciplina che mancava ai crociati.

      3. Che il deserto che separa l'Asia dall'Africa era un grande ostacolo come linea d'operazione avanzando in ritirata nelle disfatte.

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      In effetto tutte le battaglie si riducevano piú o meno ad un urto in or

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Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, libro III, capitolo XXXVI.

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Questa nostra opinione può esser impugnata coll'appoggio dell'opinione di chiari uomini i quali sostengono ch'era un vero progresso il sistema d'attacco dell'Oriente, cioè quello seguito da san Luigi di portare la guerra in Egitto per farne sua base contro la Terra santa. Ammettendo anche questa idea, ci permettiamo di far osservare quanto siegue:

1. Che la conquista dell'Egitto, benché desse il vantaggio innegabile di evitare la strada di terra ch'era cosí lunga, pur nondimeno rendeva necessario il risalire fino ad una certa altezza la valle del Nilo, per assicurare il fianco dritto della linea di operazione contro tutto ciò che naturalmente si riuniva nell'alto Egitto, a fin di riprendere l'offensiva nel momento che il resto dell'esercito europeo operasse nella Siria; il che è confermato storicamente dalla spedizione di Napoleone nel 1799 in quelle contrade.

2. Che ciò supponeva una quantitá di forze, di numero e di disciplina che mancava ai crociati.

3. Che il deserto che separa l'Asia dall'Africa era un grande ostacolo come linea d'operazione avanzando in ritirata nelle disfatte.

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In effetto tutte le battaglie si riducevano piú o meno ad un urto in ordine parallelo; la vittoria, il piú sovente riportata sopra un'ala, dava per risultamento il disordine che il vincitore subiva egli stesso per abbandonarsi ad inseguire il nemico: da ciò risultava che l'ala di questo che si era conservata piú intatta ne profittava per piombare sopra i suoi avversari rimasti cosí isolati, e colui che si credea vincitore al primo periodo si trovava vinto nel secondo. Allora come anche oggidí la vittoria restava a chi conservava le ultime truppe ordinate; con la differenza che ciò che allora il caso operava, oggidí costituisce l'arte dell'impiego delle riserve, che è il punto culminante della gran tattica e che caratterizza i generali di battaglia.


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