La piccola fonte: Dramma in quattro atti. Bracco Roberto
con quella tua prosopopea non fai mai nulla di buono. Si sa. Un servo che si chiama Romolo non può abbassarsi a spazzolare i panni d'un padrone che si chiama semplicemente Stefano. Come se poi il tuo padrone fosse uno Stefano qualunque!..
(brontola:) Abbaia, abbaia, cagnaccio della malora!
(redarguendolo) Romolo! (Piega attentamente la giacca.)
(toglie le rose dall'orciuolo, vi muta l'acqua e ve le rimette a una a una.) Hanno vita corta queste rose, signora Teresa. Ho un bel mutar l'acqua! Cominciano già ad afflosciarsi.
Le avete lì da due giorni.
E che sono due giorni?
(ponendo la giacca piegata, sopra una seggiola – a Romolo) Il gilet, ora.
(prende un panciotto che penzola da una spalliera e lo porge a Teresa.)
(continua a spazzolare.)
Voi, qualche volta, le avete per una settimana, sempre fresche.
Ma se la notte ve le chiudete in camera…
Mi piace di dormire tra i profumi, signora Teresa!
E questo nuoce a voi e nuoce alle vostre rose. (Piega il panciotto.)
In altri termini, esse fanno male a me ed io faccio male a loro.
Così è, caro Valentino. (Consegnando i panni spazzolati al servo) Tutto questo nello spogliatoio.
(si avvia verso la porta, che è chiusa.)
Per dove andate, Romolo?!.. Entrare e uscire sempre per l'altra porta. E nello studio del padrone non dovete metterci il piede se non quando vi si chiama. Non dimenticatelo.
Sono in questa casa da dieci giorni e nessuno me l'ha mai detto.
Te l'ho detto proprio io che mi pregio di essere il tuo immediato superiore.
(facendo spallucce, va verso il fondo e svolta dietro l'ala del villino.)
Come si fa, signora Teresa? Tutta l'umanità mi disprezza.
Io, per esempio, no.
Be', ma voi non fate parte dell'umanità.
(ridendo) Ah ah!.. Questa poi è nuova. (Da un cestino di lavoro, che è presso il sedile, tira fuori della stoffa di poco conto e l'occorrente per cucire.)
(sempre alla sua finestra, carica una pipetta, l'accende, e fuma. Poi, scorgendo qualcuno) Ehi brav'uomo! Chi cercate?
Se è qualche seccatore di Stefano, non lo lasciate passare. Non è ora, questa. Intanto, io me la svigno. (In fretta, prima che l'uomo giunga, vorrebbe rimettere la roba nel cestino.)
Lasciate lì, ci bado io.
(scappa per dietro il villino.)
SCENA II
(che non ha udito, discende il viale, appoggiandosi al suo bastone, con l'aria autorevole della persona molto panciuta.)
(chiama forte:) Brav'uomo!.. Signore!.. Signore col bastone!
(ha udito un poco e si volta a destra e a sinistra.)
Qui! qui! Alzate la testa.
(finalmente alza la testa.)
Oh! Don Fausto! Che venite a fare in questi paraggi? Aspettate: scendo subito. (Dopo un istante, ricomparisce dal fondo.)
Guarda, guarda! Siete proprio voi! M'era parso e non m'era parso. Di giù, non vi vedevo le spalle. Io vi conosco meglio di spalle che di faccia.
Io, invece, vi conosco da tutti i lati.
Come siete capitato qui?
Ma io non ci sono mica capitato: io ci sto sempre. Sono impiegato presso Stefano Baldi. Sono il suo segretario, il suo maggiordomo, il suo copista, il suo galoppino… È vero che, in sostanza, non faccio mai niente, ma poichè egli mi fa mangiare, mi fa dormire, mi fa fumare e mi fa prendere aria, io ci resto volentieri. Non è poi scritto che si debba a forza lavorare. (Comicamente) Soltanto voi vi eravate fitto in mente di non pagarmi se non a condizione ch'io lavorassi. E una persona come me avrebbe dovuto fare il contabile nella vostra meschina fabbrica di saponi?.. Vedete quella finestra dove sono quelle rose?.. È la finestra della mia stanza, e lì… me la godo! Quando siete giunto, vi ho guardato dall'alto in basso. Caro don Fausto, voi non potrete mai immaginare fino a che punto io me ne infischi di voi.
… Io non ho udito quasi nulla del vostro discorso. Fatemi il favore: passate alla mia sinistra. Con l'orecchio destro non ci sento più.
(passando alla sinistra di don Fausto) E io dovevo sapere che avete perduto un orecchio?
Mi meraviglio. Tutti sanno dell'avaria che ho sofferta.
Ma perchè? Siete stato dichiarato monumento nazionale?
Monumento nazionale un corno! Tutti furono edotti di quel che mi accadde, perchè io misi un comunicato nei giornali.
Un comunicato nei giornali?
Contro il dottore specialista che mi aveva rovinato l'orecchio.
In onor del vero, vendicativo siete stato sempre.
Ah sempre! Questo sì. Canagliate io non ne voglio. Dunque, ripetetemi tutto quello che mi avete detto.
Ma io non ricomincerò certo da capo. Il succo è che io sono impiegato presso Stefano Baldi.
(mettendogli una mano sulla spalla) Forse, potreste essere l'uomo che mi ci vuole. Avete influenza su questa bestia rara?
Bestia rara siete voi.
Insomma, avete influenza su questo sedicente poeta?
Se non ritirate il «sedicente», non possiamo andare avanti.
Ritiro il «sedicente».
Tutte le persone che campano a spese di qualcuno hanno un po' d'influenza sul medesimo. Io, poi, oltre a campare a spese di Stefano, gli sono anche parente. Sissignore! Discendiamo dallo stesso ceppo.
Da Adamo ed Eva?
(contraffacendolo) «Da Adamo ed Eva!» (Carezzandogli il mento) Quanto siete grazioso!
Giù le mani!
Gli sono cugino in terzo grado, e cavatevi il cappello!
Io me lo caverò se riescirete a farmi dare le mille e settecento lire che mi deve.
Stefano ha preso da voi mille e settecento lire