Resa a discrezione. Giacosa Giuseppe
sono stato ieri sera, la prima volta in vita mia. Mi ci ha portato un amico per vedere da vicino un uomo che sarà celebre un giorno, se campa.
Chi?
Un uomo che parte domani per il Polo-Nord. Pare che al Polo si debba trovare la soluzione di certi problemi di fisica. Uno scienziato.
Un vecchio?
No, giovane, più giovane di me, e un bel giovane anche.
Dev'esser bello, se siete andato apposta per vederlo.
Mi rincresce di non potervelo presentare.
Oh guardate, sarà qui a momenti. Mio zio Teodoro gli ha dato appuntamento in casa mia, perchè gli deve consegnare una certa lettera di raccomandazione, e non osa farlo salire sino al Macao. Come vedete, a volerlo conoscere non ci occorre la vostra protezione.
Sapete, Marchesa, perchè mi punzecchiate tanto? Perchè quei signori, fra cui c'è il mio amico Paolo, stanno di là a fumare invece di venir qui a farvi la corte.
Giusto! tanto giusto che… guardate, (va alla porta a destra e chiama) Paolo!
È lei che lo chiama.
La Marchesa? lo può fare senza pericolo; è invulnerabile.
Si capisce, la vedovanza le ha tolto la maggiore causa di debolezza che abbia una donna.
Che è?
Il marito.
Badate che sento.
Ci ho gusto. Ho detto che siete invulnerabile.
È vero, e mi annoio.
SCENA II
Mi avete chiamato, Marchesa?
Sì, mi pare mezz'ora fa.
D'Almèna raccontava una storia così lepida!
È finita?
Sì.
Allora rimanete qui.
Oh! ancora una sigaretta! Una sola. Ci avete dato un pranzo tanto delizioso!
Grazie per il mio cuoco. Anzi guardate là, in quello stipetto, c'è una scatola di sigari che m'ha portato lo zio dall'Avana.
Questa?
Sì, sono lunghi un palmo, durano tre quarti d'ora.
Ah troppo! (depone la scatola).
D'Almèna avrà bene un'altra storia da raccontare.
Vi domando perdono, lasciatemi qui.
Mi fate la grazia di prendere quella scatola e d'offrirne di là.
Obbedisco. (via colla scatola a destra).
SCENA III
Filippo, riconosco che siete il fiore della cavalleria. Quello è un uomo che mi fa la corte.
Almeno si dice.
È vero; a segno che mi hanno già fidanzata con lui più volte.
La voce è messa in giro da lui.
Non lo credo.
Il suo stesso contegno di or ora lo prova. Ha mostrato una scortesia affatto…
Maritale.
SCENA IV
Siete proprio in collera?
Perchè in collera?
Perchè siamo stati di là tanto tempo.
Oh!
Ma la scatola è intatta, non se n'è preso uno.
Questo è un tratto da cavaliere antico. Che discorso devo fare io per ringraziarvi d'aver risparmiati i miei sigari, e d'aver avuto pietà di noi? Se sapeste come languiva la conversazione! Un' altra volta ve ne preghiamo colle mani giunte, non private più la nostra società del suo più bell'ornamento.
Il più bell'ornamento siete voi.
Ah! che madrigale! Pubblichiamolo subito. Signori e signore: D'Almèna mi ha detto una cosa gentile.
È così facile, Marchesa!
E due. Fatemi la corte, D'Almèna, vi do perfino licenza di spargere la voce che sono disposta a sposarvi, come sembra abbia fatto il vostro amico Paolo.
Io?
Non è vero?
Affatto! e non so chi abbia potuto dire…
Queste signore… or ora.
Ah! è un tradimento!
Come?
Vedete? Non occorre far nomi. Sbrigatevela con lei.
Contessa, mi spiegherete! (discorrono).
Dunque?
Dunque?
Mi fate la corte?
È bella e fatta.
Sareste disposto a commettere delle pazzie per me?
Qualunque cosa facessi sarebbe un atto ragionevole. Una sola forse meriterebbe il nome di pazzia.
Ed è?
L'innamorarmi seriamente di voi.
Non sarebbe una pazzia, sarebbe un'assurdità.
Se m'accompagnate in capo al mondo ci vado.
La pazzia la commetterei io. Bel merito!
Che colpa ci ho, se per guadagnarmi le vostre grazie non conosco nulla che mi costi fatica!
Che miseria! Ecco un uomo di spirito che non sa immaginare un solo atto di sacrifizio per conquistare l'amore d'una donna.
Le donne non sanno più inspirare eroismi.
Oh! datemi un uomo meno infiacchito di tutti voi e vedrete.
È giusto! le sole pazzie meritorie sono quelle dei savi.
E dato quell'uomo forte, vi proporreste di fargli andare la testa in giro?
Come una trottola; non fosse che per vendicarmi.
Di