Resa a discrezione. Giacosa Giuseppe

Resa a discrezione - Giacosa Giuseppe


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sono stato ieri sera, la prima volta in vita mia. Mi ci ha portato un amico per vedere da vicino un uomo che sarà celebre un giorno, se campa.

MASINA

      Chi?

FILIPPO

      Un uomo che parte domani per il Polo-Nord. Pare che al Polo si debba trovare la soluzione di certi problemi di fisica. Uno scienziato.

GEMMA

      Un vecchio?

FILIPPO

      No, giovane, più giovane di me, e un bel giovane anche.

GEMMA

      Dev'esser bello, se siete andato apposta per vederlo.

FILIPPO

      Mi rincresce di non potervelo presentare.

ELENA

      Oh guardate, sarà qui a momenti. Mio zio Teodoro gli ha dato appuntamento in casa mia, perchè gli deve consegnare una certa lettera di raccomandazione, e non osa farlo salire sino al Macao. Come vedete, a volerlo conoscere non ci occorre la vostra protezione.

FILIPPO

      Sapete, Marchesa, perchè mi punzecchiate tanto? Perchè quei signori, fra cui c'è il mio amico Paolo, stanno di là a fumare invece di venir qui a farvi la corte.

ELENA

      Giusto! tanto giusto che… guardate, (va alla porta a destra e chiama) Paolo!

GEMMA (a Filippo)

      È lei che lo chiama.

FILIPPO

      La Marchesa? lo può fare senza pericolo; è invulnerabile.

ELVIRA

      Si capisce, la vedovanza le ha tolto la maggiore causa di debolezza che abbia una donna.

MASINA

      Che è?

FILIPPO

      Il marito.

ELENA (dopo aver chiamato Paolo è andata a scaldarsii piedi al caminetto a sinistra)

      Badate che sento.

FILIPPO

      Ci ho gusto. Ho detto che siete invulnerabile.

ELENA

      È vero, e mi annoio.

      SCENA II

Paolo e dettiPAOLO

      Mi avete chiamato, Marchesa?

ELENA

      Sì, mi pare mezz'ora fa.

PAOLO

      D'Almèna raccontava una storia così lepida!

ELENA

      È finita?

PAOLO

      Sì.

ELENA

      Allora rimanete qui.

PAOLO

      Oh! ancora una sigaretta! Una sola. Ci avete dato un pranzo tanto delizioso!

ELENA

      Grazie per il mio cuoco. Anzi guardate là, in quello stipetto, c'è una scatola di sigari che m'ha portato lo zio dall'Avana.

PAOLO

      Questa?

ELENA

      Sì, sono lunghi un palmo, durano tre quarti d'ora.

PAOLO

      Ah troppo! (depone la scatola).

ELENA

      D'Almèna avrà bene un'altra storia da raccontare.

PAOLO

      Vi domando perdono, lasciatemi qui.

ELENA

      Mi fate la grazia di prendere quella scatola e d'offrirne di là.

PAOLO

      Obbedisco. (via colla scatola a destra).

      SCENA III

Detti meno PaoloELENA

      Filippo, riconosco che siete il fiore della cavalleria. Quello è un uomo che mi fa la corte.

GEMMA

      Almeno si dice.

ELENA

      È vero; a segno che mi hanno già fidanzata con lui più volte.

GEMMA

      La voce è messa in giro da lui.

ELENA

      Non lo credo.

ELVIRA

      Il suo stesso contegno di or ora lo prova. Ha mostrato una scortesia affatto…

FILIPPO

      Maritale.

      SCENA IV

Detti, Paolo, Lorenzo, Enrico, D'Almèna, Del Sannio, Rulfi e RubacontiD'ALMÈNA (ad Elena)

      Siete proprio in collera?

ELENA

      Perchè in collera?

D'ALMÈNA

      Perchè siamo stati di là tanto tempo.

ELENA

      Oh!

PAOLO (mostrandole la scatola)

      Ma la scatola è intatta, non se n'è preso uno.

ELENA

      Questo è un tratto da cavaliere antico. Che discorso devo fare io per ringraziarvi d'aver risparmiati i miei sigari, e d'aver avuto pietà di noi? Se sapeste come languiva la conversazione! Un' altra volta ve ne preghiamo colle mani giunte, non private più la nostra società del suo più bell'ornamento.

D'ALMÈNA

      Il più bell'ornamento siete voi.

ELENA

      Ah! che madrigale! Pubblichiamolo subito. Signori e signore: D'Almèna mi ha detto una cosa gentile.

D'ALMÈNA

      È così facile, Marchesa!

ELENA

      E due. Fatemi la corte, D'Almèna, vi do perfino licenza di spargere la voce che sono disposta a sposarvi, come sembra abbia fatto il vostro amico Paolo.

PAOLO

      Io?

ELENA

      Non è vero?

PAOLO

      Affatto! e non so chi abbia potuto dire…

ELENA

      Queste signore… or ora.

ELVIRA

      Ah! è un tradimento!

PAOLO

      Come?

ELENA

      Vedete? Non occorre far nomi. Sbrigatevela con lei.

PAOLO (va a sedere vicino ad Elvira)

      Contessa, mi spiegherete! (discorrono).

ELENA (a D'Almèna)

      Dunque?

D'ALMÈNA

      Dunque?

ELENA

      Mi fate la corte?

D'ALMÈNA

      È bella e fatta.

ELENA

      Sareste disposto a commettere delle pazzie per me?

D'ALMÈNA

      Qualunque cosa facessi sarebbe un atto ragionevole. Una sola forse meriterebbe il nome di pazzia.

ELENA

      Ed è?

D'ALMÈNA

      L'innamorarmi seriamente di voi.

ELENA

      Non sarebbe una pazzia, sarebbe un'assurdità.

D'ALMÈNA

      Se m'accompagnate in capo al mondo ci vado.

ELENA

      La pazzia la commetterei io. Bel merito!

D'ALMÈNA

      Che colpa ci ho, se per guadagnarmi le vostre grazie non conosco nulla che mi costi fatica!

ELENA

      Che miseria! Ecco un uomo di spirito che non sa immaginare un solo atto di sacrifizio per conquistare l'amore d'una donna.

D'ALMÈNA

      Le donne non sanno più inspirare eroismi.

ELENA

      Oh! datemi un uomo meno infiacchito di tutti voi e vedrete.

FILIPPO

      È giusto! le sole pazzie meritorie sono quelle dei savi.

D'ALMÈNA

      E dato quell'uomo forte, vi proporreste di fargli andare la testa in giro?

ELENA

      Come una trottola; non fosse che per vendicarmi.

D'ALMÈNA

      Di


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